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Difesa Europea: il 2025 sia un banco di prova per l’Autonomia Strategica


La presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen ha segnato una fase significativa per la politica di difesa dell’Unione. Durante il suo primo mandato, sono stati introdotti strumenti come il Fondo Europeo per la Difesa (European Defence Fund, EDF), l’Act in Support of Ammunition Production (ASAP) e l’European Defence Industry Reinforcement through Common Procurement Act (EDIS). Tuttavia, la frammentazione della politica industriale di difesa e i limiti di bilancio rischiano di mettere in discussione l’efficacia di tali misure nel lungo periodo.

Il Fondo Europeo per la Difesa: un buon inizio, ma non basta

L’EDF, operativo dal 2021, rappresenta un pilastro per promuovere la cooperazione tecnologica e industriale tra le aziende e gli Stati membri dell’Ue. Con un budget di quasi 8 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, mira a rafforzare la competitività, l’innovazione e l’efficienza dell’industria europea della difesa promuovendo la collaborazione tra le aziende dell’Ue, comprese le PMI e i centri di ricerca. Tuttavia, i suoi obiettivi si scontrano con alcuni ostacoli significativi che non possono essere trascurati.

In primo luogo il budget, che risulta essere troppo modesto per incontrare tutte le ambizioni proposte. Basti paragonare i fondi dell’EDF con, ad esempio, il bilancio ordinario nazionale della difesa italiano per il 2024, che ammonta a 29 miliardi, o i 17 miliardi di euro allocati all’European Peace Facility (EPF).

Inoltre, va segnalata la mancanza di una strategia a lungo termine che garantisca la continuità dei programmi di ricerca e sviluppo per la difesa, i quali richiedono finanziamenti sostenuti al di là dei brevi cicli di bilancio. Inoltre, senza un programma di follow-up per l’applicazione delle tecnologie sviluppate dall’EDF ai processi di produzione, le aziende nei consorzi del programma sono poco incentivate a condividere tecnologie all’avanguardia e a implementarle insieme, come invece accade nelle forme bilaterali o trilaterali di cooperazione con paesi extra-Ue che hanno un chiaro obiettivo di produzione da raggiungere.

Munizioni per l’Ucraina: una risposta tempestiva, ma frammentata

Il perdurare della guerra in Ucraina ha messo in luce l’insufficienza degli strumenti a disposizione della difesa europea, soprattutto per affrontare le sfide più urgenti. Anche l’EDF, a causa dei suoi lunghi tempi operativi (spesso trascorrono più di sei mesi tra la presentazione di una proposta e l’aggiudicazione del contratto) e la mancanza di un focus specifico sulla produzione di munizioni, si è rivelato insufficiente di fronte alla necessità di ripianare le scorte di munizioni messe a dura prova dal conflitto. 

Nel 2023, per affrontare questa crisi con misure di approvvigionamento congiunte, l’Ue ha rapidamente introdotto l’ASAP. Con un budget di 500 milioni di euro per il periodo 2023-2025, il nuovo strumento punta a mobilitare investimenti privati per aumentare la produzione europea di munizioni. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, l’ASAP rischia di aumentare ulteriormente la frammentazione del panorama industriale europeo e ancora una volta il budget allocato appare inadeguato rispetto agli obiettivi perseguiti. 

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La Strategia europea per l’industria della Difesa: un piano ambizioso

Rispetto all’approccio più specifico dell’ASAP, nel 2024 la Commissione europea ha lanciato l’EDIS, un piano strategico a lungo termine per rafforzare l’industria della difesa dell’Ue, che include l’European Defence Industrial Plan (EDIP) con un budget di 1,5 miliardi di euro fino al 2027. La strategia punta a potenziare la produzione e l’approvvigionamento congiunto di attrezzature militari, lasciando agli Stati membri la proprietà dei beni finanziati. 

Oltre agli incentivi finanziari, una delle proposte di EDIS è l’istituzione di un regime europeo di “sicurezza dell’approvvigionamento” che offrirà agli Stati membri garanzie specifiche per l’acquisto di forniture da produttori con sede nell’Ue, rafforzando l’affidabilità delle forniture intraeuropee e riducendo la dipendenza da fornitori extra-Ue. In parallelo, si propongono iniziative per ridurre la frammentazione del mercato, come il riconoscimento reciproco delle certificazioni nazionali e l’allineamento degli standard Ue con quelli NATO (STANAG), per creare un mercato più integrato.

Tra le novità della strategia figura inoltre la creazione del Consiglio europeo per la difesa, un nuovo organismo che centralizzerà la pianificazione degli acquisti e le priorità di finanziamento dell’Ue sotto la supervisione della Commissione, favorendo una maggiore centralizzazione della governance a livello comunitario. 

Nonostante i vantaggi, la scarsa influenza delle forze armate nazionali nella definizione della domanda, a fronte del rafforzamento del rapporto tra la Commissione e l’industria della difesa, e i limitati riferimenti alla Nato sollevano dei dubbi circa la mancanza di allineamento con gli obiettivi dell’Alleanza Atlantica.

Uno sguardo al futuro, tra Libro Bianco e fattore Trump

Il quadro diventa ancora più frammentato se si considera che la seconda Commissione von der Leyen si è impegnata a presentare un Libro Bianco della Difesa. Tale documento dovrebbe integrare le strategie in atto, concentrandosi su priorità chiave e mobilitando risorse finanziarie proporzionate alle ambizioni dell’Ue. Senza un approccio coerente, il rischio è che le iniziative europee diventino inefficaci, spingendo gli Stati membri a privilegiare soluzioni bilaterali o nazionali, scoraggiandoli dal ricorrere al Libro Bianco.

In questo scenario, la seconda presidenza di Donald Trump potrebbe rappresentare un ulteriore banco di prova per la difesa europea. L’amministrazione statunitense insisterà affinché gli alleati europei raggiungano il target del 2% del PIL in spesa militare, collegando questo requisito all’impegno Usa nella Nato. Contestualmente, Washington potrebbe esercitare pressioni per indurre ad aumentare gli acquisti di equipaggiamenti di fabbricazione statunitense, mettendo l’Ue di fronte al dilemma tra rafforzare la propria industria o ”cedere” alle richieste dell’alleato transatlantico.

In questo contesto la sfida più ampia consiste nel superare la frammentazione del mercato europeo della difesa e definire ruoli chiari tra le istituzioni dell’Unione. La Commissione, con un ruolo sempre più centrale nella politica industriale della difesa – come dimostra anche la nomina di Andrius Kubilius a nuovo commissario preposto – dovrà collaborare strettamente con l’Agenzia europea per la difesa (EDA) e gli Stati membri per migliorare il coordinamento e affrontare le sfide geopolitiche future. Serviranno dunque maggiore integrazione, finanziamenti adeguati e un’ambizione condivisa per trasformare l’attuale mosaico di iniziative in una struttura coesa che garantisca la sicurezza del Vecchio continente.



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