Nel suo primo giorno da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha promesso “cose che sconvolgeranno tutti”. Tra tutte le dichiarazioni che ha fatto nei primi giorni alla Casa Bianca, questa potrebbe essere la più sincera. A prescindere dalle cose fatte e promesse in campagna elettorale, Trump è riuscito a sconvolgere tutti per il modo in cui sta mettendo alla prova le regole democratiche e sta cercando di avere un potere che sfida il sistema giudiziario, il congresso e i limiti etici a cui dovevano sottostare i presidenti in passato.
Trump ha graziato più di 1.500 persone arrestate per aver assaltato il congresso nel gennaio 2021, comprese alcune delle più violente. Mosso dall’insofferenza e dal desiderio di punire chi non è leale nei suoi confronti, ha tolto la protezione a ex consiglieri governativi che hanno ricevuto credibili minacce di morte. Ignorando una legge approvata dal congresso con il sostegno di entrambi i partiti e confermata dalla corte suprema, ha permesso al social network TikTok di proprietà di un’azienda cinese, di continuare a funzionare negli Stati Uniti nonostante le preoccupazioni per la sicurezza nazionale.
Non contento di eliminare i programmi per garantire la diversità, l’uguaglianza e l’inclusione nel governo, ha ordinato ai funzionari di denunciare chiunque sia sospettato di non seguire la sua linea, minacciando “serie ripercussioni”. Con una decisione presa nella notte del 24 gennaio, ha licenziato almeno dodici ispettori generali, cioè i funzionari che indagano sulla corruzione e sugli abusi nei ministeri, ignorando una legge che obbliga il presidente a informare il congresso con trenta giorni di anticipo e a fornire motivi ragionevoli per un simile provvedimento. Trump mostra così di essere disposto e determinato a forzare i limiti della sua autorità e la tenuta delle istituzioni, a sfidare la solidità di un sistema che ha 250 anni e a mettere alla prova il livello di sopportazione di alcuni dei suoi alleati.
Secondo Brendan Nyhan, docente al Dartmouth college, in New Hampshire, “alcuni provvedimenti saranno bloccati dai tribunali, ma il livello di obbedienza preventiva a cui stiamo assistendo di imprenditori, università e mezzi d’informazione è qualcosa di mai visto”. Non tutte le decisioni più estreme prese finora da Trump violano gli standard presidenziali. Ed è normale che ci siano bruschi cambiamenti politici quando si alternano al potere due presidenti di partiti diversi. Ma Trump è particolarmente aggressivo nel tentativo di invertire la rotta del paese, a livello politico e ideologico.
Alcuni ordini esecutivi – come quelli per espellere gli immigrati irregolari, per uscire dall’accordo di Parigi sul clima o per licenziare funzionari legati al partito rivale – rientrano nelle prerogative presidenziali, ma in ognuno di questi casi Trump ha fatto un passo in più.
“Il tema centrale di queste prime settimane è stato il desiderio di vendetta, mentre gli altri presidenti in passato hanno sempre usato la cerimonia d’insediamento per invocare l’unità nazionale e concentrarsi sul futuro”, spiega Lindsay M. Chervinsky, direttore della George Washington presidential library e autrice di diversi saggi sulla presidenza. “Può sembrare solo una consuetudine, ma in realtà è un comportamento fondamentale per la sopravvivenza della repubblica”.
Trump non ha mai accettato l’idea di doversi comportare in un certo modo solo perché gli altri presidenti prima di lui lo hanno fatto. Durante il suo primo mandato (2017-2021) è rimasto spesso sconcertato dal funzionamento delle istituzioni e dal fatto di non potersi imporre per realizzare i suoi obiettivi. Rispetto a otto anni fa, Trump oggi è più preparato e più deciso ad abbattere ogni ostacolo creato da quello che chiama lo “stato profondo”.
Se in passato alcuni consiglieri esperti lo avevano convinto a lasciar perdere decisioni discutibili, oggi Trump è circondato da persone più asservite che condividono la sua volontà di distruggere il sistema. Sostenendo di voler modificare le norme sullo ius sol i, che oggi concedono la cittadinanza statunitense a chiunque nasca nel paese, Trump ha deciso di modificare un’interpretazione del quattordicesimo emendamento della costituzione in vigore da più un secolo. Sono passati solo tre giorni perché un giudice federale intervenisse per bloccare temporaneamente il decreto di Trump, definendolo “palesemente incostituzionale”. Ma la vicenda arriverà sicuramente davanti alla corte suprema. Mentre altri presidenti hanno evitato ogni accusa di conflitto d’interessi affidando i loro patrimoni a un blind trust o lasciando la guida delle loro aziende dopo aver vinto le elezioni, Trump ha sfruttato la sua celebrità politica per guadagnare cifre enormi, in uno schema che potrebbe potenzialmente essere alimentato da investitori direttamente interessati alle decisioni del governo. Tre giorni prima di entrare alla Casa Bianca, ha lanciato una nuova criptovaluta chiamata $Trump, che insieme ad altri titoli controllati dalla sua famiglia ha raggiunto sulla carta dieci miliardi di dollari. Questi token potrebbero incentivare aziende e operatori finanziari, statunitensi o stranieri, a provare a entrare nelle grazie della nuova amministrazione.
In meno di una settimana ha stravolto i termini del dibattito nazionale
In passato i presidenti potevano contare sull’appoggio di ricchi finanziatori che in cambio chiedevano accesso allo studio ovale. Ma Trump si è spinto oltre, circondandosi di miliardari durante la cerimonia d’insediamento e chiedendo a Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, di risanare un governo federale che assegna contratti da miliardi di dollari proprio alle aziende del proprietario di Starlink.
