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Cancellate l’articolo 31 del disegno di legge sicurezza!


L’articolo 31 del disegno di legge sicurezza in discussione al Senato è stato, inizialmente, ai margini del dibattito politico, che si è incentrato soprattutto su profili di più immediato rilevo (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/10/03/sorvegliare-e-punire-i-poveri-e-i-ribelli/). Con il passar del tempo, peraltro, è emersa in tutta evidenza la sua importanza, in particolare nella ridefinizione del ruolo e dei poteri degli apparati di polizia e dei servizi di intelligence. Significativa, da ultimo, la presa di posizione del Coordinamento Associazioni Familiari Vittime di Stragi che si riporta di seguito, preceduta da una nota riassuntiva dell’articolo 31, tratta dalla rivista Sistema penale.
«L’articolo 31, in primo luogo, rende permanenti le disposizioni introdotte, in via transitoria, dal decreto-legge 7/2015 (e, per effetto di successive proroghe, vigenti fino al 31 dicembre 2024), per il potenziamento dell’attività dei servizi di informazione per la sicurezza, in materia di: ▪ estensione delle condotte di reato scriminabili, che possono compiere gli operatori dei servizi di informazione per finalità istituzionali su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, a ulteriori fattispecie concernenti reati associativi per finalità di terrorismo; ▪ attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia di prevenzione a personale militare impiegato nella tutela delle strutture e del personale degli organismi di informazione per la sicurezza; ▪ tutela processuale in favore degli operatori degli organismi di informazione per la sicurezza, attraverso l’utilizzo di identità di copertura negli atti dei procedimenti penali e nelle deposizioni; ▪ possibilità di condurre colloqui con detenuti e internati, per finalità di acquisizione informativa per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale. Inoltre, vengono introdotte nuove disposizioni, sempre riguardanti l’attività informativa, concernenti: ▪ la previsione di ulteriori condotte di reato per finalità informative, scriminabili, concernenti la direzione o l’organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico e la detenzione di materiale con finalità di terrorismo (reato quest’ultimo introdotto dall’articolo 1 del provvedimento), la fabbricazione o detenzione di materie esplodenti; ▪ la previsione che le pubbliche amministrazioni e soggetti equiparati siano tenuti a prestare agli organismi del sistema di informazione per la sicurezza la collaborazione e l’assistenza richieste necessarie per la tutela della sicurezza nazionale e l’estensione di tale potere nei confronti di società partecipate e a controllo pubblico; ▪ la possibilità di richiedere informazioni e analisi finanziarie alla Guardia di finanza e alla DIA per il contrasto al terrorismo internazionale». (la redazione)

Numerose Associazioni di familiari di vittime di mafia e terrorismo e singoli familiari di vittime esprimono forte preoccupazione, e anche indignazione, per quanto proposto all’articolo 31 del disegno di legge sicurezza attualmente in discussione in Parlamento.

In un Paese che non ha ancora superato le cicatrici provocate da stragi, omicidi, attentati, depistaggi, dossieraggi, golpe tentati, progetti eversivi e altre fenomenologie criminali della stessa specie, che sono stati immancabilmente accompagnati da responsabilità non solo morali e spesso processualmente accertate di esponenti degli apparati di sicurezza, il solo pensiero di fornire ancora più poteri a tale personale, ivi compreso il potere di delinquere, pare non solo una offesa alla Costituzione repubblicana ma anche eversivo.

La storia, anche quella giudiziaria, ci segnala la presenza di uomini degli apparati di polizia o di sicurezza in pressoché tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia (o nei depistaggi che ne sono stati il séguito), a partire da Portella della Ginestra e a seguire tutte le altre: Peteano, Brescia piazza della Loggia, Milano piazza Fontana, Bologna stazione centrale, Italicus, rapido 904, Capaci, Palermo via d’Amelio, Bologna Pilastro, Firenze via dei Georgofili, Roma basilica san Giovanni e basilica san Giorgio al Velabro, Milano via Palestro. E poi omicidi, tanti, troppi, da Peppino Impastato a Nino Agostino, da Umberto Mormile ad Attilio Manca, da Antonino Scopelliti a Bruno Caccia, da Carlo Alberto Dalla Chiesa a Mauro Rostagno, e non basterebbe una pagina per proseguire ricordandoli tutti.

In tutte queste azioni, in tutti questi misfatti, e nel loro séguito compaiono uomini dei servizi, pressoché sempre. Per cancellare prove, per inquinarle, manipolarle, depistare, oscurare e mascariare la verità. SEMPRE!

