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Cosa resta di Arte Fiera 2025. Uno sguardo ad ampio raggio sulla manifestazione che si è chiusa domenica scorsa a Bologna


Davide Ferri, il nuovo direttore di Arte Fiera Bologna

Prima ancora di chiudere l’edizione 2025, ad Arte Fiera (si veda altro articolo di BeBeez) si parlava già della prossima stagione, dopo una manifestazione che conferma e rilancia il proprio ruolo di panorama italiano che guarda all’Europa con 176 gallerie e 50mila presenze.

Il livello è cresciuto e si è deciso anche il passaggio di testimone. Il nuovo direttore di Arte Fiera a Bologna sarà dal 2026 Davide Ferri, che succede dopo sette anni dalla direzione di Simone Menegoi, critico d’arte e curatore indipendente che, tra le altre cose, dal 2020 è responsabile della apprezzata sezione Pittura XXI proprio della rassegna bolognese.

Forlivese, classe 1974, Ferri vive a Roma assieme alla compagna Cecilia Canziani, critica e storica dell’arte, dividendosi tra Rimini e Bologna, dove insegna rispettivamente Estetica alla Laba ed Ergonomia delle esposizioni e Allestimento spazi espositivi all’Accademia di Belle Arti del capoluogo dell’Emilia-Romagna. Dal 2012 è curatore della Sezione Arte del Festival teatrale Ipercorpo e collabora come curatore con Palazzo De’ Toschi per conto della Banca di Bologna, e con la Fondazione Coppola di Vicenza. E’ anche il curatore della mostra dell’artista olandese Peggy Franck (Zevenaar, 1978), ospitata nella Sala Convegni Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi fino al 2 marzo 2025.

Fathi Hassan, “Il volto sacro del generico”, 2002, Richard Saltoun

La fiera, che BeBeez ha visitato per voi, quest’anno aveva due padiglioni (25 e 26) due percorsi, quello della “tradizione” legata alla prima e seconda metà del Novecento e quello contemporaneo con uno spazio tutto dedicato alla fotografia. Un’organizzazione che ha garantito una buona fruibilità, spazi ampi e stand ben allestiti mentre crescono i progetti monografici che rendono riconoscibili i galleristi e aiutano il visitatore e soprattutto il collezionista ad orientarsi. La valutazione complessiva al termine di quattro giorni è pressoché unanime sulla crescita del livello, la selezione delle gallerie e anche una buona e motivata affluenza di pubblico. I collezionisti sono tornati anche se qualcuno lamenta che sono sempre gli stessi. Il mercato è il nodo critico anche se molti sono soddisfatti dell’aspetto commerciale: in generale Bologna è la fiera italiana per eccellenza che garantisce maggiori ritorni in tal senso. Il panorama è tutto nazionale, nelle gallerie, a parte qualche sparuta presenza estera che però è una sede di una galleria italiana o una galleria all’estero di italiano. Gallerie straniere di stranieri sono eccezioni che confermano la regola di Bologna come “Scena italiana” e in tal senso è anche apprezzata, perché è storica e perché è un luogo dove ci si misura con il Paese, le tendenze, le disponibilità e le difficoltà. Certo le fiere oggi – lo sostiene anche chi ha fatto buoni affari – non sono primariamente il luogo per operazioni commerciali ma questo accade da molto tempo. In fatto di richieste si assiste a un ritorno alla pittura, alla tradizione perché più rassicurante in un momento di sbandamento; accanto alla propensione per opere di grande formato; senza gli estremismi del contemporaneo e la voglia di sperimentare in prima linea. Ci sono state le edizioni di Angela Vettese, dove c’era sicuramente una mano curatoriale riconoscibile ma la fotografia e le installazioni erano diventate protagoniste.

In generale il mercato è lento, se non fermo, e non solo in Italia. Qui però arrivano le note dolenti: l’IVA che non è stata abbassata penalizza due volte, oltre lacci e lacciuoli che sembrano catene. In tal senso anche le fiere all’estero sono più dinamiche. C’è una diffusa e moderata fiducia sia sul mercato sia sulla nuova stagione della fiera e apprezzamento per un triennio di lavoro ben fatto sia di Stefano Menegoi sia del super collezionista Enea Righi. Avanti tutta dunque.

