Collegamento Colere–Lizzola
(ne abbiamo davvero bisogno?)
(pubblicato su terrealtre.noblogs.org)
Il manifesto
Di cosa si tratta?
RSI srl intende collegare la stazione sciistica di Colere con la stazione di Lizzola, occupando la Val Conchetta e l’alta Val Sedornia, ad oggi non ancora antropizzate.
Il progetto prevede il livellamento del terreno per la creazione di tre nuove piste, l’inserimento di tre nuovi impianti a fune e una funicolare nel tunnel di 450 metri ricavato nel Pizzo di Petto.
Si prevede inoltre un bacino di accumulo dell’ acqua e innevamento artificiale per tutte le piste.
Le tre seggiovie di Lizzola verrebbero dismesse e sostituite da un’unica cabinovia. Ad oggi le piste di Colere si trovano fra 1600 e 2200 m, mentre quelle di Lizzola fra 1500 e 2000 m. I nuovi impianti si collocherebbero tra i 1800 e 2200 m.
Il costo dell’opera è di 70 milioni di euro, di cui 50 pubblici. I costi successivamente precisati per il versante di Lizzola indicano un incremento del 36%, con conseguente espansione del contributo pubblico.
Apertura completa prevista: dicembre 2026.
Ha ancora senso investire nello sci da discesa?
Le proiezioni a 50 anni prevedono il 40% di giorni di neve in meno e un innalzamento di 500 metri della copertura nevosa stagionale, causando una crisi notevole sotto i 2000 metri per quanto riguarda spessore e persistenza del manto nevoso. L’innevamento artificiale diventa imprescindibile e costoso: per innevare 1km di pista sono necessari 40/50mila euro a stagione.
È un’industria che necessita di fondi pubblici per sopravvivere: oltre 60 milioni di euro stanziati negli ultimi 10 anni solo per le stazioni bergamasche.
Perché non investire i soldi pubblici in beni pubblici?
Crediamo in uno sviluppo economico alpino che va oltre la monocultura dello sci da discesa; che garantisce i servizi essenziali per restare a vivere in montagna, come il diritto di cura, studio e mobilità; che interviene sulle aree a rischio idrogeologico, tutelando chi vive nelle aree montane.
Il turismo dello sci non risponde al problema dello spopolamento
L’industria del turismo di massa rischia di sostituire le comunità di montagna con turisti intermittenti, dove il costo della vita per i residenti si alza. I posti di lavoro stabili sono presenti nelle comunità dove sono state inserite attività industriali, artigianali, agricole e di turismo diffuse, parsimoniose e attente al contesto.
Rifiutiamo di concepire la montagna come un luogo da ingolfare di turisti
L’unicità di un territorio viene svalutata dagli standard del turismo di massa. L’accesso dalla Val Seriana e dalla Via Mala è problematico e il traffico sarà ulteriormente congestionato, poiché non è prevista nessuna miglioria alla viabilità. Meglio valorizzare l’esistente e differenziare l’offerta sulle 4 stagioni includendo gli attori locali.
Perché il collegamento non è una risposta
Il comprensorio dovrà affrontare la forte concorrenza di aree sciistiche vicine che hanno ben altra offerta sciistica e di servizi.
I chilometri di piste non aumenteranno in quanto alcune piste di Lizzola verranno chiuse.
La fruizione delle strutture in quota sarà destinata a una élite: boutique hotel, campeggio glamour, sci gourmet.La “destagionalizzazione” del progetto si riduce a introdurre il downhill a Colere.
Quanto è veramente accessibile questo progetto?
I costi per il collegamento sono spropositati
La quota di risorse pubbliche richieste è sproporzionata rispetto all’investimento privato, perdendo il requisito di redditività che dovrebbe caratterizzare l’attività degli imprenditori.
Viene valutata la fattibilità economica considerando solo i costi riferiti alla Val Sedornia + Lizzola, escludendo quelli implicati per il collegamento in Val Conchetta.
In questi 60 anni di concessione, il conto economico esteso al 2084 non prevede i costi per la sostituzione degli impianti e le cauzioni destinate allo smantellamento a fine vita di strutture, impianti e piste.
Lizzola ci guadagnera’ davvero?
Rifugi sfavoriti dall’unica cabinovia Lizzola-Mirtillo, aumento della cementificazione e dei costi delle case, aumento del costo dello skipass. Lizzola diventerebbe il parcheggio per gli impianti di Colere.
