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Ristorante Tre Galline di Torino, un monumento della cucina piemontese


È nato prima l’uovo o la gallina? È la più classica delle domande che si fa spazio tra i pensieri ogni volta in cui si varca l’ingresso delle Tre Galline, uno dei più antichi ristoranti di Torino, un monumento della tradizione gastronomica piemontese, la cui attività, nello stesso edificio attuale, risale al ‘600 come stallaggio e locanda. L’accesso nelle sale avviene salendo cinque gradini di pietra all’esterno, da via Bellezia, una delle strade più strette di Torino, quasi un vicolo che costeggia il movimentato mercato di Porta Palazzo, quell’organismo vivo, pulsante, che ha molte affinità con la Boqueria di Barcellona, o col mercato di Lione, con cui da 20 anni è “gemellato” per intuizione di un precursore delle politiche urbane del cibo come il compianto Rinaldo Bontempi e della Conservatoria delle Cucine del Mediterraneo del Piemonte. Le Tre Galline in questo contesto conservano realmente una memoria di sapori che si è stratificata col passare dei secoli, eppure il menu sembra contemporaneo, quasi atemporale, dentro un ristorante di impostazione classica dove le cucine, affidate allo chef Jacopo Tinelli e supervisionate dall’Executive Chef Andrea Chiuni, lavorano con gli ingredienti del tempo, del ricordo, del presente che dialoga col passato.

Attraverso una lunga saga, le Tre Galline sono un ristorante di proprietà della famiglia De Giuli dall’inizio degli anni ’90 (il primo ad occuparsene fu l’imprenditore edile Mario De Giuli, scomparso nel 2015, protagonista con la sua capacità di visione della rigenerazione del Quadrilatero Romano), e dal 1994 è stato riavviato e progressivamente migliorato fino ai massimi livelli odierni dai figli Federico e Riccardo De Giuli, quest’ultimo responsabile anche della vineria Tre Galli nel Quadrilatero e del sofisticato ristorante Carlina dell’NH Piazza Carlina. «Le Tre Galline sono diventate un punto di riferimento per gli ospiti internazionali – spiega Riccardo De Giuli – che vengono qui in cerca di certezze, gli agnolotti tradizionali torinesi al sugo d’arrosto, il bollito misto con i tagli del lesso piemontese accompagnati dai bagnetti e dalle salse, il vitello tonnato, la finanziera, il fritto misto (solo durante il periodo estivo), il bunèt. C’è una dimensione anche scenografica che valorizziamo, il carrello del bollito che arriva in sala e attira l’attenzione degli altri tavoli, il cameriere che serve tutti i pezzi, il cotechino, la coda, la testina, la gallina… E poi il carrello dei formaggi, altrettanto spettacolare, e quello dei liquori».

I cuochi dietro le quinte sono custodi e interpreti delle ricette tradizionali, ma non sono i protagonisti. «Lo è di più il maître di sala con la sua narrazione – aggiunge De Giuli – con la sua capacità teatrale di far fare al cliente un percorso nel tempo, sempre allineato alle sue aspettative». L’ambiente riveste un ruolo fondamentale nell’esperienza. L’intervento più importante di ristrutturazione venne realizzato negli anni ’90 su progetto di Roberto Gabetti e Aimaro Isola, due architetti di fama internazionale, con Franco Fusari. La boiserie di legno, il parquet che scricchiola, le tovaglie pesanti non esattamente bianche ma color guscio d’uovo (in tema galline), un locale che non risulta mai fané nonostante gli anni, perché si vede che la cura è costante. Per diverso tempo alle pareti sono stati esposti dei dipinti, poi è accaduto un episodio curioso. «Erano quadri raffiguranti le quattro stagioni, acquistati da un antiquario di Torino. Un giorno si presentano i carabinieri per sequestrarli, erano stati rubati da una villa in campagna. La proprietaria, che era venuta a cenare alle Tre Galline, vedendoli rimase senza parole. Sul momento non disse nulla e si precipitò a sporgere denuncia. L’acquisto era stato fatto in buona fede e infatti avevamo la regolare fattura dell’antiquario che fu poi denunciato, ma abbiamo perso tutti i soldi in quanto, nel frattempo, era passato molto tempo».

I Tre Galli

I Tre Galli 

Piccole storie che si intrecciano alla grande storia di questo ristorante, amatissimo dai personaggi della cultura e dello spettacolo, come i registi Paolo Sorrentino e Nanni Moretti, e ricco di tracce che ne testimoniano la longevità, come la cantina, dove c’è l’infernotto con il muro romano. «Sulla fondazione non ci sono informazioni certe – precisa Federico De Giuli, che è anche architetto e attento osservatore dello sviluppo urbano e turistico della città – il Cavallari Murat nel suo “Forma urbana e architettura nella Torino Barocca”, bibbia della storia urbana, individua quegli spazi come stallaggi e locande prima del ‘700. In effetti è piuttosto strano pensare che un ristorante esistesse già prima essendo, nella forma in cui lo conosciamo, un’usanza borghese. In passato esistevano locande con camere per viaggiatori e commercianti. Questi locali si trovavano vicino alle porte di ingresso della città e in particolare vicino al mercato. Le Tre Galline successivamente, a periodi alterni, è stata più trattoria o più ristorante.

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Diversa, per esempio, la storia Del Cambio che nasce da subito con una ambizione più elitaria». A raccontare ancora altre storie è la carta dei vini, sapientemente selezionata e illustrata dal sommelier Leonardo de Boni, che è anche maître e direttore. Figlio o meglio fratello delle Tre Galline, è la vineria-ristorante Tre Galli, in via Sant’Agostino, proprio lì a due passi (c’è anche un pastificio, Tre uova). Aperta nel 1997, in una casa popolare ristrutturata dall’impresa di De Giuli, è stato il primo locale del Quadrilatero e ha dato il via alla riqualificazione della zona che poi si è riempita di ristoranti e bar diventati pop come il Pastis. Ai Galli, che accoglie anche in menu qualche classico delle Galline, e viceversa, Oriana Iudici è maître e direttore, lo Chef Giuseppe Russo, la direzione delle cucine è di Andrea Chiuni, tra capisaldi della cucina piemontese reinterpretati e viaggi del gusto mediterraneo.



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