“Tutti devono uscire… sennò me li faccio nemici capitali… quelli di mio fratello… Tutti, tutti, tutti devono scendere sennò qua devono solo passeggiare, quando vengono che gli brucio pure le macchine … anzi le macchine no … brucio a loro che le macchine non le pagano… giusto?”. A parlare è Antonio Paparo, imprenditore e soprattutto uno degli uomini di fiducia del boss Cosimo Damiano Gallace. A “dovere uscire”, invece, nell’ottobre 2021 erano i voti per Nicola Parretta, il sindaco di Badolato finito oggi ai domiciliari per scambio elettorale politico-mafioso, nell’ambito dell’operazione dei Ros coordinata dalla Dda di Catanzaro, diretta dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla e dall’aggiunto Giancarlo Novelli che hanno chiesto e ottenuto dal gip Sara Merlini l’arresto di 44 persone: 29 ai domiciliari e 15 in carcere. Tra questi c’era Paparo che “si attivava nella corsa elettorale del Comune di Badolato dell’ottobre 2021, interessandosi alla formazione delle liste”. Per i pm, è lui l’esponente ‘della cosca Gallace che “addiveniva a patti illeciti” con la politica. E in particolare con Parretta, rieletto nel 2021 alla guida dell’amministrazione comunale di Badolato dove, già alla fine degli anni 70, era stato il primo e il più giovane sindaco del Pci.
Prima delle ultime elezioni, il sindaco saliva sull’auto del Paparo con cui si incontrava regolarmente. Dietro di loro c’erano i carabinieri che annotavano tutto e nella relazione di servizio si legge che i due indagati “si spostavano nel centro abitato di Badolato Marina”. Il perché si comprende dalle parole del sindaco: “Così almeno ci facciamo vedere un po’ in giro… incontriamo a… qualche persona… è importante anche questo”. Dall’inchiesta non è chiaro chi dei due sfoggiava l’altro per i propri scopi portandolo a passeggio come se fosse un santino. Di certo Parretta è indagato anche per concorso esterno con la ‘ndrangheta. Per il gip, in realtà, i vantaggi della sua azione politica “ricadono unicamente sul Paparo e sui membri della sua famiglia senza alcuna utilità mediata o immediata per la cosca”.
I magistrati della Dda, però, insistono e sono comunque impietosi con il politico. Nel capo di imputazione, i sostituti procuratori Paolo Sirleo e Debora Rizza scrivono: “Quale sindaco del Comune di Badolato, lista ‘Vivi Badolato’, Parretta forniva un contributo concreto, specifico, e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione mafiosa, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa”. In sostanza, per i pm, il sindaco si è posto “a disposizione” e lo avrebbe fatto “assicurando ai referenti del sodalizio mafioso (…) le condizioni per esercitare la loro influenza nelle funzioni amministrative del Comune di Badolato”.
Al centro degli appetiti della ‘ndrangheta c’erano “i fondi pubblici che sarebbero pervenuti nei successivi 10 anni all’ente”. Denaro che avrebbe “potuto portare direttamente benefici economici al Paparo e alle società di cui è di fatto ‘dominus’”. In cambio Parretta, oltre ai voti, “chiedeva e otteneva dal Paparo – si legge nell’ordinanza – il proprio appoggio ‘mafioso’ per la risoluzione di controversie che lo riguardavano”. Il sindaco arrestato, quindi, “accettava la candidatura nella propria lista elettorale di Maicol Paparo (anch’egli ai domiciliari, ndr), figlio di Antonio Paparo, poi eletto consigliere comunale di maggioranza con deleghe a ‘Bilancio, Tributi, Attuazione programmatica, Sistemi informatici’ e nominato ‘presidente del Consiglio comunale”.