Quale altro futuro per Lizzola?
Chiediamo alle Amministrazioni locali una visione più lungimirante e rispettosa dei territori, e il coraggio di sostenere nuove proposte per valorizzare l’esistente: rifugi, escursionismo invernale e estivo o l’eventuale rinnovamento degli impianti esistenti, con costi molto più contenuti rispetto a quelli ipotizzati per il collegamento.
Il progetto è intrinsecamente insostenibile
Impianti più capienti e veloci ed innevamento artificiale significano più dispendio di energia elettrica e carburante.
Prevedere l’innevamento artificiale su tutte le piste è una implicita dichiarazione che il progetto non ha prospettiva.
L’impatto antropico interesserà valli ora incontaminate che saranno irreparabilmente danneggiate da sbancamenti e scavi.
Il progetto ignora l’ambiente
Tutta l’area interessata dal progetto rientra nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Val Sedornia – Val Zurio – Pizzo della Presolana, un Sito RETE NATURA 2000 (codice IT2060006) all’interno del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche.
Gli impianti e le strutture previste sono paragonabili a quelli di un insediamento industriale. L’impatto ambientale dell’afflusso di migliaia di persone è simile a quello di un centro commerciale, ma in un contesto remoto e fragile, con conseguenze negative per flora e fauna.
Il terreno carsico è naturalmente incompatibile con la creazione di bacini di raccolta, che richiederebbero isolamento con materiali plastici destinati a diventare inquinamento da macro e microplastiche. I pannelli solari previsti saranno posizionati a nord-est e saranno esposti a neve e gelo.
Comprensorio Colere-Lizzola… News
di Lucio Toninelli
(pubblicato nel gruppo FB Val di Scalve, more than Mountains
Che succede? Tutto tace, calma piatta, mare calmo… Ma le apparenze ingannano: nonostante le numerose contraddizioni, incoerenze, marceindietro, la talpa avanza. Sta cercando la via più breve e più facile per arrivare «all’osso». Forse comincia ad essere un po’ in affanno sui tempi aggressivi che si era data.
Noi invece non abbiamo fretta. È il motto sul quale riescono ad essere d’accordo perfino maggioranza e minoranza a Vilminore: per ora, niente fretta. L’importante è decidere verso quale futuro andare. E poi salire sul treno giusto, non su quello che ha più fretta di partire. E il futuro giusto è quello che vogliono i cittadini. I residenti, anzitutto, se davvero ci preme fermare lo spopolamento. Senza escludere il parere di chi ama le nostre Valli e le frequenta, ovviamente. Ma bisogna metterli in condizione di conoscere i fatti e di esprimere la propria opinione. Non è così difficile, basta volerlo.
Intanto, il termine di 90 giorni richiesto da RSI per la firma delle convenzioni proposte con la PEC del 27 agosto, è scaduto. Perché? Perché giustamente l’Amministrazione di Vilminore ha chiesto chiarimenti, documenti, integrazioni che non sono ancora pervenuti. Fra cui un misterioso «allegato A» del progetto che nessuno sa dire cosa sia, dove sia, se ci sia…
Vi pare che si possa firmare una convenzione al buio? Una decisione che può (e ha l’obiettivo di…) mutare il corso della storia della nostra valle per almeno 60 anni, si può prendere alla leggera? No. Aspettiamo.
Così il Comune di Valbondione – già designato capofila del progetto, – ha dovuto chiedere una proroga di 45 giorni al termine dei 90 giorni, perché si è reso conto che effettivamente ci sono aspetti da chiarire.
Giusta la fretta di salvare gli impianti di Lizzola, ma mi pare normale che, se la convenzione la deve approvare anche Vilminore, l’Amministrazione locale faccia delle domande e magari ponga delle condizioni.
Nel frattempo qualcuno scopre – quasi per caso – la convenzione relativa al progetto di rifacimento degli impianti di Colere del 2022, (progetto assolutamente cruciale, è il caso di ribadirlo?), con la quale il Comune di Colere ha preso impegni vincolanti con RSI anche su competenze del Comune di Vilminore; senza peraltro coinvolgerne l’Amministrazione, a quanto appare dagli atti.
