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Africa: tutti i paesi al voto nel 2025


Sono dieci le nazioni che terranno elezioni nel corso di quest’anno. Tra queste Tanzania, Camerun, Costa d’Avorio e Repubblica Centrafricana

La maggior parte delle elezioni si svolgeranno nei paesi francofoni e sette di queste saranno nell’Africa centrale e occidentale

Nel 2025 saranno dieci i paesi africani ad andare al voto sia per le presidenziali che per legislative. La maggior parte delle elezioni si svolgeranno nei paesi francofoni e sette di queste saranno nell’Africa centrale e occidentale, tra l’altro epicentro delle criticate operazioni di influenza russa.

In alcuni di questi paesi spesso le elezioni sono state in qualche modo orchestrate al fine di tenere al potere il presidente in carica. Procediamo in ordine temporale.

Togo (15 febbraio)

Si vota di fatto per il Senato. Nel marzo del 2024 l’Assemblea nazionale, dominata dal partito di maggioranza, Union pour la République, ha adottato una modifica costituzionale che elimina il diritto dei cittadini di votare direttamente per il capo di Stato.

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Il risultato sarà l’estensione a tempo indeterminato della dinastia Gnassingbé che va ormai avanti da 58 anni. L’attuale presidente, Faure Gnassingbé ha ereditato nel 2005 il potere dal padre/dittatore Eyadéma (che lo deteneva dal 1972) e da allora non lo ha più lasciato.

Le elezioni di febbraio riguarderanno le posizioni senatoriali che creeranno una nuova camera alta nella struttura legislativa del paese. Dobbiamo aggiungere che anche alla Chiesa cattolica, che svolge un ruolo vitale nella società togolese, è stato impedito di osservare le precedenti elezioni dell’Assemblea nazionale dell’aprile 2024.

L’opposizione – che ha parlato di “colpo di Stato costituzionale” – fa quel che può, ma proprio al fine di rimuovere ulteriormente la partecipazione popolare dal processo politico, le manifestazioni politiche in Togo sono vietate dal 2022.

Gabon (agosto)

Le presidenziali in Gabon si preannunciano come un appuntamento volto a conferire un certo grado di legittimità al regime militare del generale Brice Oligui Nguema, che ha preso il potere con un golpe nel 2023.

Da allora si è preoccupato di garantirsi appoggi negli apparati politici e militari, realizzare “riforme” e di fatto riscrivere la Costituzione (per esempio rimuovendo il ruolo del primo ministro, estendendo il mandato presidenziale a sette anni e abolendo il sistema elettorale a doppio turno) in modo da restare al potere il più possibile.

Oligui Nguema ha coltivato l’immagine di riformatore sfruttando la repulsione popolare verso lo sperpero e la repressione del governo di Ali Bongo e della dinastia Bongo che aveva governato il Gabon per 56 anni. Tutto questo dimenticando i suoi legami decennali, per esempio per i suoi servizi di intelligence, con i Bongo.

Malawi (16 settembre)

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La situazione economica nel paese avrà sicuramente un impatto sulla campagna del presidente Lazarus Chakwera, che è in lizza per un secondo mandato.

Chakwera è sfidato da due ex presidenti: l’84enne Peter Mutharika (Democratic Progressive Party), che Chakwera ha sconfitto nella competizione presidenziale del 2020, e la 74enne Joyce Banda (People’s Party), presidente dal 2012 al 2014.

Ciascuno dei candidati è gravato da collegamenti con precedenti periodi di turbolenza economica e accuse di corruzione e clientelismo. Considerando che il vincitore deve ottenere più del 50% dei voti, c’è una forte possibilità che le elezioni vadano al secondo turno.

Raggiungere questa soglia comporterà probabilmente la costruzione di una coalizione tra altri partiti e questo potrebbe aumentare la capacità dei partiti più piccoli, come lo United Transformation Movement e l’United Democratic Front, di spostare il focus della campagna lontano dalle personalità e dalla politica dei partiti tradizionali e verso nuove proposte per affrontare le notevoli sfide economiche del paese.

Seychelles (27 settembre)

Wavel Ramkalawan, presidente del Linyon Demokratik Seselwa (LDS) ed ex prete anglicano, si candiderà per il suo secondo mandato in questa nazione formata da un arcipelago di 115 isole nell’Oceano Indiano occidentale.

La vittoria di Ramkalawan alle elezioni del 2020 (il suo sesto tentativo per la presidenza) fu uno spartiacque per il paese che conta 122mila abitanti e dove circa il 45% del Prodotto interno lordo è legato al turismo.

Il partito United Seychelles e il suo predecessore, il Seychelles People’s Progressive Front avevano dominato le istituzioni politiche delle Seychelles dopo il colpo di Stato di Albert René nel 1977 di cui ancora si ricordano i crimini contro la popolazione.

Ramkalawan affronterà Patrick Herminie del Seychelles Unite. Entrambi i candidati si concentreranno sulla riduzione del tasso di povertà del paese (al 23%) e sull’espansione della classe media in un paese con un reddito pro-capite di oltre 17mila dollari, il più alto dell’Africa.

