Si torna a parlare di Rai e di par condicio, ma a finire nell’occhio del ciclone non sarebbe un telegiornale o il conduttore di un talk show: questa volta si tratterebbe degli algoritmi di intelligenza artificiale e del loro ruolo nei suggerimenti forniti ai lettori dei siti dell’azienda. In un documento interno trapelato nella mattinata di lunedì 27 gennaio e citato da Repubblica, si apprende che l’Agcom (l’Autorità garante per le comunicazioni) ha puntato i riflettori sul funzionamento di alcune piattaforme Rai: il sito Rainews.it, la piattaforma Raiplay.it, che ne organizza i contenuti, e Raiplaysound.it, che riversa in rete le trasmissioni radiofoniche e i podcast. La base del lavoro dell’authority è l’European Media Freedom Act e il fatto che l’azienda editoriale di viale Mazzini sia pubblica, e tenuta, quindi, a rispettare la più rigorosa imparzialità.
Cosa c’è scritto nel documento interno di Agcom
Doverosa premessa. Al momento si lavora sul campo delle ipotesi e l’Autorità non ha aperto nessuna istruttoria. La possibilità, però, che si verifichino (o si stiano verificando) violazioni in tal senso è presa in seria considerazione e contenuta in un documento interno redatto dalla Direzione servizi media e tutela dei diritti fondamentali. Che contiene un livello di dettaglio tale da non lasciare adito a dubbi.
“L’algoritmo – si legge nel documento interno di Agcom – se da un lato amplifica le preferenze dell’utente, dall’altro rischia di determinare una visione parziale costituita dalle cosiddette ‘echo chambers’ basate sulle preferenze rilevate, con conseguente distorsione dell’informazione”. E ancora: “Al fine di garantire una informazione pluralista la vigilanza sull’algoritmo utilizzato deve essere finalizzata a verificare che i contenuti proposti non siano esclusivamente basati sulla memoria dei precedenti accessi al servizio – prosegue il testo – e a verificare che l’algoritmo che dispone l’ordine e la prioritizzazione dei contenuti di servizio pubblico offerti sia basato su criteri non esclusivamente condizionati dalle esperienze precedentemente fatte dall’utente“.
La Rai al momento non esprime una posizione sulla vicenda. Dall’azienda fanno sapere che per ora si tratta di indiscrezioni e che non è arrivata nessuna comunicazione in merito da parte di AgCom.
La politica e l’algoritmo
La preoccupazione dei tecnici riguarda principalmente il sistema di profilazione, molto simile a quello utilizzato dagli algoritmi dei social network e da quelli dei motori di ricerca per proporre offerte commerciali in linea con le ricerche e con le pagine visitate. Il problema nascerebbe quando la parola cercata è un leader politico o un partito, perché l’algoritmo tratta quel tipo di ricerca esattamente come tratta tutte le altre. Morale della favola: chi cerca “Giorgia Meloni” perché vuole approfondire una notizia che la riguarda, rischia di trovare tra i suggerimenti futuri contenuti che riguardano la stessa premier, a discapito delle altre voci. Un’eventualità che potrebbe essere scongiurata escludendo la politica dal sistema di profilazione o modificando alcuni parametri dell’algoritmo, in modo da garantire il pluralismo anche sulle piattaforme digitali. E questo, probabilmente, verrà richiesto se il fascicolo dovesse essere effettivamente aperto.
Capitanio: “Ad oggi non ravvisiamo criticità”
“Mi sembra opportuno precisare – afferma a Wired Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, contattato per una verifica – che non vi sia ad oggi alcuna specifica criticità ravvisata dall’Autorità nelle modalità attraverso il quale la Rai propone i propri contenuti sulle proprie piattaforme online”. “Mesi fa – spiega Capitanio – gli uffici hanno elaborato un documento a uso interno per analizzare, tra l’altro, i possibili impatti sulla regolamentazione derivanti dal regolamento Emfa [European Media Freedom Act, ndr]”. Questo sarebbe il documento trapelato. L’Emfa è “la nuova normativa europea che entrerà in vigore nei prossimi mesi e agguirnerà il Testo unico dei servizi di media alla luce del nuovo contesto sociale e tecnologico”. Una normativa che, tra l’altro, “mira a rafforzare anche la libertà dei media e il loro pluralismo, principi tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”. Da qui, argomente, la necessità per l’Authority di tenersi pronta.
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