Al punto G) di quella convenzione si legge che il Comune di Colere (a firma del Sindaco nonché Presidente al tempo della CM di Scalve), concede alla Società RSI…
“la concessione d’uso delle piste da sci facenti parte del demanio sciabile, del Comune di Colere e Vilminore di Scalve, come evidenziato nelle tavole, allegate al progetto di fattibilità tecnico economica, di cui ai P.G.T dei Comuni interessati, incluse le aree individuate nell’allegato [A] (mai pervenuto) alla presente Convenzione;”
Come può il signor Sindaco ‘vendere’ un ‘uso’ che non è suo? E il punto H) successivo, aggiunge che cede anche:
“la concessione d’uso di tutti i terreni di proprietà del Comune di Colere in quota (quale quota?), inclusi quelli siti nel comune di Vilminore per la realizzazione di piste da sci,impianti e l’insediamento d’attività commerciali, oltre a tutti i terreni che confinano o fanno parte del demanio sciabile del Comune di Colere e Vilminore, come evidenziato nelle tavole, allegate al progetto di fattibilità tecnico economica, di cui ai P.G.T dei Comuni interessati, nonché eventuali loro estensioni, incluse le aree individuate nell’allegato [a] alla presente Convenzione;”.
Ripeto la domanda: a che titolo il Sindaco di Colere cede diritti di un altro Ente Comunale? In questa convenzione si mischiano un titolo di pura proprietà catastale, con le competenza amministrative? È, a dir poco, imprudente o impudente farlo senza assicurarsi che il Comune confinante e il collega Sindaco siano informati e d’accordo. Di sicuro è argomento e decisione che avrebbero dovuto passare per il Consigio Comunale di Vilminore. Ma da li non è passato mai.
L’impressione è che si abbia a che fare con i sordi, i muti, i ciechi e, soprattutto, i furbi.
I sordi sono quelli che non rispondono neppure alle richieste di accesso agli atti (non parlo di Vilminore che ha correttamente consentito l’accesso agli atti che sono pubblici). Ma gli altri dovranno pur rispondere, prima o poi!
I muti sono quelli che dovrebbero raccontare ai cittadini che li hanno eletti, come pensano di affrontare la questione di cui moltissimi ormai parlano apertamente. Dovranno anche dire se e come intendano chiedere il parere dei cittadini. O finisce come col Convento che si fa una assemblea pubblica finta e poi si prosegue sottotraccia in altre direzioni come le talpe?
I ciechi sono quelli che, nonostante le evidenze, si rifiutano di constatare il fallimento degli investimenti simili in altri posti. Né si preoccupano del clima, «tanto hanno i cannoni da neve!». E fanno spallucce al fatto che il progetto sia a carico dei contribuenti, cioè soldi anche loro (circa il 70%).
E lo sbandierato obiettivo di fermare lo spopolamento? I ciechi fingono di non capire la contraddizione: l’iperturismo non ferma, ma accelera lo spopolamento, ovunque! I paesi sciabili, hanno sofferto lo spopolamento, come e più di quelli non sciabili. Di ricadute in benessere diffuso, nessuna traccia. Di impatto positivo sulla ripresa delle attività commerciali e i servizi, neanche l’ombra. Per ironia, neanche sulle attività tipicamente turistiche come il settore alberghiero e della ristorazione. Né in Valle, né altrove.
E i furbi? Sono quelli che pensano all’immobiliare e ai grandi lavori, e a come trarne profitto.
La grande truffa del turismo dei grandi numeri è proprio questa: risposte sbagliate a problemi finti ma strumentali ad altri scopi.
Almeno una cosa potrebbe unirci, “noi contrari e voi favorevoli”: vorremmo essere noi cittadini a deciderlo. Vorremmo non dover dipendere da un «banchiere illuminato» per decidere il nostro futuro, e neanche da un circolo filantropico di pochi imprenditori che, sia pure con buoni intenti e con l’Università di Bergamo, ci vogliono spacciare «un nuovo turismo per una nuova abitabilità», o convincerci che “dobbiamo sentirci turisti in casa nostra”. Non siamo «persone svantaggiate» o bambini bisognosi di tutela. Grazie. Siamo cittadini adulti e con diritto di parola, soprattutto quando si spendono soldi nostri ed è in gioco il nostro futuro.
Ecco perché non abbiamo fretta. Sono tante le cose da chiarire che verranno al pettine. E non abbiamo neppure ancora iniziato a parlare di ambiente e di normative italiane ed europee che il progetto NON rispetta.
Verrà il tempo che ricorreranno al mantra «ecco, siete i soliti ambientalisti del No».
Nessun problema. Ce ne faremo una ragione, non è poi un’offesa così grande. Anzi.
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