1. Dopo la riforma Orlando del 2017, la riforma Cartabia, intervenendo nel 2022 sull’art. 603 comma 3-bis, c.p.p., per chiarire ulteriormente i presupposti della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, non ha solo affrancato gli interpreti dalle acrobazie giurisprudenziali, che prima della riforma del 2017 avevano fondato l’esigenza della rinnovazione sul canone “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ha anche posto le premesse per un definitivo superamento delle successive inerzie della giurisprudenza che, pur dopo la riforma del 2017, aveva continuato a evocare il canone “oltre ogni ragionevole dubbio”, senza considerarne la natura di regola di giudizio del tutto estranea al principio di oralità e immediatezza, cui si ispira la giurisprudenza di Strasburgo quando esige identità tra il giudice che acquisisce e il giudice che valuta la prova[1].
In particolare, nonostante la riforma del 2017, si era ritenuto che sussistesse l’obbligo di rinnovazione anche nel caso di impugnazione del pubblico ministero «contro una pronuncia di assoluzione emessa nell’ambito del giudizio abbreviato, ove questa sia basata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive dal primo giudice e il cui valore sia posto in discussione dall’organo dell’accusa impugnante», «essendo irrilevante che gli apporti dichiarativi siano stati valutati in primo grado sulla base dei soli atti di indagine ovvero a seguito di integrazione probatoria a norma dell’art. 438 comma 5, o dell’art. 441 comma 5», in quanto il principio del ragionevole dubbio ha «carattere “generalissimo”[2]. Ma questa conclusione era frutto di un evidente paralogismo, perché dal solo fatto che la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è possibile anche nel giudizio di appello contro una sentenza pronunciata in giudizio abbreviato[3], si desumeva che la rinnovazione fosse obbligatoria anche quando lo stesso giudice di primo grado avesse deciso sulla base di un contraddittorio solo cartolare[4].
2. Questa impostazione è ora certamente superata dalla nuova formulazione dell’art. 603 comma 3-bis conseguente alla riforma Cartabia, che per il giudizio abbreviato espressamente limita la rinnovazione alle sole prove dichiarative acquisite in occasione di un’eventuale integrazione probatoria[5]. Ma dalla nuova formulazione dell’art. 603 comma 3-bis dovrebbe risultare superata anche quella giurisprudenza che esigeva la rinnovazione della prova dichiarativa anche quando si trattasse della valutazione di una prova acquisita con incidente probatorio e non rinnovata in dibattimento[6]. Infatti, l’esigenza della rinnovazione è ora limitata alle sole prove «assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato»[7].
Si è nondimeno affermato ora in giurisprudenza che, anche dopo la riforma del 2022, il giudice è tenuto alla rinnovazione dell’istruttoria nel caso di diversa valutazione di una prova dichiarativa decisiva acquisita in incidente probatorio e non rinnovata nel dibattimento di primo grado[8].
E a sostegno di questa conclusione sono stati esibiti due argomenti. Il legislatore ha inteso escludere l’esigenza di una rinnovazione della prova dichiarativa solo nel caso di abbreviato privo di integrazione probatoria. Sarebbe irragionevole escludere l’esigenza della rinnovazione per una prova dichiarativa che è stata assunta, sì, in incidente probatorio, ma con le stesse «regole stabilite per il dibattimento». Sennonché, come s’è detto, ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 603 comma 3-bis è il principio di immediatezza, non il principio del contraddittorio, che può essere anche solo cartolare. Rileva dunque solo se il giudice di primo grado abbia potuto assistere direttamente all’esame del dichiarante, perché si vuole così evitare che il giudice d’appello interpreti diversamente quella stessa dichiarazione senza prima rinnovarla; ed è per questa medesima ragione che per il giudizio abbreviato si è riconosciuta l’esigenza della rinnovazione in appello della sola prova dichiarativa escussa dal giudice di primo grado.
In realtà l’incidente probatorio è destinato a garantire il contraddittorio nella formazione della prova anche in deroga al principio di immediatezza enunciato nell’art. 525 comma 1, che, come s’è detto, esige identità tra il giudice che acquisisce e il giudice che valuta la prova. L’art. 515 comma 2 prevede pertanto che la lettura delle dichiarazioni acquisite in incidente probatorio può essere disposta d’ufficio dl giudice anche quando non sia stato richiesto l’esame della persona che quelle dichiarazioni ha rese. Sicché la disposizione dell’art. 511 comma 2 ammette che la lettura svolga una funzione sostitutiva di una pur possibile escussione[9], in primo grado come in appello.
Ovviamente della prova testimoniale acquisita in incidente probatorio può essere richiesta la rinnovazione in appello anche quando non sia stata richiesta in primo grado. Ma in questo caso «la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado» è disposta a norma dell’art. 603 comma 1, solo quando il giudice «ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti». Sicché in questo caso la mancata riassunzione della prova può essere censurata in cassazione solo per vizio della motivazione, a norma dell’art. 606, lettera e)[10].
3. La violazione dell’art. 603 comma 3-bis è invece deducibile per cassazione a norma dell’art. 606, lettera c), come error in procedendo, perché «determina una nullità di ordine generale a regime intermedio della sentenza»[11].
Si tratta dunque di due garanzie decisamente diverse per presupposti e rimedi.
Sarebbe allora auspicabile che la giurisprudenza si affrancasse finalmente dalle scorie dell’originaria impostazione resa necessaria all’epoca dall’esigenza di dare attuazione alle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo rimediando a una lacuna normativa, superata poi con l’introduzione del comma 3-bis nell’art. 603 c.p.p.
[1] A. NAPPI, La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello tra acrobazie e inerzie giurisprudenziali, in Cass. pen., 2022, p. 2090.
[2] Cass., sez. un., 28 aprile 2016, Dasgupta, m. 267487, in motivazione.
[3] C. cost., n. 470/1991.
[4] A. NAPPI, La rinnovazione, cit.
[5] M.E. OGGERO, in Corte suprema di cassazione. Ufficio del massimario. Servizio penale. Relazione su novità normativa, n. 2/2023, a cura di Andrea Nocera e Gennaro Sessa, p. 172, NOCERINO, La ridefinizione della rinnovazione dibattimentale in appello: un inevitabile ripensamento legislativo, in Penale, diritto e procedura, 2022, p. 634 e s., TESORIERO, Il nuovo art. 603 comma 3-bis c.p.p.: la rinnovazione della prova dichiarativa in appello (torna) al servizio dell’immediatezza, in AA.VV., L’ennesima riforma delle impugnazioni fra aspettative deluse e profili controversi, a cura di M. Bargis e H. Belluta, Giappichelli, 2023, p. 134.
[6] Cass., sez. III, 3 luglio 2020, P, m. 279863.
[7] BASSI, Impugnazioni: L’appello, in AA.VV., La riforma del sistema penale, a cura di Alessandra Bassi e Cesare Parodi, Giuffrè, 2022, p. 284, M. BONTEMPELLI, in Riforma Cartabia. Le modifiche al sistema penale. Commentario diretto da G.L. Gatta e M. Gialuz, Giappichelli, 2024, II, p. 414 e s.
[8] Cass., Sez. VI, 17 settembre 2024, F., in questa Rivista 21 novembre 2024.
[9] www.guidanappi.it, §46.4.1
[10] Giurisprudenza indiscussa: da ultima Cass., sez. V, 8 maggio 2008, De Carlo, m. 240995, ma già Cass., sez. V, 21 ottobre 1996, Bruzzise, m. 207067.
[11] Cass., sez. un., 28 gennaio 2019, Pavan, m. 275112.
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