Guinea (settembre-ottobre)

La giunta militare guidata dal colonnello Mamadi Doumbouya ha annunciato l’intenzione di ritardare le presidenziali e legislative nel 2025.

Questa mossa arriva dopo che i militari non sono riusciti a tenere le elezioni promesse nel dicembre 2024, mostrando scarso impegno nel ritornare a un governo democratico. La giunta ha preso il potere dal primo presidente democraticamente eletto della Guinea, Alpha Condé, nel settembre 2021.

Si prevede che Doumbouya si presenterà comunque come candidato nonostante la giunta abbia assicurato che ai membri dell’autorità militare di transizione sarebbe vietato prestare servizio nel nuovo governo.

Per aprire la strada alla candidatura di Doumbouya, si dovrebbe organizzare un referendum costituzionale che fisserebbe i termini delle elezioni. Oggi, i membri della giunta si riferiscono a Doumbouya come presidente della Repubblica e non più come presidente della transizione.

Intanto, la tabella di marcia di transizione in 10 punti della giunta guineana negoziata con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDEAO) è stata costantemente carente di trasparenza, tempestività o impegni di bilancio adeguati.

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Nel marzo 2024, Doumbouya ha sciolto i 342 consigli municipali eletti del paese, nominando direttamente i loro 3mila sostituti. Poi, a ottobre, ha dichiarato lo scioglimento di 53 partiti e la sospensione per tre mesi di altri 67.

I principali partiti politici e organizzazioni della società civile della Guinea, organizzati sotto la bandiera delle Forces vives de Guinée, hanno protestato contro il controllo unilaterale e opaco del processo di transizione da parte della giunta.

La giunta ha risposto con violente repressioni. Sotto Doumbouya, la Guinea sta soffrendo un peggioramento dell’economia, l’insicurezza alimentare è salita alle stelle, raggiungendo circa l’11% dei 14 milioni di abitanti.

Camerun (5 ottobre)

Dopo Teodoro Obiang in Guinea Equatoriale, Paul Biya, salito al potere nel 1982, è il leader africano più longevo. Oggi ha 91 anni e non ci sono segnali che voglia lasciare il potere. Quest’anno si candiderà per l’ottava volta.

Il tempo straordinariamente lungo di Biya è stato reso possibile da un emendamento costituzionale del 2008, che abolisce il limite di due mandati presidenziali. Il Rassemblement démocratique du Peuple Camerounais di Biya ha detenuto il potere dal 1960, anno dell’indipendenza.

Tale partito, nonostante un multipartitismo di facciata, ha mantenuto con Biya il controllo su tutte le istituzioni governative, comprese la commissione elettorale e la magistratura.

Il candidato dell’opposizione, Maurice Kamto, e oltre 200 dei suoi sostenitori sono stati arrestati durante le controverse elezioni presidenziali del 2018 e mentre Kamto è stato rilasciato, 41 dei suoi sostenitori rimangono dietro le sbarre.

Nel 2020, il governo ha vietato le manifestazioni. Secondo gli osservatori, tuttavia, le elezioni del 2025 sono destinate a rappresentare un punto di svolta. Il 91enne Biya ha avuto problemi di salute ed è stato a lungo lontano dagli affari pubblici. Ciò ha innescato la battaglia per la successione dietro le quinte all’interno dell’RDPC.

Se Biya dovesse morire o lasciare il suo mandato durante la carica, questo passerebbe al presidente del Senato, Marcel Niat Njifenji, che dovrebbe organizzare le elezioni entro 120 giorni ma non potrebbe candidarsi.

Intanto, 30 partiti di opposizione si sono coalizzati intorno a Maurice Kamto come capo della Alliance politique pour le changement. Ricordiamo che, tra le altre questioni che riguardano il paese c’è l’ormai annoso conflitto con le regioni anglofone del paese.

Tanzania (ottobre)

Dopo la morte di John Magufuli, conosciuto come “il bulldozer”, l’ascesa al potere di Samia Suluhu Hassan ha offerto l’opportunità al paese di aspirare ad una politica più moderata. Ha introdotto riforme per ripristinare i diritti civili, tra cui la revoca dei divieti sui media e il rilascio dei leader dell’opposizione incarcerati.

Nell’ambito del suo programma delle 4R – riconciliazione, resilienza, riforme e ricostruzione – Samia ha incontrato Tundu Lissu, principale esponente dell’opposizione, tornato in Tanzania dopo 5 anni di esilio.

Tuttavia, nell’agosto 2024, 500 sostenitori del Chadema sono stati arrestati prima di una manifestazione, inclusi il presidente del partito Freeman Mbowe, il vicepresidente Tundu Lissu e il segretario generale John Manyika. A settembre poi, un membro della segreteria del partito, Ali Mohamed Kibao, è stato rapito e trovato morto, con segni di percosse e ustioni da acido sul viso.

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Azione condannata dalla presidente mentre la Tanganyika Law Society pubblicava un elenco di 83 persone che sono state rapite o scomparse misteriosamente. Le elezioni del 2025 saranno una lente attraverso cui valutare la democrazia nel paese.  

