Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

Migrazione climatica: andare via e ricominciare, in Italia


Dal 2008 al 2022, 147mila persone sono sfollate da un luogo all’altro dell’Italia a seguito di eventi sismici. Nel 2023, invece, sono state oltre 41mila le persone costrette a trasferirsi, temporaneamente e no, a causa di alluvioni e frane secondo il Rapporto periodico sul Rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazione del 2023, curato dal Cnr.

I dati della migrazione climatica in Italia

Dalle stesse emergenze, nel periodo 2018-2022, erano state coinvolte circa 19mila persone. Altri tremila, secondo il sistema di monitoraggio internazionale Global Report on internal displacement, hanno dovuto spostarsi a causa degli incendi, la cifra più alta da quando i dati sono registrati, il 2008.

A partire da dati come questi la giornalista Virginia Della Sala ha realizzato il proprio libro-inchiesta Migrare in casa, pubblicato da Edizioni Ambiente.

«Il fenomeno della migrazione climatica, solitamente, è associato solo a luoghi esotici e lontani. Invece, il nostro Paese è nel cuore di un “hotspot climatico” (di una regione dove gli effetti del cambiamento sono più evidenti, ndr), e ormai gli eventi distruttivi causati dal cambiamento climatico costringono alla migrazione» spiega Della Sala.

Tra i più colpiti, agricoltori e allevatori che si trovano a dover rimettere insieme i pezzi delle proprie imprese. Come nel caso dell’azienda agricola Sabbatani, fortemente danneggiata dall’alluvione che, a maggio 2023, ha colpito l’Emilia Romagna (Regione che in 16 mesi, tra 2023 e 2024, ha subito tre eventi climatici estremi). A San Lorenzo in Noceto, in provincia di Forlì, la furia del fiume Rabbi ha travolto le infrastrutture dell’impresa che da oltre 70 anni alleva galline ovaiole.

Conto e carta difficile da pignorare

Proteggi i tuoi risparmi

«Abbiamo perso 11 allevamenti su 31. La metà dei nostri 120mila animali è morta annegata, tre capannoni sono stati spazzati via dalla corrente, gli altri hanno subito danni pesanti» enumera Filippo Sabbatani, alla guida dell’azienda con il padre Danilo e i fratelli Alice e Massimiliano.

I fratelli Sabbatani nell’azienda alluvionata

Gli investimenti che mancano

A essere colpiti sono stati i capannoni dove si allevano i pulcini che, una volta cresciuti, sono trasferiti altrove per produrre le uova. «È stato interrotto il ciclo produttivo. Per ripartire, siamo stati costretti a ricostruire da zero tre allevamenti per recuperare la prima fase della filiera» spiega.

Questa parte dell’azienda – che sorgeva nelle adiacenze del fiume – è stata quindi spostata a cinque chilometri di distanza. Si è raddoppiata la spesa, a fronte di zero indennizzi. Reduci da piogge intense, più volte i fratelli Sabbatani avevano già segnalato alla pubblica amministrazione la cattiva gestione degli argini del fiume. Invano.

«A occuparci di agricoltura e allevamento siamo sempre meno, le colline sono abbandonate, come anche i campi dove fango e detriti creano smottamenti. Per questi fenomeni, in precedenza erano scomparse strade e alcune abitazioni erano rimaste isolate. Siamo nati in mezzo alla natura che amiamo e tuteliamo, dobbiamo convivere con il cambiamento climatico, ma l’intervento preventivo del governo potrebbe contenere i danni» chiosa Sabbatani che soltanto a settembre 2024 ha potuto far ripartire l’azienda nella nuova sede, mentre ancora si protrae l’iter burocratico per accedere ai ristori previsti per le imprese alluvionate.

«Il governo italiano, pur consapevole dei rischi, continua a spendere per le fonti fossili, a frammentare le politiche ambientali, a ignorare gli allarmi che arrivano dai territori. Alcune Regioni e città provano a fare da sole, redigono piani e iniziative. Ma senza l’intervento del governo centrale e fondi adeguati non basta» interviene Della Sala.

I disastri climatici costringono alla migrazione climatica

A essere ignorata è stata anche la richiesta di intervento avanzata da Marco Camerlengo e dagli altri abitanti di una palazzina che, a Corridonia, in provincia di Macerata, sorge a ridosso di una scarpata, franata a maggio 2023 a causa delle continue piogge torrenziali.

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

«Per anni, la Provincia ha negato l’evidenza. Ma quella mattina il palazzo è stato dichiarato inagibile e abbiamo dovuto abbandonare le nostre abitazioni. Io, per fortuna, sono riuscito a trasferirmi con la mia famiglia in una vecchia casa di proprietà di mio padre, in una località di campagna. Però abbiamo dovuto affrontare circa 30mila euro di spese per renderla abitabile» racconta Camerlengo che ha dovuto stravolgere la propria quotidianità.

