L’azienda riacquistata dai dipendenti chiede il concordato: «Non molliamo e lavoriamo al rilancio»
«Stiamo soffrendo, ma stiamo anche reagendo all’altezza della situazione. Siamo convinti, con tanto sacrificio, di poter andare avanti». La crisi della termomeccanica raggiunge anche il caso di maggior successo in Veneto tra quelli delle aziende in crisi salvate e rilanciate con l’acquisto dei dipendenti: Fonderia Dante di San Bonifacio, nel Veronese. Erasmo D’Onofrio, amministratore delegato della cooperativa degli ex dipendenti che aveva riattivato sette anni fa la fonderia alla base del colosso del calore Ferroli, finito allora in una pesantissima crisi, con un Workers Buyout che aveva fatto scuola, rischiando innanzitutto il milione di euro di Tfr e Naspi di 62 dipendenti (i soci della cooperativa sono ora 57, i lavoratori 82, dopo aver toccato i 115 nel 2022), riassume così il passaggio delicato che vive a fine anno la società.
La riorganizzazione
Fonderia Dante sta costruendo il piano concordatario che dovrà presentare al Tribunale di Verona entro il 19 dicembre. Piano conseguente alla procedura aperta dalla richiesta di concordato preventivo presentato il 20 agosto, davanti alla seconda sezione civile, presieduta dal giudice Pier Paolo Lanni. E ad esso si lega per la coop, che sta lavorando in cassa integrazione ordinaria a rotazione, la discussione in corso con i sindacati per un periodo di cassa integrazione straordinaria, che dia il tempo alla società di riorganizzarsi e diversificare le produzioni rispetto a caldaie e dischi freni per auto, su cui è corso fin qui il rilancio. D’Onofrio non si nasconde la delicatezza del passaggio, che potrebbe comportare esuberi, vista anche la storia della società: «Stiamo verificando tutte le strade possibili. Siamo una cooperativa, il lavoro è il primo nostro obiettivo: siamo molto attenti. Vogliamo salvaguardare i più giovani, e accompagnare verso il pensionamento chi può percorrere quella via».
La fine del Superbonus
La scelta è imposta dalla crisi che da un anno e mezzo sta attraversando la termomeccanica, che ha bussato anche alla porta di Fonderia Dante. «È una crisi generalizzata, di fronte alla fine del Superbonus – spiega il presidente -. Abbiamo avuto un calo di fatturato del 40% quest’anno sul 2023, che pesa su un’azienda giovane, di fronte ai notevoli investimenti, per quasi 7 milioni di euro, compiuti negli ultimi anni». Così, rispetto ai 30 milioni di fatturato del 2022, chiuso in utile per 1,3 milioni, lo scorso anno il dato si era posizionato suu 23,5 milioni, di cui 15 arrivati dalle caldaie e 7 dai dischi freni. Quest’anno lo scenario potrebbe collocare i ricavi a fine dicembre a 15 milioni, di cui 10 dalle caldaie. Riduzioni pesanti, con fatturati dimezzati rispetto al 2022.
Le guerre
Nel caso di Dante, poi, il quadro dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente pesa molto concretamente. Russia e Ucraina costituivano mercati di sbocco interessanti per le caldaie a basamento, che la fonderia fornisce non solo ai grandi marchi del settore, ma che vende anche da quattro anni con il marchio proprio Cfd. Al pari di Paesi come Libano e Siria, Giordania ed Israele, ma anche di altri in Nord Africa, dove le caldaie raggiungono le località sulla catena montuosa dell’Atlantide. Realtà che valevano intorno ai 5 milioni di ricavi: «Mercati importanti per noi – aggiunge D’Onofrio -. La guerra improvvisa in Medio Oriente li ha ridotti a zero. E siamo stati bravi a supplire alla mancanza di commesse con il nostro marchio. Stiamo chiudendo benino l’anno: negli ultimi mesi il trend molto negativo ha lasciato il posto al ritorno di un po’ di ordini, soprattutto dal Nord Africa, che ammortizzano un po’ il calo».
I cinque anni
Lo schema di concordato si lega ad un piano di rilancio e diversificazione dell’attività su cinque anni: «Ci stiamo lavorando intensamente – dice il presidente –. L’obiettivo è continuare le lavorazioni tradizionali, aggiungendo anche prodotti non di fonderia, ad esempio sulle pompe di calore». Il passaggio certo non è facile, ma la fiducia non manca. «Sì, siamo convinti di farcela. Il colpo sul fatturato è stato forte, ma almeno negli ultimi mesi si sono affacciati ordini interessanti e mi auguro che nel 2025 l’effetto Trump inizi a produrre qualche segnale, almeno di consolidamento del mercato e non di ulteriore peggioramento – conclude D’Onofrio -. La volontà da parte di noi soci, che abbiamo investito del nostro per arrivare fin qui, è di non mollare».
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