Marinella Senatore, “There is so much we can learn from the sun”, 2024, vincitore Preio Officina Arte Ducati, Mazzoleni

Mazzoleni, galleria con sede a Torino e Londra, sottolinea la separazione dei due mercati, quello nazionale e quello inglese, con una Brexit ancora in atto, che lo ha chiuso su se stesso grazie anche a una scuderia ampia di artisti inglesi, di incentivi e organizzazione funzionale al settore dell’arte che l’Inghilterra garantisce, oltre l’interesse, stante le regole, del collezionista inglese, che si rivolge preferenzialmente ai propria artisti. In ogni caso il bilancio della fiera 2025 è buono ed espressione che incorona una buona gestione triennale. La galleria, soddisfatta della presenza, in quest’edizione ha presentato una monografia di Davide Raimondo e, tra l’altro, ha visto incoronare la propria artista Marinella Senatore con il Premio Arte Ducati. Opere della stessa artista sono presenti anche da Richard Saltoun, una delle poche presenze estere, con sede a Londra e New York, oltre che Roma dove la galleria è sempre più attiva. Nello stand, tra le altre opere, abbiamo notato l’imponente lavoro di Fathi Hassan, Il volto sacro del generico del 2002.

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Soddisfazione anche presso la fiorentina Tornabuoni Arte, con sedi a Roma, Milano, Forte dei Marmi e Parigi, che sottolinea come i collezionisti sono tornati e l’interesse per la qualità delle opere è viva anche se non immediatamente funzionale alla vendita. Resta il nodo del mercato italiano problematico per le vendite all’estero anche se la piazza di Bologna in Italia conferma la propria centralità. Rispetto alla sede parigina, la Ville Lumière in questo momento è ritenuta l’ombelico del mondo dell’arte e un hub importante per chi punta a un collezionismo solo interno.

Valutazione del mercato prudente per la Galleria Il Ponte di Firenze che punta il dito sul fermo seguito all’inizio della Guerra in Ucraina, dopo il periodo del Covid e post Covid che nell’arte era stato “vivace”; mentre adesso si attende un riassetto geopoltico generalizzato. Giudizio positivo sulla fiera che, dopo anni di crollo verticale, da tre anni si è attestata su un buon livello anche nell’organizzazione espositiva, puntando sull’italianità.

Particolare Leoni di Arturo Martini, Galleria Repetto

Apprezzamento per l’edizione 2025 anche presso la Repetto Gallery, con sede a Lugano, dove si è trasferita dopo aver lasciato Londra, soprattutto per una scelta di indirizzo, trattando soprattutto Novecento italiano, ora su una piazza vicina all’Italia e in grande fermento. In mostra tra l’altro due Leoni di Arturo Martini in grès porcellanato del 1934, materiale allora innovativo, impiegato però per il recupero dello stile romanico che caratterizza la scultura delle zone dell’Italia centro-settentrionale come il Duomo di Cremona o di Modena e una finitura saltata in stile orientale. Il gallerista ha messo in luce l’alta qualità della fiera unitamente ai buoni risultati diffusi del risultato commerciale. In generale i giorni a Bologna hanno messo in luce un 2025 partito con una marcia in più rispetto al 2024 anche a Bruxelles, dove due settimane prima si è tenuta Brafa. In generale si avverte un ritorno ai classici, la valorizzazione della tradizione, intesa per il contemporaneo come predilezione per la pittura.

Anche la pratese Farsetti Arte ha apprezzato una buona affluenza e richiesta del pubblico, anche sotto il profilo delle vendite perché rispetto a Milano, schiacciata tra Bologna e Basilea, qui c’è più respiro e poi si sente la storia e la possibilità di convogliare il collezionismo italiano per il suo essere baricentrico. E’ certamente la città più baricentrica tra le fiere e qui si sono visti molti collezionisti dalla Puglia, regione vivace in tal senso, dalla Calabria e dalla Sicilia ad esempio. Il tema dei nodi irrisolti del mercato italiano corre parallelo anche se a Bologna è esploso perché non c’è stata l’approvazione della riduzione dell’IVA come nella Ue ed è recente, tanto che la fiera si è chiusa con un flash mob di protesta.

