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Le vette del gusto: viaggio tra i formaggi del Friuli Venezia Giulia


La mandria indugia, una sosta dietro l’altra. Sembra voler prendere tempo per non lasciare l’alpeggio, per concedersi con calma gli ultimi fili d’erba, le fioriture tardive. La discesa da Malga Costa Cervera verso il corso del Livenza attraversa gli abeti e i faggi della Foresta del Cansiglio, che ai toni verdi delle conifere aggiungono i gialli e i rossi del foliage.
Inizia qui il viaggio di Dove alla ricerca dei migliori caseifici del Friuli Venezia Giulia, per un itinerario d’autunno fra sapori e paesaggi.

I formaggi del Friuli Venezia Giulia

Annalisa Celant sprona il bestiame con il solo desiderio di raggiungere entro il pomeriggio la campagna di Polcenigo, nel Friuli pedemontano, a una ventina di chilometri da Pordenone. “Lascio a metà giugno il paese e torno a fine settembre o, come quest’anno, all’inizio di ottobre. Ma nonostante le fatiche non cambierei questo lavoro con nessun altro, perché rappresenta la mia stessa vita”.

Tre mesi di attività intensa e in parte di solitudine, tra l’aria fine di montagna e le pareti in pietra del caseificio, annerite dal fuoco acceso sotto il paiolo in rame per scaldare il latte. “Anche grazie ai veterinari e ai tecnici regionali ho mantenuto intatto l’ambiente, ricco di flora microbiologica, che rende unico il gusto del Çuç di Mont, il formaggio di montagna a latte crudo”, sottolinea Celant.

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Per acquisire quelle sfumature di gusto che lo rendono inconfondibile, si dovrà conservare questo prodotto per almeno 45 giorni. “Quello ottenuto a fondovalle con le stesse procedure e un’alimentazione delle bovine a base di fieno prende il nome generico di Latteria”, conclude Celant.

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Friuli Venezia Giulia, una terra di grandi cuochi

Dopo alcune ore di discesa si distingue chiaro il fragore del Livenza, in cui si specchiano le facciate delle dimore nobiliari di Polcenigo. Per ammirare le colline e le montagne vicine si può salire al Castello – in realtà villa veneta del XVIII secolo costruita sulle rovine di una fortezza medievale – percorrendo il cogolat, l’antica strada lastricata con ciottoli di fiume.

Chi è appassionato del tema può visitare il Museo dell’arte cucinaria  (per le aperture contattare il 339.10.11.702), dove sono conservati libri con ricette, utensili e fotografie che testimoniano l’abilità e la notorietà dei cuochi locali, alcuni di fama internazionale come Giovanni Fabbro e Alberto Modolo, che hanno allietato le tavole più prestigiose del mondo grazie alla ricca preparazione derivata dalla disponibilità dei sorprendenti prodotti alimentari regionali.

A partire proprio dai formaggi di malga e da quelli prodotti nelle latterie turnarie di un tempo, senza dimenticare i caprini. “Dalla fine degli anni Novanta si è cominciato a rivalutare questi formaggi anche in Friuli grazie alla loro digeribilità e all’arrivo dall’estero di razze selezionate, che producono un latte dal gusto non troppo forte”, spiega Massimo Cipolat tra un belato e l’altro nell’allevamento San Gregorio di Aviano.

Anch’egli ha contribuito alla riscossa del formaggio di capra a partire dal 2008: “Ero spinto dal desiderio di realizzare qualcosa con le mie mani”, ricorda Cipolat. Oggi il suo latte fresco e i suoi prodotti dal cuore cremoso sono piccoli capolavori che si trovano ogni giorno in vendita nello spaccio.

Dal Formàdi Salât all’Asìn

Il borghetto di Castello di Aviano è a pochi passi: una miniera di capolavori d’arte a cui dedicare qualche ora, passando dagli affreschi trecenteschi della chiesa di Santa Giuliana a quelli rinascimentali della chiesa di San Gregorio. Magari concedendosi una passeggiata nel delizioso parco di Villa Policreti, adattata ad albergo: il posto giusto dove trascorrere una o più notti alla scoperta di questo territorio del Nord-est.

