L’AQUILA – L’Abruzzo sta vivendo un preoccupante calo della popolazione giovanile. Secondo l’ultimo report dell’Ufficio Studi CGIA, negli ultimi dieci anni la regione ha perso quasi 40mila giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni, pari a una diminuzione del 13,8% rispetto al 2014. Il fenomeno non riguarda solo l’Abruzzo, ma tutto il Mezzogiorno, che ha registrato una contrazione complessiva del 14,7%, ma il dato abruzzese è particolarmente allarmante, con la provincia dell‘Aquila che segna un calo del 18,2%, tra le più colpite a livello nazionale.
Il rapporto della CGIA non si limita a registrare i numeri, ma li inserisce in un contesto più ampio di crisi demografica che investe l’intero paese. In Italia, la popolazione giovanile è diminuita di quasi 750mila unità in dieci anni, passando da poco più di 12,8 milioni nel 2014 a meno di 12,1 milioni nel 2024. Il Nord però mostra segnali di crescita, con regioni come l’Emilia Romagna (+5,6%) e la Lombardia (+3,1%) in controtendenza, il Centro e il Sud soffrono invece un declino drammatico.
La CGIA sottolinea che questa crisi non riguarda solo l’Italia, ma coinvolge anche altri paesi europei. La situazione italiana è più grave rispetto ai principali competitor economici. Mentre la Spagna ha registrato un calo del 2,8%, la Francia e la Germania hanno visto una leggera crescita della popolazione giovanile, rispettivamente dello 0,1% e dell’1,7%. I Paesi Bassi, addirittura, hanno registrato un aumento del 10,4%.
Il report della CGIA si concentra sul calo complessivo della popolazione giovanile, senza distinguere nettamente tra denatalità ed emigrazione ma entrambe le dinamiche sono chiaramente in gioco.
Da un lato, la denatalità è un problema strutturale. Il numero delle nascite in Abruzzo è crollato nel corso degli anni. Nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, si registrarono 25.091 nascite nella regione. Nel 2023, il numero è sceso a 7.578. La provincia dell’Aquila, in particolare, ha visto un calo da 7.368 nascite nel 1943 a 1.673 nel 2023. Questo crollo non può essere attribuito solo alla mancanza di servizi per l’infanzia o agli insufficienti aiuti pubblici alle famiglie, come sottolinea il report. Ottant’anni fa, nonostante le condizioni di vita difficili e l’incertezza del futuro, le nascite erano più che doppie rispetto a oggi.
Dall’altro lato, la migrazione interna ed esterna gioca un ruolo significativo. Molti giovani lasciano l’Abruzzo e altre regioni del Sud per cercare migliori opportunità lavorative e di vita nel Nord Italia o all’estero. Il Nord, infatti, mostra un incremento della popolazione giovanile proprio grazie all’arrivo di giovani provenienti dal Sud. Questo flusso migratorio, anche se non quantificato direttamente nel report, è un fenomeno noto e contribuisce al declino demografico delle regioni meridionali.
Il calo della popolazione giovanile ha conseguenze gravi sul piano economico e sociale. La CGIA evidenzia come il tasso di occupazione giovanile in Italia sia tra i più bassi d’Europa e come il livello di istruzione rimanga insufficiente rispetto agli standard internazionali. L’abbandono scolastico precoce è ancora diffuso, soprattutto nelle regioni meridionali, e l’inadeguatezza delle competenze rappresenta un ostacolo per l’ingresso nel mercato del lavoro.
Questa situazione ha ripercussioni dirette sulle imprese. In molte aree del Centro-Nord, le aziende faticano a trovare personale qualificato. La CGIA segnala un crescente disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: da un lato, mancano candidati con le competenze richieste; dall’altro, i giovani formati non trovano opportunità adeguate nei loro territori di origine.
Per affrontare questa crisi, la CGIA propone una serie di interventi mirati. In primo luogo, è fondamentale investire nella scuola, nell’università e nella formazione professionale. La CGIA sottolinea anche l’importanza di rafforzare il collegamento tra il sistema educativo e il mondo del lavoro, favorendo stage, tirocini e collaborazioni tra scuole e imprese. Questo approccio può contribuire a ridurre il disallineamento tra formazione e occupazione e a creare opportunità concrete per i giovani.
Capitolo immigrazione, infine. Sebbene l’immigrazione non possa essere la soluzione principale al declino demografico, la CGIA propone di utilizzare questo strumento in modo strategico. Si suggerisce di favorire l’ingresso di lavoratori stranieri che abbiano già acquisito competenze professionali e una conoscenza della lingua italiana nei loro paesi d’origine. Le imprese italiane, a loro volta, dovrebbero garantire condizioni di lavoro stabili e supporto nella ricerca di alloggi a prezzi accessibili.
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