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Congo, attualità e scenari di un conflitto dimenticato


La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è un Paese ricco di risorse naturali, ma afflitto da anni di conflitti e instabilità politica. In particolare, la regione orientale è particolarmente colpita da violenze armate, tra gruppi ribelli del M23, sostenuti dal Ruanda, che si scontrano con le forze governative, causando sfollamenti di massa e crisi umanitarie, a cui sti stanno aggiungendo numerosi riflessi internazionali. Interris.it, in merito all’attuale situazione nel Paese, ha intervistato il dott. Luca Mainoldi, africanista dell’Agenzia Fides.

© Paesaggio congolese (© Kudra Abdulaziz da Pixabay)

L’intervista

Dottor Mainoldi, come si sta connotando l’attuale situazione nella Repubblica Democratica del Congo?

“Tra il 26 e il 27 gennaio scorso, c’è stata la conquista della città di Goma, ovvero il capoluogo della regione del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, da parte del movimento M23, il quale è formalmente congolese ma è appoggiato da truppe ruandesi e, in maniera più nascosta, anche da parte dell’Uganda. Il capoluogo conquistato è molto importante in quanto è la città più popolosa della regione, attorno a un milione di abitanti a cui, successivamente, si sono aggiunti un milione di sfollati. Basti pensare che, il conflitto in atto, a fasi alterne, dura dal 2021 e, molti civili, si erano già rifugiati a Goma, la quale ha costituito anche un epicentro degli aiuti umanitari. Allo stato attuale, il movimento M23 cerca di stabilizzare la situazione, presentandosi come un’alternativa al governo nazionale. Occorre quindi osservare con attenzione come si evolverà la situazione: questo fine settimana, sul piano politico, in Tanzania, avrà luogo un incontro tra i presidenti congolese, Félix Tshisekedi, e ruandese, Paul Kagame, promosso dall’organizzazione dei Paesi dell’Africa Occidentale e da quelli dell’Africa australe. La situazione attuale, pertanto, non riguarda solo il Congo e il Ruanda, ma anche il Sudafrica, l’Angola e il Kenya”.

Come sta influendo sul conflitto in atto la grande ricchezza del sottosuolo della Repubblica Democratica del Congo?

“Il conflitto è in atto, soprattutto dal Ruanda, viene presentato come una questione interna congolese, riguardante gli equilibri etnici. Il gruppo di esperti dell’Onu che si occupa di redigere degli specifici rapporti su questo conflitto ha però sottolineato che, lo stesso, è volto soprattutto al controllo delle importanti risorse minerarie di questa regione, ovvero il coltan, lo stagno, il petrolio e molte altre. Tali elementi rivesto un’importanza decisiva sul versante delle tecnologie digitali e delle energie rinnovabili. Pertanto, oltre ai paesi africani che ho menzionato in precedenza, si possono celare gli interessi delle grandi potenze, come ad esempio Stati Uniti, Francia, Cina, Israele e Turchia, a cui si sommano le grandi multinazionali che hanno molto interesse a installarsi nell’area al fine di sfruttarne le risorse. Queste ultime vengono estratte da minatori artigianali i quali però, li trasportano in Ruanda che, da qualche anno, è diventato un Paese esportatore di minerali che, formalmente, non possiede. Ha contribuito a gettare luce su questo fatto un accordo sottoscritto dall’Unione Europea con Kigali per la commercializzazione di predetti minerali”.

Congo
Foto di aboodi vesakaran su Unsplash

Che orizzonti internazionali si profilano per questo conflitto?

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“Si profilano dei tentativi di mediazione da parte dei paesi dell’africa occidentale e dell’africa australe, ma si dovrà vedere se riusciranno a raggiungere delle intese. Attualmente, è atteso il ruolo che potranno giocare le grandi potenze per stabilizzare la situazione. Joe Biden ha effettuato l’ultimo viaggio del suo mandato presidenziale in Angola a dicembre, il cui è stato lanciato il progetto di una ferrovia per collegare la zona della Repubblica Democratica del Congo, dove sono presenti cobalto e rame, ai porti angolani. Ciò ci fa capire che, gli Stati Uniti, sono rientrati nello scacchiere africano, ma ora bisogna attendere le mosse dell’amministrazione Trump e conseguenti accordi con la Cina al fine di stabilizzare le aree di crisi, tra cui potrebbe rientrare anche quella della RDC”,



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