Costa d’Avorio (ottobre)

Le elezioni della Costa d’Avorio si preannunciano come tra le più trasparenti e importanti per il continente nel 2025. Molti candidati forti, oltre al presidente Alassane Ouattara che con molta probabilità si ricandiderà al suo quarto mandato, si contenderanno la presidenza di questo paese, potenza economica nell’Africa occidentale.

Il risultato delle elezioni comunque è tutt’altro che prevedibile. Il paese ha una storia di violenza elettorale, furono quasi 3mila i morti nella crisi che scaturì nel 2010, quando l’allora presidente Laurent Gbagbo si rifiutò di ammettere la sconfitta, portando a un conflitto armato fino a quando il legittimo vincitore, Alassane Ouattara, prese il potere nel 2011.

Oggi gli animi sono diversi. Gbagbo nel 2021 è ritornato in patria a seguito dell’assoluzione presso la Corte penale internazionale per il suo ruolo nei crimini contro l’umanità legati alla crisi politica del 2010-2011 e uno spirito riconciliazione anima la relazione tra lui e Ouattara.

Tra i candidati di quest’anno l’ex primo ministro Pascal Affi N’Guessan per il Front populaire ivoiriene che si era già candidato nel 2015 che nel 2020 e Simone Gbagbo, ex first lady ed ex moglie di Gbagbo, con il suo partito Mouvement des générations ables.

Anche Gbagbo aveva dichiarato la sua intenzione di ricandidarsi ma probabilmente non potrà visto che su di lui pende una condanna per aver depredato la Banca Centrale degli Stati dell’Africa occidentale (BCEAO) durante la crisi post-elettorale del 2011. Sebbene graziato dal presidente Ouattara nel 2022, Gbagbo non è stato amnistiato, escludendolo dalle liste elettorali.

Anche Guillaume Soro, ex primo ministro di Ouattara, ha annunciato la sua volontà di candidarsi sebbene sia in esilio dal 2019, a causa della sua condanna in contumacia per “aver minato la sicurezza dello Stato” e “gestito fondi pubblici sottratti”.

Giunea-Bissau (ottobre-novembre)

Il contesto elettorale della Guinea-Bissau nel 2025 è caratterizzato da turbolenze e incertezze. Il paese avrebbe dovuto recarsi alle urne nel dicembre 2024, ma il presidente Umaro Sissoco Embaló ha rinviato le elezioni.

Alcuni osservatori sostengono che il mandato elettorale di Embaló terminerà il 27 febbraio 2025 e che prima di allora dovranno svolgersi le elezioni. Lui sostiene invece che il suo mandato terminerà a settembre.

Sembra dunque che stia cercando di tenere le legislative prima delle presidenziali sperando di riconquistare una maggioranza che potrebbe aiutarlo a prevalere nella competizione.

Si respira una certa confusione negli ambienti istituzionali dove ci sarebbero visioni contrastanti sul ruolo dell’esecutivo e della ripartizione del potere con Embaló che rimane un prodotto del vecchio sistema presidenziale stato-centrico e vicino all’esercito.

Il paese ha vissuto quattro colpi di stato e più di una dozzina di tentativi di golpe durante 23 anni di governo diretto o militare dall’indipendenza dal Portogallo nel 1973. Clientelismo e la persistente instabilità hanno avuto un impatto negativo sulla qualità della vita dei suoi cittadini. Circa due terzi vive al di sotto della soglia di povertà.

Nonostante la sua lunga eredità di instabilità politica, la Guinea-Bissau ha però anche un record di elezioni relativamente competitive e alternanze di potere grazie anche all’attivismo della società civile.

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Repubblica Centrafricana (dicembre)

Nel 2023, a metà del suo secondo mandato presidenziale il presidente Faustin-Archange Touadéra ha avviato una revisione costituzionale per rimuovere la restrizione del limite di mandato. Quando il capo della Corte costituzionale, Danièle Darlan, ha stabilito che il referendum costituzionale proposto era illegale, Touadéra l’ha sostituita.

La campagna attorno al successivo referendum è stata unilaterale, poiché a politici, media e attori civili critici nei confronti dell’iniziativa, è stato impedito di organizzare manifestazioni, hanno subito intimidazioni e arresti. È dal 2020 che va avanti il restringimento nel campo dei diritti.

I leader dell’opposizione, come il deputato Dominique Yandocka, sono stati incarcerati nonostante la loro immunità parlamentare. Arrestati anche attivisti per i diritti civili. Ai partiti di opposizione viene vietato di organizzare manifestazioni e vengono screditati attraverso campagne di disinformazione.

Oggi, giornalisti e media che esprimono preoccupazione per l’attuale insicurezza o l’indebita influenza della Russia (le cui forze mercenarie fungono da guardia presidenziale per Touadéra, mentre un russo funge da consigliere per la sicurezza nazionale) sono soggetti a minacce o arrestati.

La CAR è al 149° posto su 180 paesi nell’indice di percezione della corruzione e si stima che il 97,5% della sua produzione di oro venga contrabbandata fuori dal paese. Nonostante i rischi e i numerosi ostacoli a un processo elettorale libero ed equo, i partiti di opposizione continuano a fare la loro parte.





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