Produzione in calo del 13,7% sullo stesso periodo 2023 e del 19% sul secondo trimestre, fatturati giù del 12% e del 17,7%. Ferie e cig: fonderie verso lo stop lungo a Natale. La Cina preoccupa i produttori di macchine
«Questa crisi è peggiore del 2009». Fabio Zanardi, alla guida delle omonime fonderie di Minerbe, nel Veronese, presidente di Assofond, l’associazione di categoria di Confindustria (110 quelle in Veneto, il 12% del totale italiano), ragiona del difficile inverno dell’industria, di cui le fonderie sono il retroterra. Lo fa con l’indagine congiunturale sul terzo trimestre, che segnala un calo del 13,7% della produzione sullo stesso periodo 2023 e del 19% sul secondo trimestre, mentre i fatturati calano del 12% e del 17,7%. Il dato medio copre importanti differenze tra i vari segmenti, con un paradosso: «Le aziende che lavorano soprattutto per l’automotive – dice Zanardi – hanno beneficiato di una domanda tutto sommato accettabile; quelle che realizzano prodotti per meccanica, macchine agricole e movimento terra ed edilizia hanno visto cali sia di produzione che di fatturato del 30%: non si vedeva dalla crisi 2008-’09». Intanto, però, anche l’auto è entrata in una crisi profonda. E quel -30% diventa il dato complessivo, «confermando l’allarme per l’intera filiera».
Meno lavoro e più costi
Dunque in fonderia la crisi appare peggiore del 2008? «Sì: allora sapevamo che, passata, la bufera ci saremmo assestati, oggi veniamo da alcuni di crescita con margini risicati. Allora era calata la domanda, ma anche i costi; ora siamo al paradosso di un calo di lavoro, con i costi, dall’energia alle materie prime, che restano alti – spiega Zanardi -. E non sappiamo se quello che abbiamo di fronte sia la nuova realtà a cui adeguarci, dovendo ridimensionare il settore, o se ci saranno fattori, penso alla fine della guerra in Ucraina a nuovi problemi nelle catene di fornitura, che potranno far ripartire la domanda. Il rischio è di perdere produzioni e competenze che, una volta andate, non si ricreano».
Stop in attesa della mosse di Trump
Nel frattempo, il quadro, in Veneto, è di un settore che si prepara a un lungo stop a Natale, tra ferie e cassa integrazione. «Il settore è su livelli produttivi al 55-60% della capacità – dice Zanardi -. Noi chiuderemo l’11 dicembre con la prospettiva di riaprire un mese dopo, tra ferie e cassa integrazione, dopo due fermi produttivi di due settimane a giugno e ottobre». Situazione generalizzata in Veneto. Valutazioni che si confrontano con quelle che vengono delle macchine per conceria, calzature e pelletteria, riunite in Assomac, dove ieri l’imprenditore vicentino Mauro Bergozza è stato eletto nuovo presidente, con il padovano Cristiano Paccagnella (direttore generale di Omac srl) confermato vice. Bergozza, 62 anni, guida ad Arzignano Bergi spa, azienda che l’anno prossimo compirà sessant’anni, specialista delle macchine per conceria, 13 milioni di euro di ricavi, per il 60% all’estero. «Concia e calzature se la passano meno peggio di altri settori, ma il momento è delicato: tutti i clienti con cui dialoghiamo sono fermi in attesa di capire cosa farà il nuovo presidente americano Donald Trump – dice Bergozza -. Ciò significa che, per vedere le cose in moto, si dovrà aspettare la primavera. Ad Arzignano la frenata c’è e si vede nel riportare in casa le lavorazioni prima affidate all’esterno: ma le aziende reggono; altrettanto nella calzatura, dove nello specifico veneto, un aiuto viene dalla scarpa sportiva».
Timori per il mercato cinese
Il punto resta di poter spingere su mercati esteri dove ci sono spazi favorevoli, vedi Vietnam-Cambogia e Brasile: «I primi due beneficiano di chi sposta produzioni dalla Cina per garantirsi dai rischi dei dazi americani, e il Brasile è un mercato che conosciamo da quarant’anni – dice Bergozza -. Le preoccupazioni maggiori restano sulla Cina, mercato per ora in attesa per i dazi, ma dove, per lo meno, ci sono segnali positivi nell’uso della sellerie in pelle nell’auto elettrica». Sul tavolo resta poi il nodo Industria 5.0: «La norma è stata studiata in fretta – dice il presidente – e in un momento di stasi, con percentuali di aiuto non elevate, si devono valutare bene i ritorni sugli investimenti. Se il mercato desse prospettive, le cifre degli investimenti di sicuro sarebbero diverse».
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