A mezz’ora di automobile c’è Spilimbergo, dove si passeggia lungo i porticati per ammirare le facciate decorate degli edifici. Tra una torre e l’altra delle mura medioevali è facile meravigliarsi innanzi all’eleganza del Duomo, ricercata opera dei maestri comacini di fine Trecento.

Duomo di Spilimbergo
Il Duomo di Spilimbergo, dedicato a Santa Maria Maggiore

Si può inoltre sbirciare il lavoro meticoloso degli artigiani nella Scuola Mosaicisti del Friuli, arte sbocciata qui in epoca antica cavando le pietruzze colorate dal Tagliamento.

Ai cultori del cibo non dà meno emozione l’estrazione del Formàdi Salât dalle brente, ovvero dai tini in legno di larice: contengono la salmuerie, mistura di panna, latte e acqua salata che si tramanda di generazione in generazione, rimboccando di tanto in tanto il liquido.

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Procedura celere

“Si tratta di un antico metodo di conservazione e al tempo stesso affinamento del formaggio Latteria, per ottenere un mosaico di sapori sapidi e piccanti”, spiega Domenico Tosoni, che cura la produzione nel caseificio di famiglia. Il Latteria con pochi giorni di vita rimane in immersione per oltre tre mesi. “Negli anni Sessanta, inoltre, abbiamo iniziato a trattare in questo modo anche gli stracchini freschi”, prosegue Tosoni, “dai quali, dopo una sosta di 15 giorni nella salmuerie, si ottiene il morbido e saporito Asìn, dal nome del vicino monte Asio, goloso soprattutto se spalmato sul pane”.

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Boscaioli e casari, figure chiave in questa zona, sono rappresentati nei murales di Tramonti di Sopra, fra i borghi più interessanti di questa vallata dall’aspetto selvaggio, molto apprezzata per le camminate adatte a tutti. Qui si custodiscono le origini di un formaggio davvero speciale: il Formai dal Cit, “che prende il nome dal vaso in pietra dove si conserva”, racconta Roberto Ferraro, che nel 2008 ha rimesso in piedi l’agriturismo Borgo Titol “per crescere i figli in un luogo incontaminato e in tutta libertà”.

Ricava questo prodotto dalla macinatura di formaggi Latteria di diverse stagionature, a cui aggiunge panna e pepe. “Dopo una decina di giorni” “si crea una crema piccante che viene utilizzata come antipasto o come ripieno nei cjarsons”, i tipici ravioli friulani farciti di patate e molti altri ingredienti, dall’uvetta alla cannella, alle prugne secche.

Carnia, terra di casari

La carovana del Giro d’Italia ha affrontato più volte i tornanti che portano alla Forcella di Monte Rest, passo a 1.052 metri che collega l’Alto Pordenonese con la Carnia. Ma bisogna essere davvero preparati per affrontarlo in bici: meglio ricorrere all’auto, e ne vale la pena, perché si possono scattare belle foto al lago di Redona e alle borgate incassate tra le pareti verticali della montagna e il torrente Meduna.

Si svalica così in Carnia, una delle capitali casearie dell’arco alpino grazie alla diffusa presenza di malghe e alpeggi. A Ovaro, nell’omonima latteria, viene prodotto il Montasio dop. Sovrintende alla produzione Michela Gallo: “Per conquistare il riconoscimento della denominazione di origine protetta bisogna sottostare alla ferrea regolamentazione impartita dal Consorzio Montasio”, precisa.

“Solo così il prodotto raggiunge caratteristiche peculiari e costanti, diverse per ogni grado di stagionatura: fresco, mezzano, stagionato oppure stravecchio”, cioè di oltre 18 mesi. “Proprio il nostro stravecchio ha ricevuto il primo premio al World Cheese Awards del 2022”, sottolinea Gallo. Chi è alla ricerca di curiosità casearie trova nello spaccio anche rare forme di Montasio dop ottenuto da latte proveniente da oltre 600 metri di altitudine, intenso e profumato, al quale per legge spetta l’attributo di Prodotto di montagna (Pdm).