“La luce in fondo al tunnel” è la sintesi della Galleria Russo di Roma, che si è intravista ad Arte Fiera dopo un rallentamento progressivo, fino quasi a un fermo per la vendita e anche per la ricerca delle opere, altro fattore molto importante che muove l’interesse nelle esposizioni e suscita apprezzamento. Secondo Russo, i tempi sono maturi perché si proceda alla riduzione dell’IVA che naturalmente andrà compensata e sostenuta da una maggior flessibilità del mercato per cui si renda possibile la vendita di opere pur di autori importanti che non fanno la storia dell’arte e che pochi selezionati collezionisti stranieri sarebbero disponibili a pagare molto più rispetto agli acquirenti nazionali, portando ossigeno anche allo Stato. Basterebbe trovare il modo.

Qualche perplessità l’abbiamo ascoltata da Ettore Guastalla, galleria di Milano, che ha valutato l’affluenza più di pubblico generico che di collezionisti con un mercato che soprattutto fuori dai confini nazionali ha tagliato praticamente fuori l’Italia anche se la qualità in fiera c’è stata, ma non è sufficiente. Anche Secci, galleria che ha lasciato Firenze per concentrarsi su Milano e Pietrasanta, se ha confermato il rilancio della fiera vede il mercato lento, seppur con spiragli di ripresa, un po’ più velocemente all’estero, dove però se il sistema fieristico consente uno slancio maggiore, comporta altresì un costo più elevato di partecipazione.

Adelisa Selibasic, Zanin z2o

Si concentra sulle tendenze emerse nell’edizione 2025 la galleria romana Sara Zanin z2o, che nota un ritorno alla pittura, una richiesta di grandi dimensioni e molto movimento che, anche se non ha portato necessariamente e subito alla finalizzazione della vendita, ha stabilito nuovi contatti e fatto incontrare potenziali clienti. Per questo la scelta è stata un progetto monografico, dedicato alla italo-bosniaca Adelisa Selimbašič, selezionata per Art Bruxelles 2025.

Stand ampi, facilmente fruibili, qualità alta, con un mercato non molto vivace, il parere di Giovanni Bonelli, galleria con sede a Canneto sull’Oglio, Milano e Pietrasanta che vede i collezionisti stranieri come una nicchia; e Marcorossi artecontemporanea con sede a Milano, Pietrasanta, Torino e Verona, che ha notato un certo squilibrio tra la prestanza fieristica e la domanda, forse troppo concentrata su un bacino nazional che non riesce a muovere grandi numeri.

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Caterina Silva, Galleria Eugenio Delfini

Nel padiglione 25 sono più numerose le gallerie che hanno partecipato per la prima volta ad Arte Fiera, come la realtà roana della Galleria Eugenia Delfini che si è presentata con un progetto monografico dedicato a Caterina Silva, bilancio positivo anche commercialmente, soprattutto per il dialogo con tutta la fascia dell’Italia centrale che è indubbiamente la protagonista di questa Fiera, sempre e in quest’edizione più che mai. Anche questa realtà ci ha confermato il ritorno alla pittura, segnale chiaro di un periodo di incertezze, anche perché il quadro è più semplice da allestire.

Il padiglione dedicato al contemporaneo, con una forte presenza della fotografia e un panorama più variegato, si è invece caratterizzato maggiormente per i progetti monografici o di dialogo, come evidenziato da MC2 Gallery, realtà milanese dedicata interamente alla fotografia, il cui bilancio dell’ultima gestione fieristica è positivo, con una risposta che c’è per contatti e visibilità e che non può essere misurata in vendite.

