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«In montagna per ribellarsi al peggio»


Per la terza volta in meno di due anni una mobilitazione diffusa e sincrona attraverserà l’arco alpino e appenninico per chiedere rispetto e tutela delle montagne che, vittime di un’idea anacronistica di sviluppo, soffrono la costante e crescente pressione del turismo di massa e dei grandi eventi.

NEL MARZO DEL 2023 Reimaging Winter convocata da The Manifesto Outdoor si svolse in 10 località diverse per dire basta a nuovi impianti in alta montagna; nell’ottobre dello stesso anno APE, l’Associazione Proletari Escursionisti rilanciò nei giorni del World Congress For Climat Justice, che a Milano ha riunito movimenti per la giustizia climatica da tutti i continenti, la mobilitazione Ribelliamoci alpeggio, che si svolse in 12 luoghi diversi e 10 regioni, assieme a comunità locali, singoli attivisti, escursionisti. Questa volta la mobilitazione è convocata sempre da APE a un anno dall’inizio delle Olimpiadi Invernali Milano – Cortina, e sono quaranta le sigle che hanno aderito e una ventina le iniziative diffuse.

IL MESSAGGIO È SEMPRE lo stesso, anche perché in questi due anni lo scenario non è cambiato: se da una parte la temperatura sale e la neve scende sempre di meno, dall’altra ingenti investimenti economici sono destinati a nuovi impianti di risalita e ad opere inutili, dannose ed effimere per i Giochi Olimpici. Un paradigma che viene portato avanti per inerzia, con ingordigia e senza fantasia, il più delle volte privi del consenso di chi quei territori li vive. «E’ finito il tempo delle mediazioni», si legge nell’appello. «Le scelte che facciamo oggi sulle terre alte – ogni nuova cava, ogni nuovo impianto, ogni colata di cemento, ogni bacino artificiale – peseranno per centinaia di anni sul futuro dei territori e delle comunità».

UNA MOBILITAZIONE CHE VA VERSO l’alto ma parte dal basso, costruita in momenti di confronto aperti a comunità locali, associazioni, collettivi, singoli, che hanno creato alleanze tra chi resiste sulle montagne e chi lotta nelle città. E che il 9 febbraio si ritroveranno da una certa altezza in su, ma non solo. In rappresentanza dei luoghi che stanno subendo l’assalto della macchina olimpica ci saranno Bormio e Cortina. Attivisti, alpinisti, scialpinisti, escursionisti, amanti della montagna non potevano non darsi appuntamento nella Perla delle Dolomiti con l’intento di «demolire la reputazione delle Olimpiadi che sfruttano e violentano cittadinanze e montagne».

Mobilitazione promassa da The Outdoor Manifesto contro i nuovi impianti a Passo di Croce Arcana, Corno alle Scale foto Ilaria Di Biagio

I comitati locali denunciano che ad un anno dall’inaugurazione ufficiale la costruzione della pista da bob, costata 120 milioni di euro e centinaia di larici secolari, è in ritardo rispetto al cronoprogramma, assieme al Villaggio Olimpico, le strutture olimpiche, la viabilità ordinaria e straordinaria altrettanto incompiute.

A BORMIO ARRIVERANNO SINGOLI E COLLETTIVI da tutta la Valtellina e da Milano. Per la località che ospiterà le gare di sci alpino e sci alpinismo, sono stati investiti 31 milioni di euro per una sola pista. Si tratta della leggendaria Stelvio, messa in sicurezza, ampliata e rinforzata da un nuovo impianto di innevamento artificiale, nonché equipaggiata all’arrivo da un’impalcatura di cemento costata 12 milioni che per dare spazio a tribune provvisorie toglie tutta la visuale della pista dal centro della cittadina.

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In Lombardia sono previste altre due mobilitazioni: una passeggiata invernale in Alta Val Camonica, per protestare contro i nuovi impianti previsti sul Monte Tonale occidentale, 150 milioni in parte anche pubblici che anziché aiutare la collettività faranno aumentare il traffico e i prezzi, e nel lecchese, sul Monte Magnodeno dove non si finisce di ampliare le cave di calcare. In Trentino si manifesta a Bondone, dove si vogliono destinare 90 milioni di euro pubblici a un nuovo bacino artificiale e la nuova funivia. In Liguria si svolgerà un trekking dei rifugi sull’Altavia dei monti liguri per informare le persone sulla minaccia di una possibile apertura della miniera di Titanio più grande d’Europa, a cielo aperto, ai piedi del Monte Tarinè, all’interno del Parco del Beigua.

IL TEMA DELL’ESTRATTIVISMO TORNA anche sulle Alpi Apuane, dove sono attive 192 cave, le quali polverizzano annualmente 6 milioni di tonnellate di montagna. Nelle Marche si percorreranno i sentieri del poco antropizzato monte Strega dalla cui vetta si potranno osservare ed ascoltare i segnali della imminente costruzione di impianti eolici. Sempre nelle Marche, ai piedi dei Sibillini, dove la ricostruzione post terremoto dopo 8 anni ancora procede lenta, si camminerà tra i comuni di Caldarola, Camerino e Serrapetrona, in provincia di Macerata, dove dovrebbe sorgere un parco eolico con aerogeneratori alti 200 m: solo uno dei tanti luoghi in Appennino investiti da progetti invasivi (gasdotti, strade pedemontane , nuovi impianti di risalita) alcuni dei quali giustificati con l’imperativo della transizione energetica e mai discussi con la popolazione locale.

Nel Lazio si va sul Terminillo a protestare contro il TSM2, la mastodontica nuova stazione sciistica che dopo 10 anni di contenzioso fra amministrazioni e associazioni ambientaliste, si farà: 10 seggiovie, 7 tapis-roulant, 37 chilometri di nuove piste, 7 rifugi e 2 bacini di raccolta per continuare a sciare sotto i 1900 metri di altitudine. 17 ettari di bosco di faggi secolari in meno e un’ulteriore minaccia per il fragile orso marsicano: davvero non c’è altro modo per rilanciare l’economia locale?

IN MOLISE NON SI SALE IN VETTA ma si camminerà in prossimità del bacino artificiale di Castel San Vincenzo, in provincia di Isernia, invaso coinvolto dall’opera Pizzone II, un sistema di pompaggio proposto da Enel e fortemente criticato per il suo impatto ambientale nel pieno del Parco Nazionale d’Abruzzo e Molise. La mobilitazione più a sud si svolge in Basilicata, presso la diga della Camastra e mette a centro il tema delle risorse idriche in una regione dove in autunno 140.000 persone sono letteralmente rimaste senz’acqua a causa dello svuotamento dell’invaso, in 29 Comuni è stata erogata per diversi mesi meno di dodici ore al giorno, mentre tredici sorgenti sono in concessione a multinazionali tra cui Coca Cola e più del 55% delle acque viene utilizzato a scopi industriali.

UNA MAPPA CHE MOSTRA UNA SOCIETA’ civile sempre più ampia e variegata che oltre a fare argine alla speculazione e agli interessi privati, ricorda che un altro modello di sviluppo è – e deve essere – possibile.



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