Una Sardegna un po’ meno da cartolina: la ciminiera della centrale a carbone dell’Enel.
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Reportage dalla regione del Sulcis, dove la Glencore di Zugo e la Sider Alloys di Lugano sono al centro di due vertenze sindacali esplose nelle ultime settimane.
La cartolina non รจ quella tipica della Sardegna mare smeraldo e ville di lusso. Qui siamo nel sud-ovest dellโisola. Dopoย unโoraย diย auto da Cagliari, attraversando un paesaggio verdeggiante e bucolico, raggiungiamo la zona industriale di Portovesme, nel Sulcis, uno storico bacino minerario e industriale da sempre strategico per lโItalia.
A colpirci รจ il color ruggine. Sono ruggini i nastri trasportatori, i silos, le tante ciminiere spente e gran parte degli stabilimenti dallโaria dimessa. In prossimitร della centrale a carbone Enel, obsoleto cuore energetico sardo, prendiamo una stradina sterrata che ci porta al mare, contornando la famosa discarica dei fanghi rossi.
Lo stabilimento della Sider Alloys รจ ormai fatiscente.
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Dallโesterno non si vede nulla, ma il satellite mostra un enorme bacino rossastro: si tratta degli scarti della lavorazione della bauxite. Un tempo, qui, si compiva lโintero ciclo di produzione dellโalluminio: dallโestero arrivava la polvere di bauxite che venivaย trasformata in alluminia,ย successivamenteย in alluminio primario eย poiย inย prodotti semilavorati. Si parlaย al passato, perchรฉ sono anni che questa filiera รจ ferma, nonostante le mobilitazioni operaie e le promesseย del governo italiano e degli industriali.
Il โgrande salvatoreโ giunto da Lugano
โDopo la vertenza con lโAlcoa, ho vissuto quattro anni in questa tenda davanti ai cancelli. Poi nel 2018 ho ripreso a lavorare, pieno di speranze. La nuova proprietร svizzera aveva promesso assunzioni e il rilancio della produzione. Ma non รจ stato fatto nulla, se non smantellare parte della fabbricaโ.
Andrea (nome di fantasia) รจ un operaio specializzato che lavora per una ditta del gruppo Sider Alloys, la societร di Lugano che nel 2018 ha acquisito lโunico impianto italiano che produceva alluminio primario. Lo incontriamo a fine turno, nel parcheggio aziendale desolatamente vuoto, di fronte ai quattro immensi silos โ anchโessi vuoti โ dove veniva stoccata lโallumina prodotta dallโadiacente Euroallumina, azienda di proprietร russa ferma dal 2009. Lโoperaio ci racconta di quando producevano 150โ000 tonnellate annue di alluminio di prima qualitร , venduto a clienti come la Ferrari.
La multinazionale americana Alcoa se nโera andata nel 2012, puntando su un nuovo stabilimento in Arabia Saudita. Seguรฌ un periodo di lotte e di vuoto, apparentemente colmato nel 2018 dallโarrivo di Giuseppe Mannina, presunto Messia giunto dal Ticino.
Lโimprenditore aveva proposto allโallora ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda di far ripartire una produzione giudicata strategica. La sua Sider Alloys, societร di trading senza storia produttiva, prese cosรฌ possesso dellโimpianto per 1 euro simbolico.
La promessa: reintegrare gli oltre 400 operai e portare avanti un piano industriale da 150 milioni di euro, tra fondi propri, finanziamenti pubblici, prestiti a tasso agevolato e una dote di 20 milioni lasciata dallโAlcoa. In realtร , รจ stato fatto poco. Se non smantellare il cuore dello stabilimento, ossia la sala elettrolisi per la produzione di alluminio primario. Oggi qui lavorano meno di 80 persone, sempre piรน arrabbiate dai ritardi nel pagamento degli stipendi e del mancato versamento della tredicesima. Proprio il giorno del nostro arrivo, Giuseppe Mannina si รจ presentato in fabbrica per raccontare ai lavoratori che le banche dovrebbero concedergli nuovi crediti: a suo dire servirebbero altri 200 milioni per rilanciare la produzione. Ma nessuno, qui nel profondo Sulcis, ci crede piรน.
Il personale della Sider Alloys non crede piรน alle promesse della proprietร svizzera.
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โLโAlcoa ha lasciato un impianto pronto a ripartire che invece รจ stato da subito smantellato. Sider Alloys in sette anni non ha fatto nulla se non prendersi i soldi. ร ora di dire basta: la societร non รจ piรน credibile e se ne deve andareโ. Roberto Forresu, segretario regionale della FIOM, non usa mezzi termini di fronte allโoperato dellโazienda di Lugano. Il sindacalista รจ una memoria storica del polo industriale del Sulcis, creato dallโente pubblico nel 1960 e che รจ arrivato ad impiegare fino a 12โ000 persone. Oggi sono meno di 2โ000.
La vertenza Sider Alloys ha ormai preso una dimensione nazionale. Anche perchรฉ lo Stato, attraverso lโAgenzia nazionale per lo sviluppo dโimpresa, detiene il 20% della fabbrica: โLo Stato รจ complice, non essendo stato in grado di controllare lo scempio che ci ha portato allโattuale disastrosa situazioneโ. Il ministro Adolfo Urso ha convocato un tavolo di crisi per il prossimo 30 gennaio. Contattata, Sider Alloys non ha risposto alle nostre domande.
Glencore lascia a casa 1.200 persone
Qui nel sud-ovest della Sardegna vi รจ unโaltra accesa vertenza che porta in Svizzera. ร quella che riguarda la Portovesme SRL, dal 1999 di proprietร della multinazionale elvetica Glencore.