È fin troppo evidente che, di fronte a tali condotte criminali, partorite da uomini dello Stato che avrebbero avuto invece il compito di assicurare la nostra sicurezza e vigilare sulla democrazia, sarebbe tassativo intervenire con misure di contenimento dei poteri e potenziamento di controlli sull’operato dei servizi. È fin troppo evidente per tutti, ma non per il Governo.

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La licenza criminale ai servizi disegnata con l’articolo 31 del disegno dli legge sicurezza fa strame di ogni più elementare principio democratico. Agli apparati viene nella sostanza fornita, per legge, facoltà di delinquere (anche con diritto di vita e di morte su ogni cittadino?), con l’unica limitazione che ne sia informato il capo del governo.

Se poi a tutto questo scriteriato e incostituzionale potere concesso con l’articolo 31, si aggiunge anche la possibilità di spiare senza alcuna limitazione ogni singolo cittadino attraverso le intercettazioni preventive, allora si comprende che non è un articolo scritto frettolosamente, piuttosto un disegno preciso di virare decisamente da uno Stato di diritto a un incostituzionale Stato securitario. Infatti, contestualmente, si eliminano o sterilizzano strumenti importanti e fondamentali per le indagini e il contrasto alle mafie, come accade con la limitazione all’uso delle intercettazioni in sede giudiziaria o con la depenalizzazione di reati importanti, come l’abuso d’ufficio; oppure si inseriscono nuove trappole sul già complicato funzionamento della giurisdizione nell’accertamento della verità e nella repressione dei crimini, come la prescrizione e l’improcedibilità.

Uno Stato democratico poggia e si tiene su principi di civiltà e giustizia inviolabili, non negoziabili. Se uno Stato democratico assegna e permette licenza di delinquere a soggetti istituzionali con la copertura governativa non ci sarà più differenza fra chi dovrebbe operare a tutela della legge e della sicurezza dei cittadini e chi compie crimini attentando alla sicurezza nazionale.

Per tutte queste ragioni il Coordinamento Associazioni Familiari di Vittime delle Stragi chiede di cancellare l’articolo 31 dal disegno di legge sicurezza, avviando semmai un tavolo tecnico per valutare le misure opportune e adeguate per controllare che l’azione degli appartenenti agli apparati di sicurezza non travalichi i compiti e i poteri attualmente conferiti.

Firmatari:
Flora Agostino, sorella dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini
Nunzia Agostino, sorella dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a a Villagrazia di Carini
Sergio Amato, figlio del magistrato Mario Amato, ucciso dai NAR
Paolo Bolognesi, presidente Associazione familiari delle Vittime della strage della stazione di Bologna
Salvatore Borsellino, presidente Movimento Agende Rosse e fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso nella strage di via D’Amelio
Daniele Gabbrielli, vicepresidente Associazione Familiari delle Vittime della strage di Via dei Georgofili
Paola Caccia, figlia del magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dalla ‘ndrangheta
Giuseppa Catalano, sorella dell’agente di polizia Agostino Catalano ucciso nella strage di Via D’Amelio
Tommaso Catalano, fratello dell’agente di polizia Agostino Catalano uccisi nella strage di Via D’Amelio
Roberta Gatani, nipote del magistrato Paolo Borsellino, ucciso nella strage di Via D’Amelio
Luana Ilardo, figlia di Luigi Ilardo, ucciso a Catania mentre stava per entrare nel programma di protezione per i collaboratori di Giustizia
Paolo Lambertini, Associazione familiari delle Vittime della strage della stazione di Bologna
Angela Manca, madre dell’urologo Attilio Manca, ucciso dalla mafia
Gianluca Manca, fratello dell’urologo Attilio Manca, ucciso dalla mafia
Rosaria Manzo, presidente Associazione Familiari Vittime della strage del Rapido 904
Manlio Milani, presidente Associazione Familiari Vittime della strage di Piazza della Loggia
Brizio Montinaro, fratello dell’agente di polizia Antonio Montinaro, ucciso nella strage di Capaci
Donata Montinaro, sorella dell’agente di polizia Antonio Montinaro, ucciso nella strage di Capaci
Nino Morana, nipote dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso a a Villagrazia di Carini
Stefano Mormile, fratello dell’educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso dalla ‘ndrangheta
Nunzia Mormile, sorella dell’educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso dalla ‘ndrangheta
Federico Sinicato, presidente Associazione Familiari Vittime della strage di Piazza Fontana
Franco Sirotti, fratello di Silver Sirotti, vittima della strage del Treno Italicus



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