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“L’impresa moltiplica i talenti a servizio del bene comune”


L’imprenditoria cristiana si trova in un momento cruciale di riflessione e rinnovamento, soprattutto in considerazione del Giubileo che stiamo vivendo. Questo evento sacro non rappresenta solo un’occasione di riconciliazione spirituale, ma anche un’opportunità per ripensare il ruolo dell’impresa nella società. Interris.it, in merito a questo tema, ha intervistato il dott. Benedetto Delle Site, presidente nazionale dei giovani dell’Ucid.

Foto di Janno Nivergall da Pixabay

L’intervista

Dottor Delle Site, in che modo, attraverso il Giubileo, è possibile ripensare il concetto di impresa?

“Il Giubileo, nella tradizione, è legato alla riconciliazione, alla riparazione delle ingiustizie, al riposo della terra, come imprenditori è una occasione per un decisivo ripensamento dell’impresa come comunità fraterna dove, attraverso il lavoro e la cooperazione, gli uomini e le donne moltiplicano i loro talenti a servizio del bene comune. Il Santo Padre distingue spesso imprenditori e speculatori, gli imprenditori hanno quella particolare vocazione che li spinge a organizzare beni e persone, realizzare e commercializzare prodotti e servizi utili, continuare a creare ricchezza e occupazione nel tempo attraverso l’innovazione e l’investimento, generoso e rischioso, nel capitale umano. Allora possiamo essere veri leader, cioè agenti di cambiamento in grado di offrire con creatività soluzioni alle grandi sfide del secolo: demografia, ambiente, nuove tecnologie. Ripartiamo da questa visione dell’impresa contro tutte le visioni riduttive della nostra particolare vocazione”.

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Quale può e dovrà essere il ruolo degli imprenditori cristiani su questo versante?

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“Gli imprenditori cristiani sono chiamati a orientare l’esercizio delle proprie doti e virtù naturali secondo quei principi e criteri d’azione offerti anche a loro dalla Dottrina Sociale della Chiesa, mostrandone però la validità dell’uso e dei frutti anche per coloro che non hanno ancora il dono della fede. Dobbiamo offrire esempi e modelli operativi attraverso i quali sia possibile fare economia ponendo al centro la persona, la famiglia, la comunità, parafrasando San Giovanni Paolo II l’umano tutto intero. Inoltre, bisogna saper mettere a fattor comune capacità e relazioni intessendo legami con tutti gli attori che sono i protagonisti di una società civile dinamica e responsabile: i vari corpi sociali intermedi, i diversi livelli di public governance, le più diverse forme di cittadinanza attiva locali e globali. Noi imprenditori dobbiamo essere la punta di diamante della sussidiarietà”.

Foto di Marten Bjork su Unsplash

L’Anno Santo è caratterizzato da gesti che si potrebbero definire di “fraternità attiva”. Come si connota l’impegno dei giovani dell’Ucid verso il mondo dell’impresa alla luce degli insegnamenti racchiusi nella Dottrina Sociale della Chiesa?

“A differenza di altre organizzazioni, il nostro compito non è quello di essere il sindacato delle nostre categorie, e nemmeno quello di erogare assistenza, per questo vedo una missione tutta particolare per il nostro Movimento Giovani. Fare cultura. Essere saldi nei nostri valori sapendo però interpretare il ruolo di agenti di cambiamento, vivendolo noi stessi secondo l’insegnamento paolino, “lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare”. Stare in mezzo ai colleghi per trovare ciò che nel profondo ci accomuna, la vocazione, anzi le vocazioni, di una generazione, e realizzare insieme progetti che nelle trasformazioni in corso colgano tutte le opportunità tenendo però la barra ferma sui valori”.

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Foto di Saulo Mohana su Unsplash

Un esempio?

“Lo scorso anno il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta nelle considerazioni finali ha ricordato come 525 mila giovani italiani siano emigrati tra il 2008 e il 2022 e come solo un terzo di essi sia tornato in Italia. Hanno lasciato l’Italia soprattutto i laureati, attratti da opportunità retributive e di carriera decisamente più favorevoli. Questo esodo indebolisce la dotazione di capitale umano del Paese. Allora vorrei lanciare qui una proposta al mondo dell’impresa: apriamo il capitale delle nostre aziende ai giovani talenti per arrestare la fuga di cervelli all’estero. Vinciamo come imprenditori chiusure e pregiudizi. Pezzi di sindacato e di politica hanno finalmente abbracciato il grande tema della partecipazione dei lavoratori agli utili, al capitale e alla gestione delle imprese. Noi dell’Ucid ne parliamo dalle origini della nostra fondazione nel lontano 1947. Il Santo Padre anche più di recente ha parlato dei nostri collaboratori come ‘co-imprenditori’ richiamandoci a valorizzare la loro capacità, libertà e responsabilità. Si tratta di una grande sfida che ripropone l’alleanza fra capitale e lavoro cara alla tradizione della Dottrina Sociale ma che potrà inverarsi solo con l’ingegno e il contributo generoso delle donne e degli uomini d’impresa, e con l’attitudine delle giovani generazioni a ridiscutere e innovare l’intelaiatura delle aziende italiane”.



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