In politica estera Trump sembra voler rivendicare il diritto di ridisegnare la mappa del mondo. Ha deciso in modo unilaterale che il golfo del Messico si chiamerà golfo d’America, ha parlato della possibilità che il Canada diventi il cinquantunesimo stato degli Stati Uniti e ha fatto capire di essere disposto a usare la forza per prendere il controllo della Groenlandia e del Canale di Panamá.
A differenza del programma di espulsioni e dei dazi commerciali, nessuno di questi temi era stato affrontato in campagna elettorale “Questa politica imperialista non era stata annunciata prima delle elezioni, quindi è una sfida alle norme democratiche”, spiega Timothy Naftali, storico della presidenza dalla Columbia university.
Naftali, ex direttore della Richard Nixon presidential library, sostiene che in meno di una settimana Trump ha stravolto i termini del dibattito nazionale più di quanto abbia fatto qualsiasi presidente nella storia del paese. “Parte dei suoi decreti non avranno conseguenze concrete, ma è innegabile che il clima politico e culturale sia cambiato profondamente”, spiega Naftali.
Quando si pensa ai presidenti che hanno cercato di superare i limiti del loro potere viene subito in mente Nixon. Ma gli alleati di Trump sostengono che esista un precedente molto vicino: quello di Joe Biden, il presidente che a parole ha difeso le norme e le tradizioni mentre nei fatti ha cercato di ampliare la propria autorità. Negli ultimi giorni da presidente Biden ha concesso la grazia preventiva a cinque suoi familiari e ad alcuni funzionari di governo, una decisione senza precedenti che ha presentato come una misura precauzionale per evitare vendette politiche. È vero che Trump in passato ha minacciato quelle persone, ma perfino alcuni politici del Partito democratico hanno criticato i provvedimenti di grazia, sostenendo che fossero un pericolosissimo precedente e un atto egoistico.
“Biden ha esteso i poteri presidenziali in molti campi – dagli ordini esecutivi alla gestione della sicurezza alla frontiera fino alla grazia per i suoi familiari – introducendo politiche che nella maggior parte dei casi non avevano il sostegno degli elettori”, sottolinea Victor Davis Hanson, studioso della Stanford’s Hoover institution. In questo modo “ha paradossalmente legittimato Trump a fare lo stesso, ma con politiche che potrebbero avere il sostegno dell’opinione pubblica”. Per la verità non tutte le decisioni di Trump sono apprezzate dalla maggioranza degli statunitensi. Un sondaggio condotto dall’Associated Press e dal Norc center for public affairs research ha rilevato una forte disapprovazione per la grazia ai rivoltosi del 6 gennaio e un sostegno limitato per la cancellazione della cittadinanza per diritto di nascita.
Anche Jonathan Madison, esperto di democrazia e governance dell’R Street institute, è convinto che Biden abbia“usato il potere esecutivo in un modo che non ha precedenti” e che “la prima settimana di Trump al potere abbia rafforzato questa nuova tendenza”. Sostiene anche che “i parlamentari di entrambi gli schieramenti sembrano poco propensi a sfidare gli eccessi del governo quando il presidente fa parte del proprio schieramento”.
Per la verità Trump finora è stato molto più efficace di Biden nel mettere a tacere il dissenso. Il modo in cui domina il suo partito non ha precedenti nella storia recente. Minacciando rappresaglie, dopo le elezioni ha costretto i repubblicani a piegarsi più volte alla sua volontà, riuscendo a far passare nomine che in passato non sarebbero mai state accettate, come quella di Pete Hegseth a segretario della difesa.
Fuori dal partito, Trump ha messo in riga i miliardari del settore tecnologico, i capi della finanza, gli amministratori delle multinazionali e i proprietari dei mezzi di comunicazione che in precedenza lo avevano criticato. Molte di quelle persone hanno versato milioni di dollari nelle casse dei suoi comitati elettorali. Non c’è traccia della resistenza che era emersa durante il primo mandato di Trump. Oggi molti progressisti e conservatori ostili al presidente sono scoraggiati o hanno paura di subire le sue rappresaglie.
Tutto questo dà a Trump il potere di determinare ogni questione in cui decida di intervenire, dalla scelta del presidente della camera alle politiche della Meta sul controllo dei contenuti. E anche la burocrazia potrebbe piegarsi ai suoi interessi, ora che ha promesso di sostituire i dipendenti statali con funzionari politici che rispondono direttamente a lui. I suoi alleati respingono le accuse sulle tendenze autoritarie del presidente. Dopotutto il ventiduesimo emendamento della costituzione, che impedisce ai presidenti di candidarsi per un terzo mandato, è ancora in vigore. Eppure la settimana scorsa Andy Ogles, parlamentare del Tennessee, ha presentato una bozza di emendamento costituzionale che consentirebbe a Trump di ricandidarsi.
L’emendamento non ha nessuna possibilità di passare, ma qualcuno ha fatto notare che Ogles è indagato per violazione delle norme sui finanziamenti elettorali. L’indagine è condotta dall’Fbi, che è supervisionato dal presidente. “Sarebbe un grande onore servire non una volta, ma due”, ha detto sabato Trump a chi lo ascoltava. “Magari anche tre”. ◆ as
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo.
Scrivici a: posta@internazionale.it
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link