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Sanità in Emilia-Romagna, le sfide che attendono de Pascale: i fondi scarsi, le nomine e i medici


di
Marina Amaduzzi

Il presidente della Regione dovrà scegliere i nuovi direttori e mettere mano ai bilanci delle aziende

Lo ripete in ogni occasione il neo governatore Michele de Pascale, «la sanità occuperà l’80% del mio tempo», «non ci rassegniamo a passare da essere i migliori a essere i meno peggio». Assicura quindi il massimo impegno, suo e di chi lo affiancherà, per un settore che oltre a valere l’80% del bilancio regionale, incide sulla vita di tutti i cittadini, è estremamente complesso e soprattutto ha bisogno di essere riformato radicalmente. Con scelte, anche dolorose, che vanno prese ai piani alti di Viale Aldo Moro, e non solo a Roma. De Pascale dovrà farlo, con la collaborazione di tutti gli attori del sistema come ha già anticipato in campagna elettorale.

Le nomine dei direttori generali

Sono diverse e importanti le sfide che attendono il nuovo presidente. Alcune decisioni dovranno essere prese velocemente, altre richiederanno un tempo più lungo. In attesa di scoprire se de Pascale sceglierà o meno un assessore ad hoc (solo il Lazio del governatore Francesco Rocca ha rinunciato affidandosi a un direttore generale ma pare che i risultati non siano quelli attesi), di sicuro si dovrà occupare di altre nomine, quelli dei direttori generali. A cominciare da quello da mettere al vertice dell’assessorato alla sanità. Inoltre in quasi tutte le aziende sanitarie (a parte il Sant’Orsola e qualche altra) i dg sono stati prorogati fino al 31 gennaio prossimo e quindi entro tale data dovranno essere confermati o sostituiti. Altra tegola sarà quella dei bilanci delle aziende sanitarie, che saranno chiusi in qualche modo entro fine anno, ma in sede di consuntivo si dovranno esplicitare i disavanzi e le modalità con cui si intende ripianarli. Anche quest’anno i conti saranno in rosso, più o meno profondo a seconda dei casi. 




















































I finanziamenti statali

Dal 2020 in poi la Regione ha coperto con fondi propri i buchi lasciati dalle spese per la pandemia non coperte da Roma e dalle bollette energetiche salite in modo vertiginoso. Si arriva così alla prima grande sfida: come rendere sostenibile un sistema sanitario regionale universalistico come quello dell’Emilia-Romagna con finanziamenti statali ormai insufficienti? Oltre alla battaglia sacrosanta che l’Emilia-Romagna continuerà, con altre regioni, affinché la sanità pubblica sia maggiormente finanziata, si dovrà varare un piano non tanto (o non solo) per ridurre le spese comprimibili quanto per spendere i soldi giusti dove c’è realmente bisogno. Non è più tempo per pagare uno strumento sofisticato a chiunque lo richieda, il grande ospedale d’eccellenza come il piccolo. Non si potrà accontentare tutti come, va detto, troppo spesso è stato fatto.

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Pronto soccorsi ancora ingolfati

I risparmi si ottengono anche dalle riorganizzazioni. E qui c’è un’altra sfida per de Pascale. Facciamo un esempio che riguarda Bologna: realizzare l’integrazione tra Ausl e Sant’Orsola con l’ingresso dell’Università nell’azienda sanitaria, come richiesto a gran voce dal sindaco Matteo Lepore e dal rettore Giovanni Molari. Integrare le due aziende in modo da evitare doppioni, rendere efficienti gli investimenti, uniformare i bilanci che attualmente devono fare i conti con un’azienda committente (l’Ausl) e un’azienda (il Sant’Orsola) che vende le prestazioni al pari del privato accreditato. L’ingresso dell’Università consentirebbe di far formare i medici sul territorio portando quell’innovazione e quelle sinergie finora assenti, senza difese di campanili e baronati vari. In Romagna già succede, a Reggio Emilia le due aziende sono state unite, a Modena e a Ferrara ci sono progetti per farlo. E poi sul tavolo ci sono i Pronto soccorsi ancora ingolfati da dove fuggono gli stessi medici, i Cau da rivedere, le liste d’attesa dove la pezza non regge più e chi cerca una visita o un esame ormai va nel privato e fa prima, gli ospedali di comunità ancora sulla carta, i medici del territorio da coinvolgere. Insomma, le sfide per de Pascale sono tante e solo lui, con il consenso ricevuto e la libertà di prendere decisioni anche impopolari, può mettere mano a un sistema sanitario regionale che vuole restare il fiore all’occhiello dell’Italia.

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