A febbraio i livelli di inquinamento in Emilia-Romagna e in tutta la Pianura padana aumentano in modo considerevole. Colpa degli spandimenti di liquami zootecnici, che rilasciano in atmosfera metano e ammoniaca. Due gas responsabili della formazione delle polveri sottili in aria. Per questo occorre «ridurre e monitorare le emissioni da stalle, campi agricoli e risaie», mettendo dei limiti a metano e ammoniaca come avviene per Pm10 o la CO2. A sottolineare la necessità di agire con urgenza sono i comitati Legambiente di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, che si appellano a Regioni, Arpa ma anche al ministero dell’Ambiente. Dopo un inizio d’anno piovoso e con pochi picchi di smog – spiegano– siamo entrati nel periodo critico degli spandimenti dei liquami agricoli: finito il blocco nei mesi di dicembre e gennaio, infatti, gli allevatori si trovano a dover spandere sui campi vicini i contenuti dei serbatoi stracolmi di liquami. È anche per questo che, da diversi anni, il mese di febbraio è quello con i più alti picchi di inquinamento, soprattutto per quanto riguarda il particolato sottile. Una gran parte di esso infatti deriva dai composti dall’ammoniaca, gas che esala soprattutto dai liquami zootecnici.
«Non si può affrontare il risanamento dell’aria in Pianura Padana senza fare i conti con tutti i settori responsabili di emissioni- sostiene Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia-Romagna- per questo abbiamo scritto al ministro dell’Ambiente e agli assessori delle Regioni firmatarie dell’Accordo aria, affinché includano il metano e l’ammoniaca tra gli inquinanti gassosi oggetto di monitoraggio e misure di riduzione delle emissioni». Questi due gas, sottolinea Ferraresi, «pesano quasi quanto la metà di tutte le emissioni inquinanti, eppure non esiste una rete di monitoraggio atmosferico né sono stati fissati obiettivi di riduzione coerenti con gli impegni europei di lotta all’inquinamento». Gli ambientalisti chiedono quindi che «i piani regionali di risanamento dell’aria si facciano carico anche di questa fonte emissiva, sostenendo azioni di mitigazione ma anche programmi e strategie per la sostenibilità del settore zootecnico».
L’intensità esasperata con cui la pratica dell’allevamento viene condotta in Pianura Padana – denunciano gli ambientalisti – è la prima causa delle emissioni di ammoniaca e metano, due sostanze che, combinandosi con i gas da traffico, sono precursori l’una della formazione di particolato secondario, responsabile dello smog invernale e l’altro della produzione atmosferica di ozono, da cui dipende la formazione di smog fotochimico nella stagione estiva. I dati sono contenuti in un policy brief, sviluppato da Legambiente nell’ambito di ‘Methane Matters’, la coalizione europea impegnata per il rispetto degli accordi globali, siglati anche dal nostro Paese, per la riduzione delle emissioni di metano. Il documento illustra il peso rilevante dei due gas nell’aggravare il quadro delle emissioni che affligge le quattro regioni del Nord e le soluzioni possibili, che devono includere misure di mitigazione dell’impatto degli allevamenti, come l’interramento dei liquami per limitare le esalazioni di ammoniaca, e il ricorso alla digestione anaerobica, in impianti ad alte prestazioni, per trasformare il problema delle emissioni di metano da scarti organici in risorsa energetica rinnovabile.
«Non si può affrontare il risanamento dell’aria in Pianura Padana senza fare i conti con tutti i settori responsabili di emissioni», commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. «Per questo, abbiamo scritto al Ministro dell’Ambiente e agli assessori all’ambiente delle regioni firmatarie dell’Accordo Aria, affinché includano il metano e l’ammoniaca tra gli inquinanti gassosi oggetto di monitoraggio e di misure di riduzione delle emissioni. Stando agli inventari regionali, questi due gas pesano quasi quanto la metà di tutte le emissioni inquinanti, eppure non ne esiste una rete di monitoraggio atmosferico né sono stati fissati obiettivi di riduzione coerenti con gli impegni europei di lotta all’inquinamento atmosferico. Chiediamo che i piani regionali di risanamento dell’aria si facciano carico anche di questa fonte emissiva, sostenendo azioni di mitigazione ma anche programmi e strategie per la sostenibilità del settore zootecnico».
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