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Stato di emergenza in Myanmar: proroga di sei mesi


A quattro anni dal colpo di stato militare, il Myanmar continua a vivere una profonda crisi politica, sociale e umanitaria. La giunta militare ha recentemente prorogato per la settima volta lo stato di emergenza in Myanmar, alimentando l’instabilità e rinviando ulteriormente le elezioni promesse. Tra conflitti armati, sfollamenti di massa e pressioni internazionali, il futuro del paese appare incerto.

Un Paese intrappolato nell’instabilità

A quasi quattro anni dal colpo di stato militare del 2021, il Myanmar resta in una condizione di profonda instabilità politica e sociale. La giunta militare, guidata dal generale Min Aung Hlaing, ha annunciato una nuova proroga di sei mesi dello stato di emergenza, la settima dall’inizio della crisi. Nonostante la Costituzione preveda un massimo di due proroghe, la giunta continua a giustificare lo stato di emergenza in Myanmar con la necessità di ristabilire la sicurezza e preparare il terreno per elezioni nazionali, originariamente previste per il 2023 ma ancora senza una data ufficiale.

Elezioni rimandate e promesse vacillanti

Il governo militare sostiene che le elezioni si terranno entro il 2025, ma non ha fornito dettagli concreti. Le difficoltà logistiche e la presenza diffusa di gruppi armati etnici rendono quasi impossibile organizzare una consultazione elettorale credibile. Il censimento, necessario per definire le liste elettorali, è stato completato solo in 145 delle 330 municipalità del Paese, limitandosi alle aree controllate dalla maggioranza Bamar.

Le zone abitate da minoranze etniche, come Karen, Kachin, Chin e Arakan, sfuggono al controllo della giunta e restano teatro di conflitti armati.

Il peso del conflitto civile

Dal colpo di stato, il Myanmar è precipitato in una guerra civile che ha provocato oltre 5.000 morti, milioni di sfollati interni e un peggioramento drammatico delle condizioni umanitarie. Le Ethnic Armed Organisations (EAO), milizie etniche ben organizzate, controllano vaste aree del Paese, rendendo difficile sia la distribuzione di aiuti umanitari sia il mantenimento dell’ordine da parte delle forze governative.

La repressione delle proteste pro-democrazia ha trasformato le manifestazioni pacifiche in una resistenza armata diffusa.

Crisi umanitaria e isolamento internazionale

La situazione umanitaria è critica e lo stato di emergenza in Myanmar sta peggiorando le condizioni di vita: le Nazioni Unite segnalano gravi carenze alimentari, con milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare acuta. La comunità internazionale ha condannato le violenze, imponendo sanzioni e chiedendo un dialogo tra le parti. Tuttavia, gli sforzi diplomatici non hanno portato risultati significativi.

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L’ASEAN, che ha nominato un inviato speciale per mediare la crisi, non è riuscita a ottenere progressi concreti. La rappresentanza diplomatica del Myanmar è ridotta al minimo nelle sedi internazionali, segno del crescente isolamento del Paese.

Le pressioni della Cina e il ruolo delle economie illecite

Nonostante l’isolamento, la giunta mantiene rapporti strategici con la Cina, il principale alleato regionale. Pechino ha chiesto il rispetto di accordi economici e politici, esercitando pressioni per stabilizzare la regione. Tuttavia, il Paese è anche attraversato da traffici illeciti che alimentano il conflitto. Le cosiddette “scam cities”, centri urbani dedicati a truffe online, traffico di esseri umani e gioco d’azzardo, rappresentano una fonte di reddito per gruppi armati e milizie alleate della giunta.

Il fragile equilibrio delle frontiere

Le aree di confine sono particolarmente instabili. I Chin controllano la frontiera con l’India, mentre i Kachin dominano alcune zone lungo il confine cinese. A est, i Karen ostacolano i traffici commerciali verso la Thailandia, compromettendo le rotte economiche strategiche. In queste aree, la giunta collabora con le “brigate di frontiera” (BGF), milizie locali alleate che gestiscono anche interessi criminali, alimentando ulteriormente il ciclo di violenza.

La giunta militare continua a promettere elezioni e stabilità, ma la realtà è segnata da conflitti irrisolti, crisi umanitarie e un isolamento diplomatico crescente, con lo stato di emergenza in Myanmar che non promette alcun scenario positivo. La comunità internazionale osserva con preoccupazione, mentre milioni di cittadini birmani continuano a vivere in condizioni drammatiche, vittime di una crisi che sembra lontana da una soluzione.

Lucrezia Agliani

 



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