In una prima fase si è sobbarcato anche tempi di spostamento più lunghi per andare al lavoro. Ora, rendendo più connessa digitalmente l’abitazione che sorge in una vallata abbastanza isolata, lavora da casa come interprete.

«A fronte dei danni subiti, non solo economici, cerco di vedere il lato positivo di questa trasformazione: dove abito ora mi sento meno stressato, riesco a concentrarmi di più e conduco una vita più sostenibile» dichiara.

Marco Camerlengo

Migrazione climatica: salire in montagna

Del contesto italiano profondamente segnato dalla crisi climatica si interessa anche il sociologo Andrea Membretti, co-autore del volume Migrazioni verticali. La montagna ci salverà? (Donzelli editore).

«Negli ultimi anni – afferma – le zone pianeggianti del nostro territorio, con in testa la Pianura Padana, sono particolarmente colpite. Per tale motivo si attiva una mobilità “metromontana” che porta alcuni cittadini a spostare la propria residenza in “terre alte”, meno antropizzate ma ben collegate, in cerca di una situazione climatica migliore».

Come è accaduto a Chiara Vezza, torinese d’adozione, che con il marito ha deciso di abbandonare la città, resa invivibile dall’eccessiva cementificazione, per trasferirsi sulla montagna di Condove, in Val di Susa.

«In questa dimensione naturale, più selvatica, distante dall’inquinamento urbano, mi sono ricongiunta con l’ambiente, rendendolo base del mio lavoro» ammette. Ha, infatti, dato vita a La Calcina, un’azienda agricola che si occupa di coltivazione di piante aromatiche officinali.

Chiara Vezza – Credit Giuliano Berti

La sensazione di benessere è potenziata dalle ripercussioni positive sui figli di 9 e 14 anni: «Hanno a disposizione tanti spazi verdi, stanno crescendo con una consapevolezza ambientale impensabile in città. Adottiamo scelte sostenibili come il riscaldamento a legna, i pannelli solari e l’uso responsabile dell’acqua. Siamo attorniati dal bosco che mitiga il calore d’estate e viviamo in equilibrio con l’ecosistema» commenta.

Un calore che toglie il fiato

Ancora più drastica e motivata è stata la migrazione di Cristina Neri Damaggio, di Messina, che è partita dalla città dello Stretto alla volta della capitale, alla ricerca di lavoro come sarta. In entrambe le città, il clima ha reso insostenibile la sua quotidianità: «Purtroppo, negli ultimi anni, anche Messina, sempre abbastanza ventilata, è diventata invivibile. In estate, si toccano punte di 45° gradi, resi ancora più insopportabili dall’umidità. Ero costretta a stare chiusa in casa, con l’aria condizionata. La situazione, purtroppo, non è migliorata a Roma, con l’aggravante dell’inquinamento» dice.

Anche sbrigare commissioni o addirittura lavorare era diventato un problema. «Durante le ondate di calore, avevo sbalzi di pressione, capogiri e continue emicranie. Mi sentivo sempre stanca, ero in preda all’ecoansia: mi agitavo non appena sentivo l’arrivo di un anticiclone» racconta.

Neri Damaggio è riuscita a riappropriarsi del suo benessere psicofisico trasferendosi a Oulx, in Alta Val di Susa. Su indicazione di un amico di famiglia, ha scoperto la località di montagna come meta per le vacanze, per poi sceglierla come residenza permanente.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

«Nel 2022, quando mi sono trasferita in pianta stabile, finalmente mi sono sentita libera. Qui, senza afa e con un’escursione termica più marcata, vivo in un piccolo paradiso, a stretto contatto con la natura che migliora il mio stato di salute. L’anno scorso mi ha raggiunta mia madre» racconta, fiera di aver trovato anche impiego come unica sarta  della valle.

«Riesco a lavorare con maggiore concentrazione. Questo trasferimento non ha il sapore di una medicina amara, è un toccasana per la mia vita» mette in evidenza.

Cristina Neri Damaggio

Spostarsi per adottare un comportamento più sostenibile

Tante sono le storie, raccontate in Migrazioni verticali, di italiani che hanno scelto di trasferirsi in montagna, non solo costretti da calamità naturali, ma anche per adottare un comportamento più sostenibile. Per esempio, beneficiano di una fonte di acqua fresca vicino a casa, utilizzano poco la macchina, fanno sport all’aria aperta e consumano prodotti a km zero.

«I movimenti migratori saranno sempre più preponderanti – precisa Andrea Membretti – condizionati anche dalla disponibilità di risorse economiche e socio-culturali. La montagna, però, ci potrà salvare soltanto se le città la aiuteranno a ritrovare il suo ruolo in un rapporto paritario ed ecosistemico con la pianura, dentro nuove forme di equilibrio».

iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere