I suoi pranzi eleganti in cui si discute del futuro di Torino, di arte, industria e giustizia sono ormai un must della scena culturale torinese. Nel segno del motto “dumsedafè” Piero Gola ha dato vita a un movimento di opinione che vuole riportare il dibattito e l’impegno concreto tra le persone. Una formula che è piaciuta e che continua a crescere con ospiti sempre di maggiore rilievo.
Piero, ci racconti, come le è venuta l’idea di creare “dumsedafè”?
«Lo sanno ormai anche i muri che la scintilla da cui scaturì “dumsedafè” provenne dalla mente illuminata del professor Lelio Lantella. Una persona di assoluta moralità che, a dispetto della sua carta d’identità, è permanentemente sulla breccia».
E come si è passati da quella scintilla a tutto quello che venne dopo?
«Per trasformarsi nella realtà permanente di dumsedafe, la scintilla ha “innescato” la mia disponibilità a fare ma, ne sono convinto, se non ci fosse stata quella scintilla, il carburante non si sarebbe tradotto in energia».
Ci dica di più. Quale fu la proposta del professor Lantella?
«Voleva cercare di mettere a terra i talenti diffusi di coloro – e sono numerosi – che concorrono a quella che soliamo chiamare collettività. Ora che sono trascorsi oltre dodici anni dai primi incerti passi, è lecito affermare che, per dumsedafe, potrebbe essersi rivelata vincente la formula del “No Statuto. No cariche. No quote associative”. Vincente, peraltro, nella misura in cui l’originaria scintilla è stata tenuta viva, oltre che dal mentore, da quei sette/otto amici che hanno scelto di affrontare una “sfida” che avrebbe potuto avere l’apparenza di una “scommessa”. Mi riferisco a Paolo Aloisio, Livio Berruti, Marco Ferrero, Roberto Rey, Michelangelo De Biasio, Roberto Serra e anche alla sua collega Carola Vai, ma, per una ragione o per l’altra, gli stessi, a differenza di Lelio Lantella e Giorgio Tesser, si sono progressivamente “spenti” col trascorrere del tempo».
Col senno di poi, la ritiene una scommessa vinta?
«Possiamo definirla vinta. Una scommessa costruita su impegno, tenacia, determinazione e “olio di gomito”. L’obiettivo principale di dumsedafe è quello di affrontare temi di significativa pregnanza per la collettività e con la partecipazione di un pubblico folto, interessato e attento. La diffidenza che caratterizza siffatti esordi non ha certo facilitato il percorso di “dumsedafè”».
Cosa intende dire quando parla di diffidenza?
«Nel caso di specie, la diffidenza si è alleata con modi di essere assai diffusi soprattutto nel contesto torinese, anche per effetto della monocultura che l’ha permeata fino al decesso dell’Avvocato. Di certo vi è che detta diffidenza è stata progressivamente erosa dalle “aperture di credito” su cui, contagiando figure garanti, dumsedafe ha potuto contare».
A chi si riferisce?
«Come tacere del ruolo che, in origine, ebbe a rivestire Livio Berruti, l’olimpionico dei 200 metri piani a Roma ‘60? Come tacere del ruolo assolto, successivamente, dal generale Giorgio Tesser? Lo “sdoganamento” come sopra intervenuto è una naturale ricaduta dei contributi dei sunnominati. È in questo modo che “dumsedafè” ha iniziato a “dialogare” (termine forse presuntuoso) con Elsa Forneri, con Carlo Cottarelli, con Giovanni Quaglia, con Francesco Profumo, con Guido Saracco, con Nando Pagnoncelli, con Ernesto Olivero e tanti altri ancora».
In questi mesi avete organizzato diversi eventi e collaborato con molte realtà del territorio. È un modus operandi che porterete avanti?
«Assolutamente sì. Penso all’ottima riuscita del convegno su “Il fine vita”, pensato, pianificato e condotto magistralmente, dalla professoressa Maria Pia Schieroni. Oppure la tavola rotonda “Torino al futuro, società, cultura e impresa” del 16 ottobre che recava anche la “firma” del Lions Club Torino. Ne cito ancora uno fra tanti: il convegno “Mafie e criminalità organizzata – nuove proposte e tecnologie di contrasto del 21 settembre u.s., al quale “dumsedafè” ha contribuito senza che il suo logo fosse tra gli organizzatori (ma solo tra i patrocinanti)».
Quali sono gli ospiti di cui va più fiero?
«È difficile dare una risposta breve. C’è stato un costante confronto con esponenti apicali di quello che viene denominato il terzo potere statuale (quello giudiziario). A partire da Giancarlo Caselli, per proseguire con Armando Spataro, Francesco Saluzzo ed Emma Avezzù. Più in generale, a cadenza quindicinale, nelle ore centrali del lunedì, gli incontri di dumsedafe sono stati nobilitati dalla partecipazione di vertici come Sergio Chiamparino, il presidente Alberto Cirio e il sindaco Stefano Lo Russo degli enti locali del territorio, di ministri di governi di diversa “estrazione”, tra cui Giovanni Tria e Gilberto Pichetto Fratin), di giornalisti di fama (da Paolo Griseri a Gigi Moncalvo; da Domenico Quirico ad Alessandro Sallusti. E ancora prefetti come Romilda Tafuri, Paolo Padoin, recentissimamente, e, auspicabilmente nel breve, Donato G. Cafagna. Vertici delle Forze dell’Ordine (il generale Carlo Cabigiosu, lo stesso generale Giorgio Tesser), di artisti di fama internazionale (Ugo Nespolo e Giorgio Brachetti), di scienziati (Guido Forni, in primis), di illustri docenti universitari, imprenditori di successo, manager sia di industrie, sia di istituzioni, anche europee…»
Basta, basta. Un ospite che invece l’ha messa, diciamo, in imbarazzo? Se c’è stato…
«Colei che mi ha creato problemi e, al tempo stesso, una neppure malcelata irritazione è Chiara Appendino, quando ricopriva la carica di sindaco di Torino».
Ci racconti.
«Avevamo imbandito alla grande il Salone delle Feste dell’Hotel Principi di Piemonte, oltre a raccogliere un numero davvero significativo di partecipanti. Un’ora prima dell’incontro, l’Appendino si è fatta comunicare il menù. Per poi farsi rappresentare da due suoi assessori Alberto Sacco e Paola Pisano senza giustificare, come usano fare le brave madamin, la sua improvvisa assenza».
Capisco. Ci può svelare invece il nome di alcuni ospiti che ha in programma di invitare in futuro?
«Confidiamo di confrontarci quanto prima con Stefano Buono, Federico Faggin e, ultimo, ma solo in ordine alfabetico, Carlin Petrini. La volontà di proseguire nel percorso intrapreso oltre dodici anni fa permane, forte e determinato: non è un mistero che la lista dei papabili interlocutori copre già ora il calendario di un intero anno».
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