Il governatore al presidio degli operai di Vittoria d’Alba: «Siamo convinti che non ci siano i presupposti per fermare la produzione»
Caro Piemonte addio, costi troppo, sei posizionato male, hai impianti obsoleti e non sei più strategico. Tra le righe dei comunicati con cui multinazionali del calibro di Diageo (27 miliardi di ricavi) e Barry Callebaut (10 miliardi), ma anche Te Connectivity, annunciano il disimpegno industriale dal territorio e la chiusura di siti produttivi prevista tra 2025 e 2026, non c’è la denuncia di una crisi sistemica o congiunturale, come nel caso dell’auto, ma di un cambio di rotta e di opportunità. In pratica una fuga in piena regola di alcune multinazionali del Piemonte in altre aree del Paese e europee dove viene ritenuto più conveniente fare industria. Ecco perché mercoledì mattina il governatore del Piemonte Alberto Cirio si è precipitato al presidio dei 349 lavoratori di Santa Vittoria d’Alba, neanche 24 ore dopo aver appreso la notizia con cui Diageo annuncia di chiudere nel 2026 l’ex impianto che era della Cinzano e che ora produceva rum e vodka.
Cirio e il vertice con Diageo
Il tema, seppure urgente, non è tanto ricollocare gli operai che rischiano il licenziamento: si tratta di maestranze altamente specializzate in un tessuto produttivo che ha bisogno di lavoratori; la provincia di Cuneo ha un tasso di disoccupazione bassissimo (pari al 3,4%) e tante aziende nel settore del packaging per bevande. Ma come ha sottolineato il presidente del Piemonte bisogna preservare uno stabilimento che è «un fiore all’occhiello della produzione piemontese». E che invece sarà dismesso perché Diageo, come specificato dall’azienda, intende «focalizzare gli investimenti sui siti ritenuti strategici (nel Nord Europa, ndr), privilegiandoli rispetto a quelli, come il sito di Santa Vittoria, sono caratterizzati da impianti più obsoleti». Ipotesi a cui Cirio si rifiuta di credere e infatti ha convocato domani un vertice con Diageo.
Barry Callebaut
«Dobbiamo capire le motivazioni addotte dall’azienda, perché siamo convinti che non ci siano i presupposti per fermare la produzione e siamo pronti a realizzare le condizioni perché qui si continui a lavorare come si è sempre fatto», ha detto il governatore sottolineando che farà tutto il possibile per «garantire l’occupazione». Se «l’isola felice» del Piemonte, che è Cuneo, non ride, nell’altro quadrante della regione, nel Verbano, si piange a dirotto perché l’addio della fabbrica di cioccolato Barry Callebaut da Intra desertifica un territorio povero di industrie. Le motivazioni della chiusura della fabbrica che impiega 200 persone sono simili a quelle di Diageo con l’unica differenza che gli svizzeri restano in Italia, in Abruzzo e in Umbria, a San Sisto e D’Orsogna, dove l’azienda intende investire, come del resto in Belgio, Inghilterra, Spagna, Serbia, Germania, Francia. In Piemonte invece «a seguito di un’attenta analisi della nostra struttura produttiva, vi comunichiamo l’intenzione di chiudere la nostra azienda di Intra».
Tutelare l’occupazione
L’altro ieri la vicepresidente del Piemonte e assessore al Lavoro Elena Chiorino ha riunito il tavolo regionale per la vertenza Barry Callebaut e valutare le ipotesi di reindustrializzare il sito produttivo. «Il Piemonte è in prima linea per tutelare l’occupazione, salvaguardare la produzione e proteggere i posti di lavoro — ha detto Chiorino — L’obiettivo è preservare un know-how unico, quello dei lavoratori, che testimonia la qualità e il valore delle competenze produttive presenti nella nostra regione».
Lear, un altro anno di cassa integrazione
Gli smottamenti dell’industria dell’auto e il peso di Stellantis che si sta riducendo, pur rimanendo centrale per la filiera, hanno portato il Piemonte a lanciare strategie di attrazione degli investimenti esteri, supportate dal Ceip Piemonte, che hanno avuto il risultato di investimenti importanti come quello di Silicon Box, nel Novarese. In tutto sono più di 4 mila le unità di impresa multinazionali del Piemonte con 150 mila addetti. L’obiettivo quindi è attrarne e non perderne. Anche perché la filiera dell’auto si sta disgregando. Per 400 lavoratori della Lear, multinazionale Usa che produce sedili auto, ci sarà un altro anno di cassa integrazione previsto dai fondi di Torino «area di crisi complessa», ha rivelato l’assessore Chiorino. Una boccata d’ossigeno che però non scongiura la chiusura del sito produttivo di Grugliasco. Come del resto quella di Te Connectivy e da ultimo quello di Trasnova, la logistica dei piazzali di Stellantis, che si trova a due passi dalla chiusura, a causa della fine della commessa con l’ex Fiat.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link