Il costo globale dell’impegno militare italiano in Ucraina rimane avvolto nel mistero. Nonostante le stime ufficiali indichino una spesa di circa 3 miliardi di euro per l’invio di armi, l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane (Milx) denuncia l’esistenza di costi “nascosti”, non contabilizzati chiaramente, che porterebbero il totale a superare i 3 miliardi. Una situazione che solleva interrogativi sulle reali implicazioni economiche del coinvolgimento italiano nel conflitto.
A questi 3 miliardi si aggiunge un contributo di circa 1,4 miliardi destinato all’European Peace Facility, strumento promosso dall’Unione Europea per il sostegno alla difesa in contesti di crisi. Ma il dato più significativo, secondo Milx, riguarda le spese per il ripianamento delle scorte militari, nascoste nei programmi di riarmo nazionali.
I costi diretti e indiretti
Tra le spese documentate troviamo i 14,5 milioni per munizioni di artiglieria, inseriti nel Decreto Lavoro del 2023. Tuttavia, il resto delle spese non è altrettanto trasparente. Il Servizio Bilancio del Senato aveva già sollevato il problema a gennaio 2024, in occasione del rinnovo dell’invio di armi all’Ucraina, chiedendo chiarimenti sui maggiori fabbisogni legati alla sostituzione dei beni ceduti. La Corte dei Conti ha espresso osservazioni simili, mettendo in discussione la reale “neutralità finanziaria” delle operazioni.
Milx ha identificato alcune voci principali:
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- Missili antiaerei e lanciamissili MBDA Italia: 808 milioni per sostituire i vecchi Stinger americani inviati all’Ucraina.
- Missili anticarro Spike: un primo decreto da 51 milioni e un secondo da 92 milioni (ad aprile 2024, attualmente sospeso) per rimpiazzare le scorte inviate.
- Obici semoventi RCH 155: 1,8 miliardi per sostituire gli FH 70 e i M109 ceduti a Kiev.
- Batterie missilistiche Samp/T di nuova generazione: 500 milioni ciascuna, con missili Aster 30 dal costo unitario di 2 milioni. In Ucraina sono state già trasferite due delle cinque batterie attualmente in dotazione all’esercito italiano.
L’aumento dei costi nel Documento Programmatico Pluriennale
Il Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) della Difesa evidenzia un incremento notevole dei costi legati alla difesa. Nel 2021, il programma di rinnovamento e potenziamento della capacità nazionale di difesa aerea e missilistica prevedeva un costo complessivo di 3 miliardi. Nel 2023, l’onere è salito a 4 miliardi, raggiungendo i 4,29 miliardi nel Dpp 2024, con un incremento del 43% in soli tre anni. A questo si aggiunge l’ammodernamento delle batterie SkyGuard con missili Aspide, i cui costi sono aumentati da 795 milioni nel 2021 a 981 milioni nel 2024.
Quanto dipende dall’Ucraina?
La vera questione sollevata da Milx riguarda l’impossibilità di distinguere quanto di questo aumento dei costi sia dovuto al supporto militare all’Ucraina e quanto sia invece legato a esigenze interne di rinnovamento delle forze armate. La mancanza di trasparenza rende difficile comprendere se il governo stia sottovalutando deliberatamente l’impatto economico delle operazioni o se semplicemente non ci sia un controllo adeguato sulle spese.
L’impegno italiano in Ucraina, mentre può rispondere a un dovere di solidarietà internazionale, pone interrogativi significativi sul piano economico e politico. La mancanza di chiarezza sui costi reali, sommata all’aumento sproporzionato delle spese militari, solleva dubbi sulla gestione complessiva della difesa nazionale. Sarebbe opportuno che il Governo fornisse una rendicontazione dettagliata, chiarendo quanto effettivamente legato all’Ucraina e quali siano le ricadute sulle finanze pubbliche italiane. Senza trasparenza, il rischio è che queste spese rimangano invisibili agli occhi dell’opinione pubblica, ma con un peso sempre più evidente sui conti dello Stato.
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