Crescono le proteste in regione. La Filt: «Tanti investimenti sbagliati». Le linee più critiche
L’ultimo guasto risale al mattino del 15 gennaio, quando un inconveniente tecnico sulla linea, all’altezza di Verona Porta Nuova, ha causato ritardi fino a 45 minuti per regionali e treni ad alta velocità sulla direttrice Milano-Venezia. La sera stessa, attorno alle 21, è stata invece un’auto – incastrata in un passaggio a livello a Spinea – a bloccare la Mestre-Castelfranco, peraltro rischiando di causare una tragedia. Ma nel corso degli ultimi mesi, fra disguidi tecnici e cantieri (il picco l’estate scorsa, con lo stop della Verona-Vicenza dal 31 luglio al 20 agosto), la vita dei pendolari «ferroviari» del Veneto è stata resa sempre più difficile. E lo sarà ancora a lungo, sia per i lavori finanziati dal Pnrr (non solo l’alta velocità Verona-Vicenza-Padova, ma anche la direttrice Venezia-Trieste, almeno fino a marzo) sia per gli interventi infrastrutturali in corso sulla Conegliano-Belluno e sulla Mestre-Chioggia, quest’ultima – ora ferma – affidata dalla Regione a Trenitalia e da riammodernare completamente. «Per gli utenti di queste due linee, comunque, non cambierà nulla: a Belluno, per esempio, l’elettrificazione migliorerà solo marginalmente i tempi di percorrenza. Sarebbe stato meglio acquistare treni ibridi anziché spendere soldi per cavi, tralicci e adeguamento delle gallerie».
La metro di superficie
A parlare è Alessandro Piras, segretario regionale della Filt-Cgil, secondo cui il vero problema – quello che genera ritardi e lamentele da parte dei viaggiatori, specie sulle linee Venezia-Padova e Venezia-Treviso – è un altro: il sovraffollamento dei binari a causa della mancata «chiusura» di alcuni anelli strategici. Quelli, in sostanza, che avrebbero dovuto costituire l’abortita «metropolitana di superficie». «Con tanti treni in circolazione su poche linee – spiega Piras – l’indice di puntualità è sceso negli ultimi anni». In sostanza, basta un solo inconveniente a ingolfare il sistema. Senza contare i guasti, come evidenzia un nuovo gruppo di pendolari pronto a riunirsi in comitato in quel di Vittorio Veneto nonché il sito TreniBelluno.it, sulla trafficata Mestre-Udine («passata da 4.500.000 viaggiatori annui nel 2019 a 5.600.000 nel 2023») che avrebbe bisogno di interventi «in modo da aumentare la capacità di traffico e da migliorare la regolarità della circolazione», scrive il sito.
La Tav poco Tav
Un po’ come accaduto con il quadruplicamento della Venezia-Padova, che ha innescato un effetto domino positivo: «Guardi lo sviluppo urbanistico dalle parti di Dolo: grazie al potenziamento della tratta quell’area è divenuta sempre più appetibile. E guardi – sottolinea Piras – l’asse Treviso-Castelfranco-Camposampiero: i parcheggi scambiatori sono stati costruiti e le stazioni potenziate. Ma i treni non sono mai arrivati perché il nodo di Pontevigodarzere è rimasto incompleto. Il Pnrr è stata un’occasione sprecata». Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tuttavia, concentra proprio sul Veneto buona parte degli investimenti ferroviari. A partire dall’alta capacità. «Ecco, appunto, non chiamiamola alta velocità: un treno veloce non può fermare a Padova, Vicenza, Verona, Desenzano, Brescia e via discorrendo. La politica ha preteso la fermata di Vicenza ed a lavori ultimati avremo una tratta più costosa, una città tagliata in due e convogli solo un po’ più rapidi», accusa il segretario della Filt-Cgil. E il resto della rete, quella ad uso più prevalentemente pendolare? «Tratte come la Mestre-Chioggia non saranno mai competitive: con 160 passaggi a livello su 80 chilometri a binario unico i tempi di viaggio resteranno lunghissimi». Nel Bellunese, secondo il sindacalista, la musica non cambierebbe poi di tanto, sebbene l’indice di puntualità del 2024 sia stato del 93 per cento. In lieve calo rispetto all’anno precedente (il picco fra Belluno, Conegliano e Venezia si ebbe nel 2016 con il 96,4 per cento) ma sempre meglio del disastroso 2014, con appena il 70,4 per cento dei treni in orario.
L’accusa dei pendolari
Stesso discorso varrebbe per la Vicenza-Schio, nuovamente liquidata da Legambiente – nel rapporto Pendolaria 2025 pubblicato a dicembre – come una delle linee peggiori d’Italia. E per la Venezia-Bassano, elettrificata sì ma ridotta a binario unico da Martellago in su. «Una linea sempre più affollata di passeggeri. In questo momento le parlo dal treno partito da Venezia attorno alle 18: è composto da due convogli abbinati pressoché pieni. E fra binario unico, guasti o abbattimenti delle sbarre continuiamo a subire ritardi o soppressioni» esclama Dario Berti, portavoce dei pendolari della tratta. Anch’egli convinto che il Pnrr sia stato, in questo senso, «un’occasione persa». «Da anni la Regione annuncia la soppressione dei passaggi a livello. Ma i proclami sono rimasti sempre tali: finora ne è stato eliminato giusto un paio», sostiene. E col binario unico basta poco perché l’orario salti: «Per carità, la situazione non è tragica. Ma ogni giorno subiamo circa 5-6 minuti di ritardo: troppi per una tratta di un’ora e un quarto, ma non per Trenitalia che ritiene il treno comunque puntuale. E quando il ritardo supera i 10 minuti capita pure che il treno venga cancellato, costringendoti a partire mezz’ora dopo. Ormai viviamo così, con un servizio discontinuo».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link