Arriviamo davanti al gigantesco stabilimento dove tira aria di smobilitazione. Fino a poco tempo fa qui si producevano piombo e zinco, un tempo estratti dalle vicine miniere. Dopo la chiusura della linea piombo, nel 2023, lo scorso dicembre รจ toccato a quella dello zinco. Un colpo durissimo per gli operai, soprattutto per Patrizio Cancedda: โNel 1985 sono stato io ad accendere la sala celle ed รจ toccato a me, lo scorso dicembre, spegnere definitivamente lโimpianto. Mi sono messo a piangere, pensando ai ricordi e al danno che ciรฒ creerร per tutti noiโ. Contattata, Glencore ci fa sapere che la ragione della chiusura โรจ dovuta agli alti costi dellโenergia e alle difficili condizioni di mercatoโ. Il gruppo delocalizzerร la produzione in Germania e in Spagna.
Delle promesse rimaste tali.
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Lโimpatto sul tessuto socio-economico di una regione giร in crisi sarร devastante: lo zinco impiegava 1โ200 persone, tra diretti e indiretti. Gli operai si sentono traditi: โNon abbiamo piรน fiducia nรฉ in Glencore, che non ha mantenuto le sue promesse, nรฉ in un Governo che non รจ stato in grado di dare risposte sul tema energeticoโ ci dice Marco Roccasalva, un chimico a cui in questi giorni tocca lโinfausto compito di dismettere lโimpianto. Un tavolo di crisi รจ stato convocato a Roma il 5 febbraio.
Una parte del sito รจ ancora operativa: sono i due forni in cui vengono bruciati i fumi dโacciaieria provenienti dal resto dโItalia e dal mondo. Da questo processo si ricava lโossido di zinco, che in precedenza veniva reimpiegato nel ciclo produttivo e che ora verrร messo sul mercato. Gli scarti continueranno invece a finire in una vicina discarica. Oggi, la fabbrica รจ di fatto un enorme e redditizio inceneritore di scarti industriali. Con il rischio che tra quei residui ci finisca anche materiale radioattivo. Come quello che nel maggio 2024 รจ stato rinviato in Lombardia dal prefetto di Cagliari dopo la rivelazione di tenori di cesio-137 sopra la norma.
Un controverso progetto di riciclaggio batterie
Allโombra delle ciminiere del Sulcis vi รจ una parola ormai sulla bocca di tutti: Black Mass, la massa nera delle scorie da batteria. Glencore vuole trasformare il sito di Portovesme in un centro mondiale del riciclaggio di batterie che, una volta triturate, permetterร di ricavare nuove materie prime. Secondo la multinazionale, il sito diverrebbe โla piรน grande fonte di litio riciclato di qualitร per batterie e di nichel e cobalto riciclati in Europaโ.
Il progetto non suscita perรฒ particolari entusiasmi. Lโimpatto sullโimpiego sarebbe minimo, a fronte di molti rischi ambientali: โDietro una facciata di modernitร tecnologica e di economia circolare, temo unโulteriore violenza ambientale e sociale contro un territorio abbandonato da tempo a un destino di disoccupazione e spopolamentoโ, ci dice Ignazio Atzori, sindaco di Portoscuso, a cui fa capo il polo industriale.
Aztori ci accoglie in Municipio e ci mostra su una mappa lโampiezza del polo industriale e la sua vicinanza con lโabitato. Il primo cittadino รจ giunto qui nel 1976 come medico condotto e negli anni ha potuto toccare con mano i danni causati dallโindustria alla salute e a un territorio dichiarato zona โad alto rischio di crisi ambientaleโ. Il Comune ha cosรฌ bocciato il progetto e chiesto, come la Regione, che esso venga sottoposto a una valutazione dโimpatto ambientale. Ma Glencore ha il sostegno del Governo nazionale che sta cercando di aggirare lโautonomia della Sardegna attraverso un apposito decreto legge per evitare โlโeccessiva burocraziaโ.
Gli animi si scaldano
Il 17 gennaio il ministro Adolfo Urso ha convocato a Roma le istituzioni regionali per affrontare le problematiche dellโindustria del Sulcis. A Portoscuso, in mattinata, i sindacati locali hanno convocato unโassemblea dei lavoratori per fare il punto sulle crisi nelle diverse fabbriche. Ci siamo stati anche noi. Oltre ai casi Glencore e Sider Alloys vi รจ lo spauracchio che la dismissione prevista della centrale a carbone Enel possa creare nuovi problemi occupazionali.
I volti sono scuri allโassemblea dei lavoratori.
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ร lโeterno conflitto presente nelle periferie delle periferie: quello del ricatto tra il lavoro, la salute e lโambiente. Alle 8 del mattino la sala รจ piena di circa 200 lavoratori, perlopiรน sopra i 50 anni. I volti sono segnati, i toni accesi, la rabbia รจ grande di fronte allโoperato di chi come Glencore, dopo aver spremuto il territorio come un limone, delocalizza a favore di un maggior guadagno. Lโindignazione sale quando si accenna a Sider Alloys, la cui incapacitร industriale รจ ormai accertata agli occhi dei presenti. La palla va ora alla politica che, oltre a trovare nuovi investitori, dovrebbe comprendere le cause che hanno determinato lโattuale emergenza. A partire dallโinesistenza di un chiaro piano industriale ed energetico per il paese.
Lasciamo il Sulcis sotto una pioggia che rende tutto ancora piรน triste. Lungo la strada il levantazzo spinge le numerose pale eoliche spuntate in questi anni. Una domanda sorge spontanea: รจ vera transizione energetica, oppure si tratta dellโennesima speculazione di cui รจ vittima questa terra sfruttata?
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