Al civico 20 l’invito (accettato) da Consolo per una cena. E l’inizio di una carriera
Nel 1971, sotto questo portone di un’altezza spropositata, che ancor oggi, a guardarlo, fa immaginare che una giraffa potrebbe passarci sotto eretta e tranquilla come un’inquilina qualsiasi, senza dover neppure piegare il collo, entrò Leonardo Sciascia. Era un tardo pomeriggio. Aveva un invito a cena da parte di un suo giovane amico, come lui siciliano, che da tre anni s’era trasferito a Milano, assunto in Rai. Sciascia, in quel momento, ha già pubblicato alcuni capolavori, Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Il consiglio d’Egitto. Vincenzo Consolo invece di libri ne ha pubblicato solo uno, che ha ricevuto tanti apprezzamenti, ma non è ancora uno scrittore celebre. Ha 38 anni, dodici meno di Sciascia, e si è appena trasferito a vivere in questo bel palazzo storico, con la compagna Caterina; con Sciascia ha confidenza, ma ancora una certa reverenza. Forse è per questo che, prima di ospitarlo a cena per la prima volta, ha aspettato di avere un appartamento adeguato per riceverlo. L’indirizzo è via Volta, civico 20, a pochi passi dai bastioni.
Vincenzo e Caterina preparano «un pasto classico milanese: risotto con lo zafferano, cotoletta con purè, formaggi. Alla fine Leonardo commenta: “Non c’è niente da fare. Se io non mangio la pasta è come se non avessi mangiato”». La storia è ricordata nella Cronologia che apre il Meridiano Mondadori dedicato a Consolo, ormai entrato nel canone della letteratura del Novecento, un gigante della lingua italiana lavorata a un livello maestoso. L’introduzione di Cesare Segre si apre così: «Voglio subito enunciare un giudizio complessivo: Consolo è stato il maggior scrittore italiano della sua generazione. Il romanzo Il sorriso dell’ignoto marinaio fu una rivelazione». Ecco, Il sorriso: Consolo lo scrive quasi tutto nella casa di via Volta, e lo conclude pochi mesi prima della pubblicazione, nel 1976. Con il lavoro per quel romanzo, «Giulio Einaudi si affeziona moltissimo a Vincenzo». È l’occasione di altre cene in via Volta. Anche l’editore transita sotto il mastodontico ingresso. «Einaudi viene spesso a Milano, e in molti casi si autoinvita a cena dai Consolo, arrivando in macchina da Torino, con un minimo preavviso». Ricorderà Consolo: «Ci piombava a casa all’improvviso, si metteva a tavola con noi. Una sera sbuccia una mela, e toglie metà polpa. Caterina gli dice: “Giulio, ma che fai? Così la butti via”. “Lasciami stare, che quando eravamo ragazzi mio padre (l’economista Luigi Einaudi, ndr) ci faceva raccogliere le mele da terra e dovevamo mangiare quelle, e quelle buone bisognava venderle. Questo era l’economista! Il presidente della Repubblica!”».
Consolo aveva studiato a Milano, alla Cattolica. In piazza Sant’Ambrogio aveva assistito alla massa dei braccianti e degli zolfatari che partivano dalla sua Sicilia, e vicino alla basilica dedicata al santo Ambrogio restavano pochi giorni, giusto il tempo di essere esaminati dalle commissioni francesi e belghe, che dopo le visite li mettevano sui treni dell’emigrazione. Dopo il ritorno in Sicilia, Consolo risale a Milano in treno il primo gennaio 1968, per prendere servizio come funzionario in Rai, dopo aver vinto un concorso. Una collega, Caterina Pilenga, gli va incontro e gli dice che ha letto il suo libro, «ma qui ho scritto tutte le parole che non so, e lei me le deve spiegare!». Vincenzo e Caterina rimarranno insieme per tutta la vita; si sposeranno alla Villa Reale, con rito civile, il 10 settembre 1986. In Rai Consolo, insofferente come altri intellettuali al clima di cupa lottizzazione politica, vivrà anni non semplici, ai limiti del mobbing. Per l’uscita di Retablo, nel 1987, Leonardo Sciascia pubblica sul Corriere un tributo al nuovo romanzo di Consolo, poche righe di cristallina lucidità sulla città e sulla migrazione: «Scontrosamente emigrando dalla Sicilia e scontrosamente vivendo a Milano, per ragioni diverse (e magari tra loro in contrasto) amando e detestando la Sicilia come ama e detesta Milano, Consolo ha trovato nella regione della fantasia il modo di pacificarsi ad entrambe: all’isola delle sconfitte, alla città che non perdona sconfitte».
Nel dicembre 1995 Vincenzo e Caterina lasciano via Volta e si trasferiscono in corso Plebisciti, 9. Corrado Stajano e sua moglie Giovanna Borgese sono stati i loro amici di sempre. Consolo è morto il 21 gennaio del 2012. Stajano ha scritto: «Non ha mai tradito la sua isola. Andava per vedere un’altra volta quel che aveva nel cuore. Non lo ritrovava. Ferito tornava al Nord, a Parigi, a Madrid. E poco dopo riprendeva la strada dell’eterno viaggio, riandava in Sicilia. È morto nella Milano della sua giovinezza. Nella grande stanza foderata dai libri degli scrittori amati di laggiù. Alle pareti un dipinto con una smisurata macchia arancione, il disegno di due ragazzi di Casarsa, di Pasolini, l’Ignoto marinaio di Guttuso, incisioni secentesche, ritratti, carte geografiche dell’isola stampate all’insù e all’ingiù. Tutto qui sa di Sicilia».
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