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La Francia in Africa parla inglese


Costretta a ripensare la sua presenza nel continente dopo l’espulsione dalle storiche aree d’influenza, Parigi cerca nuove alleanze strategiche. L’Eliseo punta sulla Nigeria per rilanciare i propri interessi economici. Un cambio di rotta che privilegia le relazioni commerciali rispetto alla presenza militare e vede nelle nazioni anglofone i partner del futuro

L’Hotel de Marigny di Parigi dista 400 metri circa dal Palazzo dell’Eliseo. Cinque minuti a piedi.  È la residenza che ospita le delegazioni straniere che giungono a Parigi.

Il 28 novembre del 2024 ha visto sfilare, nelle sue storiche sale, politici, capitani di industria e amministratori delegati di Francia e Nigeria. Allo stesso tavolo i ceo di grandi aziende transalpine con interessi in Nigeria, come Patrick Pouyanné di TotalEnergies e Antoine de Saint-Affrique di Danone, accanto a importanti imprenditori nigeriani, come Aliko Dangote e Gilbert Chago.

I “Paperoni” del Consiglio

Un incontro di “Paperoni” in occasione di una sessione di lavoro speciale del Consiglio imprenditoriale franco-nigeriano, l’organismo avviato nel 2018 da Emmanuel Macron per promuovere e facilitare le relazioni commerciali tra i due paesi.

Tra i partecipanti anche Macron e Bola Tinubu.

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Prima visita ufficiale dopo 24 anni

Si è trattato di uno dei momenti più importanti della visita ufficiale del presidente nigeriano, la prima di un capo di stato del più popoloso paese africano da quando Olusegun Obasanjo arrivò in Francia 24 anni prima.

Smussati vecchi spigoli tra i due paesi e liberatosi da impegni, Tinubu se n’è tornato a Parigi la settimana scorsa. Il 5 febbraio è atterrato a Parigi, stavolta per una visita privata all’Eliseo. Uno scalo, quello parigino, che ha anticipato il viaggio ad Addis Abeba, dove questo fine settimana si deciderà il prossimo presidente della Commissione dell’Unione africana.

Affari

Business. Sta lì il fulcro delle relazioni di Parigi con Abuja. La politica delle porte aperte e girevoli. Il segnale della volontà di Macron di invertire il declino dell’influenza del paese nel continente. Il tentativo di costruire una nuova politica dalle rovine del disastro del Sahel.

La cacciata dal proprio “cortile di casa”

Dal 2022, con il benservito in Mali, è stato un susseguirsi di “fogli di via”  per la Francia, cacciata dal proprio cortile di casa: dal Burkina Faso e dal Niger nel 2023; a fine novembre del 2024, dal Ciad, la portaerei francese nel deserto. Senegal e Costa d’Avorio hanno annunciato pure loro di voler interrompere l’accordo di cooperazione nel settore della difesa con Parigi. Anche se poi sono restii a recidere del tutto i rapporti.

L’accusa mossa all’ex padre-padrone è la stessa: voler perpetuare relazioni neocoloniali sotto le mentite spoglie di antiterrorismo e stabilità. Regimi e popolazioni locali hanno rifiutato il ruolo paternalistico della Francia nella regione. Uno scetticismo nato anche dal timore della perdita completa della sovranità. Un malcontento sordo, poi esploso in un tuono che ha creato un’onda d’urto così intensa d’avvolgere l’intero Sahel.

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Un Macron ferito ha accusato di «ingratitudine» le ex colonie.

Smessi i panni del “poliziotto d’Africa”

Finisce così anche il ruolo di “poliziotto d’Africa” della Francia. Già erano state cacciate, con un biglietto di solo ritorno, le missioni Serval, Sangaris, Licorne e Barkhane.

Ora nel continente rimangono solo due basi militari permanenti: una in Gabon che ospita 350 soldati (ma che si ridurranno a 100) e una a Gibuti, con 1.500 militari. Prima dello sconvolgimento saheliano erano di stanza in Africa circa 7mila soldati, praticamente lo stesso numero del 1981. Nel periodo di massima espansione (subito dopo le indipendenze degli anni ’60) la Francia manteneva circa 60mila soldati, come ci ricorda Yves Bourdillon su Les Echos.

Capitolo Algeria

Alla lista dei renitenti alla leva francese bisogna inserire anche l’Algeria, paese dirimpettaio nel Mediterraneo e che merita un capitolo a sé.

Da anni si respira un clima spinoso tra Parigi e Algeri. Profonde le radici del conflitto.

All’inizio del suo mandato, Macron pareva ben intenzionato a ricostruire un rapporto più collaborativo con l’ex colonia. Ma tutto è naufragato dopo che la Francia ha assunto una posizione filo marocchina sul Sahara Occidentale.