Ai WeiWei, “The Black Chandelier”; courtesy Ai Weiwei Studio e Galleria Continua

Presenza ricorrente in molte fiere, e con una forte partecipazione all’estero, Galleria Continua di San Gimignano, una sorta di “multinazionale dell’arte”, che ha presentato un ventaglio di autori della propria scuderia di grosso calibro, da Ai Weiwei a Berlinde De Bruyckere, Jorge Macchi, Sabrina Mezzaqui, Hans Op De Beeck, Arcangelo Sassolino e Marta Spagnoli. In particolare l’opera Black Chandelier in Murano Glass di Ai Weiwei, che ha cominciato a interessarsi al vetro di Murano e al lavoro con i vetri artigianali dal 2017. Il lavoro esposto è una miniatura del più grande La Commedia umana, un’altezza di 12 metri per 6. Diversamente dal termine latino, che rimanda al candore della cera, questo candeliere è nero, il colore che per eccellenza assorbe la luce. Si tratta di un assemblaggio di crani umani, scheletri, ossa animali, organi interni, granchi. C’è l’eco dei candelieri veneziani con un’inversione di senso che cita l’alienazione umana, anche nella sua relazione con la natura, per cui si celebra la morte e l’esistenza viscerale svuotata del soffio vitale. Di Ai Weiwei anche un’opera omaggio a Morandi, artista simbolo della città di Bologna.

Progetto “L’Affare Morandi” di Vittoria Chierici presso Rossi&Rossi

E Giorgio Morandi è anche il soggetto del progetto L’Affare Morandi di Vittoria Chierici, curato dalla critica e storica dell’arte Maura Pozzati con la collaborazione della curatrice del Museo Morandi Giusi Vecchi, presentato per la prima volta al MAMbo fino al 6 gennaio scorso, progetto che nasce su uno studio del metodo di lavoro del pittore; tema di attualità per alcune polemiche che hanno interessato il possibile spostamento delle opere nuovamente in Comune. Il lavoro è stato presentato da Rossi&Rossi, fondata a Londra da Anna Maria Rossi, oggi una delle principali gallerie rappresentanti di artisti contemporanei della regione Asia-Pacifico e ha portato in fiera questa spinta all’apertura internazionale. La stessa autrice del progetto è una pittrice nata a Bologna che vive e lavora a Eastport nel Maine, negli Stati Uniti.

Nella sezione Pittura XXI del Padiglione, curata da Davide Ferri, Arte Fiera ha proposto una visione sulla pittura del XXI secolo, con un focus su artisti italiani e internazionali, combinando talenti emergenti e artisti di media carriera. In quest’occasione, Nashira Gallery di Milano ha esposto le opere di Andrea Grotto, con una selezione di lavori inediti realizzati ad acrilico e olio su tela.

Qui anche Càpsule con sede a Shanghai, con la quale idealmente ci trasferiamo dall’altra parte del mondo, fondata nel 2016 da Enrico Polato che ha studiato cinese e cultura cinese, cominciando a lavorare con le prime realtà che in Cina si occupavano di contemporaneo; dando poi vita a una realtà di scambio in chiave internazionale. Prima volta a Bologna, bilancio positivo anche per l’accoglienza, elemento che ci è sembrato degno di nota. Realtà “straniera” molto attiva anche nella progettualità curatoriale, che ha concluso l’esperienza Capsule Venice lo scorso dicembre e ora ha aperto un nuovo progetto nel capoluogo dell’Emilia-Romagna, Shelters, curato da Manuela Lietti, alla Corte degli Isolani.

Luca Monterastelli, Galleria Lia Rumma

Tornando in Italia abbiamo concluso la visita con Lia Rumma, galleria con sede a Napoli e Milano che tra i vari artisti ha esposto Luca Monterastelli e la sua Glory Hole, del 2012, artista che collabora con questa realtà dal 2015 e che mette insieme tradizione e innovazione e che ci è sembrato un simbolo di questa Fiera che ha fatto incontrare la storia con il presente, il sud con il nord. L’artista celebra il voyerismo legato a un’installazioni di vasi, simboli del corpo della donna, quali contenitori che conservano. Sono oggetti di antiquariato sui quali lavora con l’argilla intorno all’imboccatura, quasi un invito al visitatore a guardare dentro, a un’introspezione che l’arte suggerisce, in un momento in cui tutto va a rilento ed è incerto. Ecco che Arte Fiera è stata vissuta come una grande Piazza d’Italia, dove ritrovarci e ritrovare il proprio centro per ripartire.

 

a cura di Ilaria Guidantoni



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