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Un’altra giovane donna, Patrizia Tomat, guida la produzione del Caseificio Alto But di Sutrio. La sua è una famiglia di casari dal 1930. “Ci sentiamo un po’ alchimisti, in grado di trasformare un liquido in solidi saporiti”, afferma sorridendo, “ma abbiamo anche il compito molto importante di valorizzare al meglio il latte di animali allevati al pascolo. Solo così si può impedire l’abbandono della montagna”.

Nello spaccio c’è una lunga coda di clienti: sono qui per acquistare i prodotti che danno lustro al caseificio, il Latteria di varie stagionature e, soprattutto, il Pastorùt. “Lo abbiamo lanciato pochi mesi fa ed è il nostro formaggio erborinato”, prosegue Tomat, “uno dei pochi presenti in regione, dal gusto intenso, studiato apposta per i giovani, che di solito amano i prodotti cremosi”.

Tradizioni casearie da scoprire

Alzando gli occhi verso le montagne si nota come il verde dei boschi qua e là sia interrotto da chiazze più chiare, dove si trovano i pascoli. Come quello intorno a Malga Lavareit, nel Parco Monte Terzo, a 1.470 metri di altitudine. Qui sembra di poter accarezzare la Creta di Timau e la cima Pal Grande.

In tarda mattinata il patriarca Albano Ulfe, quasi ottuagenario, sta terminando la lezione al nipote Mattia Flora, 18 anni appena compiuti: per esempio, insegna come governare il fuoco che scalda la caldaia in rame e ottenere al tempo stesso il fumo necessario alle Scuète Fumade (ricotte affumicate).

Granulose e delicate, dopo avere sgocciolato in teli di lino o juta ed essere state salate a secco vengono messe a riposare per alcuni giorni su reti metalliche a tre metri dal suolo. “Già a fine settembre i prati diventano meno rigogliosi”, raccontano nonno e nipote. “Così, quando capiamo che l’erba perenne comincia a ingiallire irreparabilmente, scendiamo a Cleulis”, il paese dove i due vivono.

Sappada e dintorni

Forse sono stati ispirati da queste trasformazioni autunnali gli artigiani locali che, nella parte più occidentale della Carnia, come a Povolaro e a Cella, costruirono deliziosi tetti in tegole verdi e ocra. L’architettura in legno e le scritte in antico bavarese connotano invece Sappada, l’antica Plodn.

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Del resto, il confine settentrionale dell’intera regione è un alternarsi di isole di cultura germanica e slava, cristallizzate nei toponimi e nel cibo. Lo racconta anche Casa Puicher s’Kottlars, museo della civiltà contadina, tipica costruzione in legno con attrezzi agricoli, stalla e fienile (plodn.info).

Protagonista dell’arte casearia locale, invece, è la Saurnschotte, “ricotta acida insaporita di dragoncello”, chiarisce Sara Piller Roner, che gestisce il caseificio Plodar Kelder. “Si consuma su fette di pane nero ed è anche necessaria per il ripieno dei Gepitschta Kròpfn, tortelloni di pasta di patate conditi con burro fuso”.

Non si può lasciare la Carnia senza fare bottino di prelibatezze. La Bottega di Sappada è un’autentica bomboniera di golosità per chi sa apprezzare formaggi di malga, salumi, infusi. “Qui si trovano tutti i prodotti del borgo e dintorni”, commenta il proprietario Massimo Casciaro. Difficile scegliere: si indugia, si prende tempo. Non si vorrebbe più rientrare. Proprio come le mucche di Malga Costa Cervera, che indugiano pigramente sui prati.

SCOPRI NELLA GALLERY le meraviglie di gusto del Friuli Venezia Giulia

Nella foto, i pascoli intorno all’agriturismo Malga Lavareit

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