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Caro gas, Cardinali di Confindustria Marche: «È necessario diversificare le fonti di energia elettrica e affrontare il tema nucleare»


Il caro gas mette in allarme le imprese. Il nuovo rialzo preoccupa perché rischia di ridurre la competitività del sistema industriale sul mercato internazionale e di ridurre gli investimenti.
I costi energetici incidono direttamente sulla produzione industriale e secondo Confindustria a livello nazionale questo impatto è stimato in oltre 10 miliardi. A tracciare un quadro è Roberto Cardinali, presidente di Confindustria Marche.

Roberto Cardinali, presidente Confindustria Marche

Quali le conseguenze di questo nuovo rialzo?

«Siamo molto preoccupati. A fronte di una media che era 108 euro a mwh nel 2024, siamo arrivati a oltre i 150 euro. Questi rialzi eccessivi mettono a rischio la ripresa industriale e potrebbero rallentare ulteriormente gli investimenti. Paghiamo un grande svantaggio rispetto ai competitori internazionali ed europei. Un documento elaborato da Confindustria evidenzia le disparità anche a livello europeo. Il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso si è attestato sui 108,5 euro mwh in Italia, il 38% in più rispetto della Germania, il 72% più della Spagna; l’87% più della Francia.

Quanto al gas naturale, tutta l’Europa ha un prezzo assai più alto degli Stati Uniti, dal momento che la Ue è importatore netto di gas. Inoltre, l’Italia è penalizzata perché il gas naturale forma il prezzo dell’elettricità. La media del prezzo di mercato del gas naturale nel 2024 è stata di 7,4 euro negli Usa a mwh, 36,3 euro in Italia, 34,4 in Europa. Servono misure concrete e rapide, se non si vuole perdere competitività. Ad esempio, un prezzo di gas ed elettricità uniforme in Europa per evitare disparità e asimmetria nella competitività».

Quali i settori più penalizzati? E che tipo di aiuto servirebbe?

«Il costo dell’energia penalizza in modo più grave quelli energivori (ad es. settore siderurgico, carta, ceramica, plastica…), ma condiziona tutti i settori, dato che le industrie di base colpite impattano su molte filiere. L’aumento dei costi determina una compressione dei margini Confindustria ha rappresentato la criticità della situazione e formulato proposte, dal breve al lungo periodo.

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Ad esempio diversificare il mix delle fonti per la produzione di energia elettrica, affrontando anche il tema degli impianti nucleari. Serve poi incrementare le infrastrutture di collegamento con i Paesi UE e Terzi per favorire l’integrazione dei mercati, potenziare le infrastrutture interne al Paese, incrementare al massimo la produzione nazionale di gas e “gas release” (ovvero l’accesso a forniture di gas a prezzi vantaggiosi da parte di imprese gasivore), lo sviluppo e l’integrazione di fonti rinnovabili».

Ci sono soluzioni alternative che le imprese stanno adottando per ridurre i consumi?

«Il consumo di energia nel settore industriale pesa per il 25%, e le imprese negli ultimi anni investimenti in efficienza ne hanno fatto molti, e stanno continuando ad investire. Sarebbe opportuno intervenire anche sui trasporti, che pesano per il 40% delle emissioni. C’è anche la misura Energy release 2.0, che consente agli elettrivori di bloccare il prezzo a fronte dell’impegno di realizzare nuova produzione da fonti rinnovabili.

Le imprese hanno necessità di fare investimenti per l’efficientamento energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, ma oltre alla complessità del periodo a livello economico, c’è un problema evidente di lunghezza dei tempi autorizzativi e di complessità del quadro normativo, che rallentano e appesantiscono queste procedure. Per attuare la transizione energetica servono velocità e semplificazione. A livello nazionale si è valutato positivamente l’avvio del disaccoppiamento del prezzo delle fonti rinnovabili da quello delle fonti fossili. Questa è una priorità non più rinviabile».

Quali scenari si prospettano?

«Il nostro futuro, se vogliamo rimanere il secondo Paese manifatturiero d’Europa, dipende dalla capacità di avere energia a costi in linea con quelli delle principali economie europee, che permettano di mantenere la competitività internazionale. Servono politiche coerenti, a livello europeo e nazionale.

Anche la Regione ha un ruolo, perché le spetta la predisposizione del Piano energetico regionale (Piano Regionale Energia e Clima PREC2030) e l’individuazione delle aree idonee per le rinnovabili. Su questi temi avremo a breve un confronto con il Governo regionale. Attendiamo inoltre l’emanazione di un bando regionale atteso da tempo sullo sviluppo delle fonti rinnovabili e l’efficientamento energetico per stimolare gli investimenti delle imprese. È un filone su cui abbiamo raccolto grandi aspettative e probabilmente le risorse saranno insufficienti».





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