Bergamo, il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia e il procuratore di Palermo all’Accademia della Guardia di finanza: «C’è un dilagare del metodo mafioso»
Quando si parla di mafia bisogna stare attenti ai luoghi comuni: lo ripetono spesso i due ospiti alla conferenza organizzata dall’Accademia della Guardia di Finanza, Maurizio De Lucia, procuratore di Palermo e Michele Prestipino, procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. Basti pensare per esempio a quello che Prestipino chiama «il paradosso straordinario». Perché «siamo nel momento più basso del potere mafioso, la camorra è polverizzata, la Sacra Corona Unita non esiste più. Le mafie hanno perso molta presa sul territorio ma la percezione della presenza mafiosa è altissima e c’è un dilagare del metodo mafioso». Quindi la diffusione della corruzione di imprenditori e politici ma anche il fatto che «i criminali che una volta si nascondevano oggi gestiscono quartieri e sono circondati dal consenso sociale. E questo è estremamente preoccupante». Senza contare, nota De Lucia, «che la mafia albanese si sta diffondendo rapidamente anche in Europa». Così come la ‘ndrangheta che ha, spiega Prestipino, «un modello di espansione sofisticatissimo, ormai da 15 anni è radicata in Lombardia e ora si sta diffondendo anche in Argentina. Fa investire i suoi soldi da soggetti insospettabili e non riconoscibili. A questo proposito bisogna stare attenti a quei reati-spia, spesso da parte della pubblica amministrazione, che vengono giudicati in modo slegato da quelli mafiosi ma che invece hanno spesso significati preoccupanti».
Il titolo dell’incontro è «Cosa Nostra: dalla mafia rurale a quella imprenditoriale», e a quello i due magistrati si riferiscono quando descrivono il sistema di regole che l’ha tenuta viva anche nei momenti difficili. E in cui uno come Bernardo Provenzano, che ha partecipato alla stagione delle stragi, poi ha spiegato Prestipino «ha creato la strategia della sommersione verso il mondo degli affari: non aveva la quinta elementare ma grandissima lungimiranza nel mondo degli affari». Anche da qui il carisma dei mafiosi, tanto che «ci sono i politici che li cercano pensando che possono ancora dare dei servizi, e così gli danno forza». Cosa Nostra è in condizioni di debolezza dopo quello che De Lucia chiama «l’errore strategico dello scontro con lo Stato ma può andare avanti perché ha mantenuto il suo sistema di regole e sul territorio fa quel welfare che lo Stato non fa: la ricerca del consenso ne fa un soggetto politico». Ma ora la mafia «vuole tornare a essere ricca: deve riformare l’esercito e questo costa». Lo fa cercando alleanze e, certo, con il traffico di cocaina che è quello «con il massimo valore aggiunto». Ma che, aggiunge Prestipino, «sta per essere soppiantata dai big data, cioè la commercializzazione dei dati che vengono sottratti da tutti i sistemi informatici. All’inizio del Covid tutti gli ospedali romani furono hackerati, con il furto di dati che valevano più dell’oro».
Proprio la tecnologia sarà il prossimo terreno di scontro, spiega De Lucia: «I mafiosi comunicano o con i pizzini o con cripto telefonini o comunicazioni criptate. Sulle quali abbiamo un grande ritardo. Bisogna investire sulla tecnologia». Lo conferma Prestipino: «I mafiosi usano strumenti tecnologici presi da soggetti autonomi che lavorano come agenzie che vendono i servizi. Ma siamo davvero molto in ritardo, l’Autorità sul cybercrimine è stata appena fatta e fatica molto, la legislazione la si sta facendo adesso. Le piattaforme criptate, se fosse ancora per noi, sarebbero un mistero ma per fortuna ci sono partner europei che le hanno bucate e ce le hanno date. L’Italia deve attrezzarsi».
I due magistrati hanno elogiato la qualità della legislazione antimafia italiana: «Il 42 bis, togliendo la possibilità di comunicare, ha tolto potere ai mafiosi. Ma le modifiche che chiedono certa legislazione, come quella delle intercettazioni, possono danneggiare quella antimafia».
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