Un territorio devastato dalla dottrina militarista che impera in questo Paese. È con questa denuncia che sabato 30 novembre a Malnisio, in provincia di Pordenone, ha avuto luogo una mobilitazione contro le guerre e gli insediamenti militari.
Presenti il comitato PoligoNo e numerosi altri gruppi pacifisti e antimilitaristi, tra cui Iniziativa Libertaria Pordenone, il Tavolo per la pace di Pordenone, Legambiente Prealpi Carniche, la Lista Civica ‘Il Bene Comune’ e Casa Giovani del Sole.
Il corteo – partito da un complesso abitativo legato al piano di espansione della Base USAF di Aviano, denominato popolarmente “ex Aviano 2000” – è culminato al cancello d’ingresso del Poligono militare Cao Malnisio, posto a confine dei territori di Montereale Valcellina ed Aviano, fra le frazioni di Malnisio e Selva di Giais.
Utilizzato 192 giorni all’anno, con priorità dall’Esercito Italiano ma anche dagli eserciti alleati e in particolare da quello americano, il sito è stato oggetto di un esposto del Circolo Prealpi Carniche di Legambiente, a causa del grave inquinamento ambientale che ha arrecato al territorio. Nell’area del poligono è accertata la presenza di piombo, rame e altri metalli pesanti in quantità molto al di sopra dei limiti consentiti.
La marcia è stata accompagnata da canzoni antibelliciste e da estratti audio degli echi delle raffiche di mitra che la popolazione locale è costretta a subire con cadenza continua.
“Anni fa abbiamo inviato una lettera di richiesta ai vari enti e istituzioni, alla regione, all’ARPA e anche al questore della provincia di Pordenone, all’azienda sanitaria per sapere se le opere di bonifica che sono previste dal disciplinare d’uso del poligono stesso erano state eseguite e se erano state fatte le analisi sul grado di inquinamento del nostro territorio. Ovviamente non c’è stata alcuna risposta”, ha denunciato l’esponente di Legambiente Roberto Giacomello.
Arrivati al cancello del sito militare, è stato simbolicamente posato un lucchetto, come primo atto di un agire collettivo che possa portare alla chiusura totale di un complesso che riporta l’orrore e i rumori della guerra nel nostro territorio.
All’evento ha contribuito anche un intervento di un gruppo femminista locale che ha denunciato la militarizzazione analizzando l’aspetto antropologico di un’umanità persa nella logica patriarcale del possesso e della conquista. “La cultura dominante è una cultura gerarchica di guerra e di violenza in cui la militarizzazione è presente in ogni ambito. Siamo in un mondo in guerra, anche se alla guerra si danno nomi che la negano, come “missioni di pace” o “interventi umanitari”. Sicuramente le cause scatenanti dei conflitti sono sempre le stesse ciniche ed eterne ragioni di interesse economico e politico, ma le radici storiche delle guerre risiedono nell’ordine simbolico patriarcale, nell’affermazione della mascolinità aggressiva che legittima socialmente la violenza contro le donne e i soggetti altri, codificando il potere di un solo genere, trasformando l’altrə in nemico e portando a percepire come necessario e giusto l’ordine materiale e mentale della guerra”, ha affermato una portavoce del gruppo EcotransfemmBabajaga.
“Siamo avvelenati da una propaganda che ci fa accettare cose mostruose senza che l’opinione pubblica muova un dito… Ci fa accettare questo scempio del territorio, ci fa accettare che ad Aviano ci siano 70 bombe nucleari che violano il trattato di non proliferazione e ci fa accettare per esempio che un apicoltore, solo per aver esposto uno striscione con scritto “Stop bombing Gaza, Stop Genocidio” venga multato di 430 euro”, ha dichiarato il redattore di AMDuemila Francesco Ciotti, presente come membro di Casa Giovani del Sole, sottolineando come il nostro Paese tenda sempre più a criminalizzare la pace, in quanto compartecipe dei conflitti più gravi a cui stiamo assistendo in questi anni.
Parlando della nostra complicità nel genocidio di Gaza, ha sottolineato che “la maggior parte dei sistemi d’arma usati a Gaza sono israeliani, tranne i cannoni da 76 mm prodotti dall’italiana OTO Melara, appartenente al gruppo Leonardo”.
Nel conflitto ucraino, abbiamo altresì appoggiato la retorica dell’invio di armi come unica soluzione di pace, mentre la guerra poteva essere chiusa con i negoziati già a marzo aprile del 2022.
“Un’ecatombe che poteva essere evitata se si fosse trovato un accordo tra le parti, già possibile a marzo 2022… Ritiro delle truppe russe in cambio di neutralità”, prevedevano gli accordi di Istanbul, poi stracciati da Biden e Boris Johnson, come ricordatoci dal capo del partito di Zelensky, David Arakhamia… Era proprio l’espansione della Nato che ha portato Putin a muovere le sue truppe. Lo ammise persino l’ex segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, parlando al parlamento europeo nel settembre 2023”, ha concluso.
Foto © Francesco Ciotti
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