di Francesco Sylos Labini – 15/12/2024
Fonte: Francesco Sylos Labini
In Italia, come in altri Paesi occidentali, la gran parte dei mezzi di informazione รจ controllata da pochi gruppi editoriali che sono nelle mani degli ultraricchi: Cairo (Corriere della Sera, La7), Agnelli (Repubblica, La Stampa), famiglia Berlusconi (Mediaset), Caltagirone (Il Messaggero, Il Mattino, ecc.), Angelucci (Il Giornale, Il Tempo, Libero, ecc.). Il risultato di questa sovrapposizione tra potere mediatico ed economico รจ il condizionamento dellโinformazione che ha comportato una perdita di credibilitร e prestigio e lettori. Dal 2013 al 2020, secondo i dati di Accertamenti diffusione stampa (Ads), che molti considerano sovrastimati, i quattro maggiori quotidiani italiani (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore e La Stampa) hanno perso tra il 44 e il 54% delle copie. Tendenze analoghe sono riscontrate in altri Paesi occidentali: nel Regno Unito nello stesso periodo i maggiori quotidiani hanno avuto un calo del 30%, mentre il Washington Post ha perso 77 milioni di dollari nel 2023 e metร dei lettori dal 2020.
Malgrado il crollo di copie vendute, lโinteresse nellโinvestimento degli ultraricchi nei mezzi dโinformazione sta nella possibilitร di definire e controllare la narrazione dominante. Tuttavia, dal conflitto dโinteressi di memoria berlusconiana, che riguardava il controllo delle vicende italiane, siamo ora passati a una situazione in cui la politica, e lโoligarchia che ne dirige le mosse, sono allineate a livello sovranazionale con gli interessi geopolitici dei Paesi occidentali. Se in Italia la narrazione รจ prodotta da un piccolo gruppo di giornalisti che la sostiene e la ridefinisce nei principali quotidiani e talk show televisivi รจ a livello internazionale che bisogna guardare in questa fase di sconvolgimenti planetari. Nei Paesi occidentali la narrazione รจ prodotta da tre grandi agenzie di stampa: lโAmerican Associated Press, lโagenzia francese semi-governativa France press e lโagenzia britannica Reuters. Queste tre agenzie diffondono la maggior parte delle notizie internazionali che sono riprese da tutti i mass media modellando cosรฌ la narrazione a livello internazionale. Questa รจ la nuova frontiera della (non) libertร dโinformazione che ha dunque superato i confini nazionali e in questa epoca di trasformazioni globali svolge un ruolo chiave per orientare le opinioni pubbliche dei Paesi occidentali e, a quanto pare, per trascinarle verso la guerra.
A far fronte a questo panorama claustrofobico e inquietante ci sono, con tutte le loro contraddizioni, i social media. Anche se lโambiente dei social รจ un calderone disordinato in cui si muovono attori di ogni tipo, รจ ancora possibile costruirsi (in particolare su YouTube) una rete di riferimenti di qualitร . Tra i social TikTok, lโunico non di proprietร dei colossi americani ma del gigante cinese Byte Dance, ha avuto un notevole successo nei Paesi occidentali. ร questo successo che spinge a limitare e controllare TikTok con la motivazione che agenti โnemiciโ potrebbero utilizzarlo per diffondere fake news in uno scenario da guerra ibrida e per influenzare le opinioni. Di volta in volta quando accadano risultati inaspettati alle elezioni, come ultimamente in Romania, vengono chiamati in causa i social. Ad esempio, da piรน parti รจ stato sostenuto che una campagna di disinformazione, basata su fake news immesse su Facebook e Twitter, sia stata condotta dalla Russia e abbia influenzato le elezioni presidenziali degli Stati Uniti quando vinse Trump nel 2016. Tuttavia, uno studio pubblicato nel 2023 (le analisi serie richiedono tempo) su Nature (https://shorturl.at/Pxs5G) ha concluso che โnon รจ stata trovata alcuna prova di una relazione significativa tra lโesposizione alla campagna di influenza russa allโestero e i cambiamenti negli atteggiamenti, nella polarizzazione o nel comportamento di votoโ.
Se in alcuni casi particolari, come รจ stato mostrato da studi scientifici, le fake news si possono diffondere velocemente sui social, in genere la diffusione dellโinformazione รจ molto articolata e complessa, influenzata sia dalle dinamiche di comportamento degli individui sia dai meccanismi di funzionamento delle piattaforme. Inoltre, mentre lโattenzione si รจ concentrata principalmente sul fenomeno delle fake news sui social si รจ trascurato un fatto evidente: il problema delle fake news รจ molto piรน profondo poichรฉ coinvolge anche i media tradizionali che plasmano la narrazione del dibattito pubblico.
Oggi si stima che almeno la metร della popolazione del mondo, ovvero 3,9 miliardi di persone, utilizzi i social a fronte di 2,1 miliardi nel 2015. Se questa crescita si contrappone al calo verticale dei lettori dei maggiori quotidiani bisogna considerare un altro dato chiave: i social sono visti dalle giovani generazioni, mentre i media tradizionali si rivolgono ormai solo ai piรน anziani. Si sta venendo cosรฌ a creare una spaccatura generazionale: miliardi di persone, soprattutto di giovane etร , possono avere accesso allo stesso tipo di intrattenimento, immagini e video e i cambiamenti innescati sono giganteschi, ancora largamente incompresi e stanno avvenendo in tempo reale. Inoltre, nascono in continuazione nuovi social e il controllo capillare di ognuno di questi รจ una chimera che solo una politica che non sa piรน come contrastare lโabisso che separa la realtร dalla sua narrazione puรฒ inseguire.
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