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Amerigo Dumini, chi era l’uomo che ha ucciso Giacomo Matteotti: l’adesione alla Ceka fascista, il pestaggio di Cesare Forti e i ricatti a Mussolini


Siamo giunti alla fine della prima stagione di M – Il figlio del secolo. Gli ultimi due episodi si concentrano sull’omicidio di Giacomo Matteotti e sul celebre discorso in Parlamento in cui Mussolini si assunse la responsabilità morale del crimine, segnando l’inizio di due decenni di una dittatura cruenta. 

 

Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario e oppositore del fascismo, viene sequestrato e brutalmente ucciso dalla Ceka fascista, la polizia segreta voluta da Benito Mussolini. A capo di questa spedizione, Amerigo Dumini, che si era già reso protagonista del pestaggio nei confronti del fascista dissidente Cesare Forti.

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Amerigo Dumini nasce negli Stati Uniti da padre fiorentino nel 1984, ma rientra in italia nel 1913 dove si arruola volontario nel Regio Esercito, rinunciando in questo modo alla cittadinanza statunitense. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, passa subito al fronte, ma il 29 ottobre 1918, pochi giorni prima della fine della guerra, viene ferito e, per questo motivo, decorato della medaglia d’argento al Valor Militare

La sua adesione al fascismo nasce da un episodio che narra nella sua biografia, dove racconta di essere stato aggredito, nel marzo 1919, da un gruppo di attivisti di sinistra. Questo momento porta a Dumini la motivazione di partecipare nell’ottobre 1919 all’apertura della prima sede dei Fasci italiani di combattimento

In quegli anni, uccide, in concorso con altri, il socialista Renato Lazzeri e sequestra il parlamentare repubblicano Ulderico Mazzolani, costringendolo a bere olio di ricino.

Nel 1921 è a capo, insieme a Umberto Banchelli, alla spedizione, con 500 fascisti toscani, per liberare Renato Ricci e altri camerati detenuti nella Fortezza Firmafede. Vengono accolti alla stazione di Sarzana un manipolo di soldati carabinieri e da alcuni esponenti degli Arditi del Popolo, che mettono in fuga i fascisti. Questi fatti rappresentano uno dei pochi tentativi di resistenza armata all’ascesa del fascismo in Italia.

La Ceka fascista e l’aggressione a Cesare Forti

Nel 1924 entra nella Ceka del Viminale, il gruppo di polizia segreta voluta da Benito Mussolini che prende il nome del primo servizio segreto sovietico. La squadra rispondeva agli ordini della direzione del PNF ed era finanziata dall’ufficio stampa della presidenza del consiglio. La prima azione significativa è l’aggressione al fascista dissidente Cesare Forti, l’uomo che si ribellò al duce, aggredito alla stazione centrale di Milano il 12 marzo 1924.

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L’omicidio di Giacomo Matteotti

Il 10 giugno dello stesso anno, Amerigo Dumini, insieme a Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, mette in atto il sequestro del segretario del Partito Socialista Unitario, Giacomo Matteotti. Il politico, apertamente antifascista, aveva denunciato in camera il clima di illegalità e violenze operati dal Partito Fascista durante le elezioni politiche del 1924. Matteotti viene ucciso dalla squadra capeggiata da Dumini, con due pugnalate sotto l’ascella e al torace.

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Il 12 giugno 1924, Dumini viene fermato a Roma Termini e arrestato, mentre stava per partire per il nord italia. Nella valigia che traportava, erano presenti tutti i documenti insanguinati appartenuti al deputato socialista

Il ricatto a Mussolini

Dopo l’uscita da prigione, inizia a ricattare i membri del partito per cercare di ottenere premi, ricompense e il pagamento delle spese processuali. Si presenta alla presidenza del consiglio per parlare con Mussolini, “sono qui per lavarmi dal sangue di Matteotti“. Viene, per questo, condannato a quattordici mesi per oltraggio a Mussolini e porto abusivo d’armi. Dal 1927 al 1933 viene arrestato più volte, l’ultima per aver consegnato a dei notai texani un manoscritto con la verità sul delitto Matteotti. Questo ricatto lo porta a ottenere la libertà, e un indennizzo di cinquantamila lire.

La seconda guerra mondiale

Quando scoppia la seconda guerra mondiale, Dumini è in Africa dove nel 1941 i britannici lo condannano a morte come spia. Condannato alla fucilazione, riesce comunque a fuggire e tornare in Italia, dove viene accolto da Benito Mussolini che gli concede un altro assegno mensile.

Nel 1944 inizia ad acquistare le armi e le munizione che gli alleati paracadutavano ai partigiani, per poi cederle alle autorità fasciste. Alla fine della guerra, sotto falsa identità, inizia a lavorare per gli alleati, come autista e interprete. Ma il 18 giugno 1945 viene arrestato a Piacenza e viene riaperto, nei suoi confronti, un ulteriore processo per il delitto Matteotti. Viene condannato all’ergastolo, commutato in 30 anni di reclusione per via dell’amnistia Togliatti.

Gli ultimi anni di vita

Dumini viene liberato nel 1956, quando si iscrive al Movimento Sociale Italiano, senza però entrare direttamente in politica. Muore a Roma il giorno di Natale del 1967, a 73 anni, dopo 19 giorni di degenza all’ospedale di San Camillo.

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