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I “viaggi della speranza”? Sono costati 337 milioni ma uno su tre era evitabile


Nel 2023 la Puglia ha speso 337 milioni per le cure fuori regione ai propri cittadini. Si chiama tecnicamente mobilità passiva, o Dgr fuga, ma nella sostanza dei fatti si tratta di pazienti che per un motivo o per l’altro si affidano all’assistenza di ospedali lombardi, emiliani, toscani, veneti per risolvere i propri bisogni di salute. E non accade per malattie di difficile cura o diagnosi o per interventi chirurgici particolarmente importanti, anzi: soltanto il 15% del totale della spesa per la mobilità passiva è riferito a interventi ad “alta complessità”, il 55% per operazioni a media complessità, il 31% a bassa complessità.

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In definitiva, proseguono i “viaggi della speranza” anche per operazioni che potrebbero essere eseguite in Puglia. In attesa di conoscere il dato della mobilità passiva del 2024 (dovrebbe essere disponibile a fine mese), i numeri del 2023 raccontano di una sanità pugliese che, nonostante la crescita e le eccellenze presenti sul territorio, fa “scappare” i propri cittadini. Dall’altra parte, continua ad attrarre poco, se è vero che la mobilità attiva ha portato nelle casse 138 milioni di euro nello stesso anno. La Puglia, tra l’altro, è tra le Regioni messe peggio in Italia per mobilità passiva e saldo, preceduta soltanto da Campania, Calabria e Sicilia, mentre a guadagnarci sono Emilia Romagna (+388 milioni il saldo), Lombardia (+379 milioni), Veneto (+115 milioni) e Toscana (+27 milioni).

La mobilità passiva, alla pari della spesa farmaceutica, concorre al deficit sanitario che nel 2024 si aggira sui 300 milioni di euro, dato che verrà confermato entro fine febbraio quando le Asl invieranno i bilanci definitivi. Nell’ultima legge di Bilancio regionale è stato affrontato il tema, individuando delle misure che possano ridurre i viaggi della speranza: “Per quanto attiene la mobilità attiva – si legge nell’articolato – saranno riconosciute le prestazioni di medio–alta complessità, registrate nella matrice di mobilità, ed erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate. Per quanto attiene, invece, la mobilità passiva, saranno riconosciute le prestazioni di medio–alta complessità alle strutture pubbliche e private accreditate, per i soli Drg fuga, e nei limiti delle risorse che saranno decurtate alle altre Regioni, previa apposita comunicazione. Con deliberazione di Giunta regionale si provvederà ad individuare i Drg fuga e le modalità attuative del provvedimento”. Cosa significa? Che la Regione Puglia rimborserà solo quelle prestazioni sanitarie di medio o alta complessità che saranno individuate anticipatamente e che riceveranno, per cosi dire, il “bollino” di “Drg fuga”. Sarà sufficiente? Per scoprirlo, innanzitutto è necessario individuare questi Drg fuga, al momento non è stato ancora fatto.

La mobilità passiva è un problema atavico, che è andato migliorando leggermente nel corso degli anni ma che non è stato mai risolto. Basti pensare che nel 2011 erano 63.135 i pugliesi che si curavano fuori regione, in strutture sanitarie principalmente di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (dati Aress). Il numero è andato lentamente decrescendo, il picco minimo nel 2020 con 36.650 pazienti, ma si tratta di un dato fortemente influenzato dalla pandemia Covid e dalle restrizioni negli spostamenti. Superata l’emergenza sanitaria, infatti, le cifre sono tornate a crescere: 42.665 già nel 2021 nonostante un lockdown meno rigido; 46.671 nel 2022 e 51.429 nel 2023. Certo, rispetto a 12 anni prima, circa 12mila pazienti sono stati “recuperati” e assistiti negli ospedali regionali, ma il trend nel 2024, conteggi ancora parziali, sembra essere nuovamente in aumento. Ancora troppi i pugliesi che si rivolgono a centri extraregionali per curarsi, generando una spesa non indifferente per le casse pubbliche.

Dal 2018 al 2022, la Puglia ha pagato per le cure dei suoi cittadini fuori dai confini regionali 837 milioni circa, con quella cifra la Regione avrebbe potuto costruire almeno due ospedali di medio-grande dimensioni. In media in Puglia il costo per la mobilità passiva evitabile è di 20,77 euro per ogni residente (dati Agenas). Ancora qualche esempio: nel 2020 sono stati 382 i pugliesi che, nonostante il blocco dei ricoveri per la pandemia Covid, si sono sottoposti ad un intervento chirurgico fuori regione per risolvere il problema dell’obesità. E la Regione ha sborsato oltre 2,1 milioni. Ma sono stati spesi 900mila euro anche per interventi al piede, oltre mezzo milione di euro per operazioni alla tiroide, tutte prestazioni sanitarie etichettate come di bassa complessità.

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