L’inquilino dell’Eliseo ha ulteriormente complicato i rapporti, nell’ottobre del 2024, con una visita di stato di alto profilo a Rabat, ospite del re Mohammed VI. La situazione a quel punto è degenerata. È tutto cristalizzato, dall’economia alla politica fino alla sicurezza. Le ripicche sono continue.

L’ultimo sgarbo si chiama SU-57 Felon, aereo da caccia russo di quinta generazione. L’Algeria è il primo paese straniero ad acquistarlo.

Ma come ci ricorda Pierre Haski su radio France Inter è difficile pensare «di tagliare i ponti con un paese che rappresenta la terra di origine di circa il 10% della popolazione francese tra discendenti di ex colonie di immigrati arrivati dopo l’indipendenza.

Tinubu, un’altra storia

Con Tinubu è un’altra storia. Macron pare aver trovato una leadership desiderosa di parlare prevalentemente d’affari.

Il presidente francese, per giustificare lo sconvolgimento strategico della presenza in Africa, ha ribadito che la popolazione e i mercati del futuro sono in Nigeria, non in Sahel.

Come dargli torto: il paese rappresenta il 52%  della popolazione dell’Africa occidentale e il 75% della sua economia.

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Primi partner commerciali due paesi anglofoni

Già oggi Abuja è il primo partner commerciale africano per la Francia, come certificato dall’autorità doganale nel 2023. Al secondo posto, il  Sudafrica. I primi due paesi in classifica sono anglofoni e non hanno mai ospitato basi militare colorate di blu, bianco e rosso.

Stage a Lagos

Macron aveva mostrato fin nei suoi primi anni di studi all’École nationale d’administration di avere una spiccata sensibilità per il potenziale della Nigeria. Il venticinquenne futuro inquilino dell’Eliseo ha trascorso tra il 2002 e il 2003 uno stage di 6 mesi presso l’ambasciata francese a Lagos.

Respira un’aria familiare quando ci ritorna.

Rapporti sempre più stretti

Ma a testimoniare rapporti sempre più saldi tra i due paesi sono anche alcune nomine strategiche: il nuovo capo della divisione upstream di TotalEnergies, Mike Sangster, è stato l’ex amministratore delegato di TotalEnergies per la Nigeria (nel 2023, Parigi ha importato petrolio e gas dal paese africano per 4 miliardi di dollari).

La nuova responsabile del Dipartimento Africa del ministero degli esteri francese è Emmanuelle Blatman, in precedenza ambasciatrice ad Abuja.

Ed è un segnale che rafforza i legami tra Parigi e Abuja anche lo sbarco in terra francese di importanti filiali di istituto di credito nigeriani, come Zenith Bank e Uba.

Il problema di Abuja è il Niger

A frenare un po’ la “marcia trionfale” sui Champs-Élysées di Tinubu ed élite nigeriane è il loro vicino di casa più problematico: il Niger.

La giunta militare di Niamey accusa Tinubu di essere uno strumento francese nella regione.

E non è una critica indolore per Abuja, perché puoi cambiare i partner commerciali, non i tuoi vicini.

La parte settentrionale della Nigeria condivide legami familiari e storici con il Niger. Anche per questa ragione Tinubu, presidente della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale, mise in tasca le minacce di utilizzo della forza contro il Niger quando quest’ultimo sbatté la porta in faccia alla Cedeao.

Il generale golpista Abdourahamane Tiani sta poi adottando una efficace strategia comunicativa: sceglie di trasmettere i suoi messaggi non in francese ma in hausa, la principale lingua che unisce i due popoli.

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Sa che al nord sono in declino la popolarità e i consensi di Tinubu. Il generale, così, lo accusa di aver stretto alleanze con Parigi per destabilizzare il Niger.

Per difendersi, il presidente nigeriano è stato costretto a imbarcarsi in spericolate affermazioni: «Queste parole (di Tiani, ndr) esistono solo nel regno dell’immaginazione. La Nigeria non ha mai stretto alcuna alleanza, palese o segreta, con la Francia».

Opportunità anglofone

Schermaglie. La realtà è che la mutevole fedeltà all’interno della Françafrique ha comunque aperto opportunità economiche in Nigeria. Ma più in generale nell’Africa anglofona.

Il prossimo vertice Africa-Francia si terrà a Nairobi nel 2026. Il 4 ottobre del 2024 Ghana (e Angola) è entrato a fare parte ufficialmente dell’Organizzazione internazionale della Francofonia (Oif). Nell’occasione si è ripristinata la piena adesione della Guinea, pure lei governata da golpisti.

Nigeria, Ghana, Angola, ma anche Rwanda, Kenya, Etiopia rappresentano i tentativi della Francia di controbilanciare le tese relazioni saheliane.

Ma è ancora presto per capire se questo riposizionamento porterà frutti.





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