Non solo: Parretta “accettava, su proposta di Antonio Paparo, prima la candidatura nella propria lista elettorale di Antonella Giannini (anche lei ai domiciliari, ndr), moglie di Giuseppe Fiorenza (ai domiciliari, ndr), e poi la nomina della stessa ad assessore esterno, così come a lui imposto dal Paparo”. Quest’ultimo, attraverso il figlio e l’assessore, aveva “il pieno controllo dell’apparato amministrativo ed economico dell’ente”. E se suo fratello Angelo (ai domiciliari per aver aiutato l’ex latitante Cosimo Damiano Gallace) aveva la necessità di fare assumere a tempo indeterminato un’agente della polizia municipale, ecco, quindi che a prodigarsi per l’assunzione sarebbe stato sempre il sindaco Parretta che, per essere eletto, ha dovuto superare l’ostacolo del quorum. Lo ha fatto con una lista civetta guidata da Ernesto Maria Menniti per il quale sono stati disposti i domiciliari. La scarsa affluenza, che si è fermata al 33%, avrebbe invalidato le elezioni amministrative senza la candidatura dell’indagato Menniti che, con appena 86 voti contro i 1007 di Parretta, è stato così nominato vicesindaco. Anche in questo caso, il regista dell’operazione è stato Antonio Paparo che, prima delle elezioni, ha affermato: “Non mi era successo mai di vincere prima, prima che si voti!… grazie a questi amici”.
L’inchiesta del Ros ha praticamente decimato il Comune dove è stato arrestato ai domiciliari anche l’assessore Andrea Bressi detto “u Mulinaru”. In cambio della disponibilità a candidarsi, Bressi era stato chiaro: “Lo sai cosa pretendo adesso?… qualcosa di alto… vedete voi… datemi una mano”. Una richiesta formulata non al sindaco ma a Paparo. E così a Bressi è stata data la delega all’agricoltura, patrimonio boschivo, verde pubblico, interventi manutentivi, cimitero, gestione raccolta e smaltimento rifiuti, servizio idrico e fognario.
Residente da tempo a Roma, Nicola Parretta era primo cittadino solo sulla carta. Dalle indagini è emerso che il vero sindaco di Badolato era Antonio Paparo. Nelle carte c’è un’intercettazione che fornisce l’immagine plastica di come funzionavano le cose nel piccolo borgo al confine tra la provincia di Catanzaro e quella di Reggio Calabria. È sempre Antonio Paparo che si riferisce dei politici eletti grazie ai suoi voti: “Li prendo a calci nella pancia a tutti. – sono le sue parole – e ti dico una cosa, di me hanno paura, lo hai capito che hanno paura”. E ancora: “Lo cazzio sempre per questo” diceva l’indagato lamentandosi che Parretta affidava i lavori alla ditta di Giocondo Frascà (non indagato, ndr): “Giocondo è stato contro di noi … ma ora devono fare quello che vogliamo noi”. Pure quando il sindaco Parretta ha conferito l’incarico di collaborazione, a titolo volontario e gratuito, all’avvocato Antonio Nisticò (non indagato), il grande elettore della ‘ndrangheta aveva da ridire: “Nisticò là non deve entrare nel Comune. Non deve entrare… gli stacco la testa a Cola (il sindaco, ndr)… se vogliono nominano a Peppe… vi prendo a calci nella pancia”.
“Va evidenziato – si legge nell’ordinanza – come in tutte le occasioni in cui il sindaco da Roma si recava a Badolato per adempiere agli impegni istituzionali, non delegabili al vicesindaco in quanto importanti o improcrastinabili, il Paparo avesse preso parte a tutti gli incontri informali che il Parretta organizzava con il proprio ‘entourage’”.
Disponendo gli arresti domiciliari per il sindaco e gli assessori, il gip Merlini riconosce “la gravità indiziaria” del reato contestato di scambio elettorale politico-mafioso: “Si ritiene concreto e attuale il pericolo di recidiva, – scrive il giudice – lo stesso desumendosi dalle modalità della condotta nonché dall’allarmante contesto criminale in cui è maturata, tenuto conto dell’articolato disegno criminoso architettato, della riscontrata vicinanza a soggetti di elevato spessore criminale e della pervicacia e assenza di scrupoli dimostrata nella vendita della res pubblica”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link