Il dibattito sulla zona industriale gira ancora tutto attorno alla questione occupazionale, meno sull’impatto ambientale, ancora meno sulle responsabilità e possibili soluzioni. A dirlo sono: Michele Mangiafico, Giorgio Nanì La Terra e Pierluigi Chimirri, commentando la seduta di Consiglio comunale di ieri sera.
“A 76 anni dal primo insediamento industriale a nord della nostra città, il dibattito pubblico cittadino fotografato in occasione del Consiglio comunale del 10 febbraio 2025 risulta ancora pesantemente condizionato dal peso dei posti di lavoro sul piatto della bilancia – peraltro in misura progressivamente decrescente – e abbondantemente svuotato di analisi approfondite e soluzioni concrete sul piano della salute dei cittadini che da oltre mezzo secolo pagano con indici di malattia e mortalità di “tumore” un prezzo altissimo senza vedere né bonifiche, né centri di eccellenza sanitaria, né compensazioni alle vite umane offerte alla logica del presunto “sviluppo” che ha caratterizzato numerosi insediamenti industriali su trenta chilometri di costa”.
Dicono i tre, analizzando minuziosamente la seduta a palazzo Vermexio: “La parola che è stata pronunciata più volte in oltre tre ore di confronto è stata “tavolo”, quella che non è stata mai pronunciata è stata “tumore”. Anche questo segna il livello della sensibilità che oggi caratterizza la classe politica della nostra città, con il picco toccato – come sempre – dal primo cittadino, costantemente assente al punto da non fare più notizia. A quella politica che ha detto a più riprese che tutti devono sentirsi coinvolti perché l’economia di tutti dipende dalla zona industriale bisogna anche ricordare che la stessa dinamica vale per la qualità dell’aria, dell’acqua e del sottosuolo. Tutti devono sentirsi coinvolti”.
“Le parole “emorragia” e “agonia” sono state utilizzate, – continuano Mangiafico, Nanì La Terra e Chimirri – nel corso del dibattito, paradossalmente e significativamente, non per legarle al malessere sanitario e agli indici di mortalità connessi all’inquinamento, ma all’occupazione e alla perdita di posti di lavoro. Imbarazzante l’auspicio alla “rinascita del polo petrolchimico”, svuotato da un’analisi dell’inquinamento e dei suoi effetti, da parte dei firmatari dell’ordine del giorno.
Nessun riferimento alla “pioggia di catrame” che ancora qualche settimana addietro ha interessato la nostra città e le altre comunità della zona industriale in un processo di costante rimozione delle cose di cui non bisogna parlare. Il sesto rapporto “Sentieri” dedicato alle aree a rischio industriale del nostro Paese, l’ultimo in ordine cronologico ancorché datato di un anno, conferma la presenza oltre la media, nel nostro territorio, di mortalità e ospedalizzazioni relative all’apparato urinario, ai linfomi non Hodgkin, alle malattie polmonari. Si tratta, anche in questo caso, di una “crisi”, altrettanto, se non più importante di quella industriale”
“Una breve parte del dibattito ha riguardato il nuovo ospedale di Siracusa, -spiegano – come se ciò che è un diritto per ogni comunità, nella nostra dovrebbe passare per contraccambio rispetto all’inquinamento dell’area industriale, peraltro con l’aggiunta di uno snervante dibattito sull’ipotesi che questo ospedale possa anche essere un ospedale di serie B.”
E infine i tre chiedono “alle istituzioni cittadine di restituire equilibrio ad un dibattito squilibrato, riportando nella giusta centralità i temi della salute, della bonifica del territorio, della piantumazione degli alberi, degli interventi sanitari per la realizzazione di centri di eccellenza, delle compensazioni ad un territorio che ha pagato con un eccesso di malattie la presenza di tante industrie nella zona nord della città. Il sindaco batta un colpo, se c’è.”
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