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Calabria, fanalino di coda nell’assistenza agli anziani


I dati Istat sulle Rsa certificano un numero basso di posti letto. Assistenza domiciliare e semiresidenziale agli ultimi posti


È DURA essere anziani in Calabria. È la conclusione che si tira via pressoché ogni report licenziato da società di statistica, enti di ricerca o associazioni. Si metta in fila, ad esempio, il rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) dell’Istat, il report sulle Rsa dello stesso istituto e l’indagine annuale sull’assistenza agli anziani di Italia Longeva, associazione nazionale per l’invecchiamento e la longevità attiva istituita nel 2011 dal ministero della Salute. Cosa se ne ricava? Che la Calabria, agli ultimi posti per speranza di vita in buona salute – ovvero, ci si ammala prima e ci si avvia a una vecchiaia quantomeno complicata – è fanalino di coda per l’assistenza domiciliare e in fondo alle classifiche anche per posti letto disponibili nelle Rsa.

ASSISTENZA, LE STRUTTURE RESIDENZIALI

In Calabria, censisce l’Istat, sono 300 le strutture residenziali – socio-assistenziali e socio-sanitaria – con una disponibilità di 7.302 posti letto, ovvero 3,97 ogni mille residenti. Uno dei dati più bassi a livello nazionale: peggio fanno solo Puglia (3,95) e Campania (2,02). La media nazionale è più alta – 6,92 – ma il divario è ancor più evidente se si guardano i dati delle regioni del Nord: qui si va dagli 11,81 posti ogni mille abitanti del Piemonte ai 10,94 della Liguria ai 9,66 dell’Emilia Romagna. In vetta il Trentino con 13,27 posti ogni mille residenti.
Poco più della metà degli ospiti è rappresentata da over 65 (3.782). Nelle strutture residenziali sono poi ospitati 2.071 adulti – si tratta, in genere, di persone con problemi di disabilità o dipendenza o patologie psichiatriche oppure donne vittime di violenza – e 486 minori.

AL SUD SI FA MENO RICORSO ALLE RSA PER ASSISTENZA ANZIANI

Dal report Istat si ricava anche un altro dato: nel Sud si fa meno ricorso al ricovero in Rsa per gli anziani. Il tasso più alto si registra nel Nord-Est con 29 ospiti ogni mille anziani residenti, di contro al Sud solo 8 sono ospiti delle strutture residenziali. Un dato analogo a quello calabrese (8,59) e decisamente più basso rispetto alla media nazionale pari a 19. Le ragioni di questo ridotto ricorso alle Rsa per l’assistenza degli anziani possono essere diverse. La ridotta offerta gioca un ruolo, come probabilmente una distribuzione non uniforme sul territorio delle strutture spesso concentrate attorno ai centri maggiori.
Non sono ininfluenti i costi: le prestazioni sanitarie sono coperte dal servizio nazionale, la retta alberghiera, a carico del paziente o dei familiari, può arrivare a 1800 euro, con la possibilità – in base all’Isee – di ottenere una compartecipazione dal Comune.

LA COMPONENTE CULTURALE

Non va trascurata, però, la componente culturale: una scarsa propensione, da parte anche degli stessi familiari, a “staccare” l’anziano dalla propria casa e dal proprio nucleo. La soluzione, in questi casi, potrebbe essere un aumento dell’offerta per servizi di assistenza domiciliare o semiresidenziale come avviene nel resto d’Europa. L’Italia, però, da questo punto di vista è in controtendenza. E la Calabria triste fanalino di coda.

I SERVIZI SEMIRESIDENZIALI

A metà tra assistenza domiciliare e ricovero in Rsa, i servizi semiresidenziali prevedono un certo numero di ore di assistenza in struttura per l’anziano, che può tornare poi a casa sua, dalla famiglia. «Nel suo complesso, l’approccio semiresidenziale – dice Italia Longeva – rappresenta una soluzione efficace che combina la professionalità dell’assistenza sanitaria con il comfort e la familiarità del proprio domicilio». In Italia – dati 2022 – si registra un tasso di 2,18‰ anziani che beneficiano di questi servizi, con evidenti variazioni regionali. I tassi più alti sono stati documentati dalla Provincia Autonoma di Trento (9,09‰), seguita da Lombardia (7,46‰) ed Emilia Romagna (5,30‰). I dati più bassi, invece, in Basilicata (0,02‰), Calabria e Sicilia (0,11‰).

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ASSISTENZA DOMICILIARE

Le carenze del servizio in Calabria sono state documentate più volte, con testimonianze, dal Quotidiano del Sud. La sanità pubblica li delega in larga parte al privato e quando finisce il budget li taglia. Non stupisce quindi vedere la regione fanalino di coda nell’indagine di Italia Longeva. Nel 2023, in Italia, il 3,89% dei residenti over 65 ha usufruito di cure domiciliari. Un dato in crescita rispetto al passato, ma comunque lontano dall’obiettivo del 10% posto dal Pnrr. Anche qui i divari territoriali sono impietosi.

E non solo tra Nord e Sud, ma anche nello stesso Mezzogiorno. «Se da un lato la Regione Molise riesce a garantire cure domiciliari al più del 7% degli anziani over 65 residenti, l’Abruzzo al 5,8% e la Basilicata al 5%, All’opposto dello spettro troviamo Calabria, Sardegna e Puglia che registrano tassi di copertura dell’1,7%, 2,15% e 2,49%, rispettivamente – rileva Italia Longeva – Si tratta di un divario profondo, frutto di storie, politiche e tessuti sociali differenti, che tuttavia generano importanti diseguaglianze nell’ambito del Paese».

I REPORT DI ITALIALONGEVA

Un dato, quello calabrese, che non si spiega certo con un miglior stato di salute dei nostri anziani. Lo documentano sempre i report di ItaliaLongeva, che hanno analizzato i dati raccolti dall’Istituto di Ricerca della Società Italiana di Medicina Generale nel database Health Search. Cosa ne viene fuori? Che in Calabria oltre il 25% degli over 60, partecipanti allo studio Health Search, si trova in una condizione di fragilità moderata e grave (ed è grave per circa l’8,5), mentre le regioni del Nord non vanno oltre il 20% (e il 7 per fragilità grave). A far difetto, insomma, non è certo la domanda di assistenza.



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