Ape sociale, Opzione donna, quota 41 per lavoratori precoci, pensione di vecchiaia anticipata per invalidità: quando possono andare in pensione gli invalidi?
Chi soffre di patologie che riducono la propria capacità lavorativa può presentare domanda all’Inps affinché venga riconosciuta l’invalidità civile. Questo particolare status conferisce determinati diritti a seconda della percentuale assegnata dalla commissione medica. Quando il grado di invalidità è elevato, oltre a provvidenze di tipo economico è possibile godere anche di particolari benefici di tipo previdenziale. Con il presente articolo vedremo quali sono le agevolazioni pensionistiche per gli invalidi civili.
Come diremo, alle persone a cui è riconosciuta una certa percentuale di invalidità è concesso di andare in pensione derogando agli ordinari requisiti stabiliti dalla legge per le altre categorie di lavoratori. Procediamo con ordine e vediamo quando possono andare in pensione gli invalidi.
Pensione con invalidità non inferiore al 74%
Le agevolazioni pensionistiche per gli invalidi civili necessitano di una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 74%. È questa la soglia minima per poter accedere al trattamento pensionistico a condizioni più favorevoli rispetto agli altri. Vediamo cosa prevede la legge.
Ape sociale per invalidi
L’Ape sociale è un anticipo pensionistico che la legge riserva a determinate categorie di lavoratori, tra le quali vi sono anche gli invalidi.
Per la precisione, il lavoratore con un’invalidità civile pari almeno al 74% può andare in pensione a 63 anni e 5 mesi con almeno 30 anni di contributi versati.
Per le donne con figli è prevista una riduzione dell’anzianità contributiva di un anno (se hanno avuto un solo figlio) o di due anni (se hanno avuto due o più figli).
L’importo dell’assegno mensile è pari a quello della pensione maturata al momento della presentazione della domanda per l’Ape Sociale, ma in ogni caso non può superare i 1.500 euro lordi al mese.
La concessione dell’Ape sociale è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa e non spetta a coloro che siano già titolari di un trattamento pensionistico diretto.
Opzione donna per invalidi
Opzione donna è un trattamento pensionistico anticipato erogato a domanda alle lavoratrici in possesso di determinati requisiti.
Nello specifico, le lavoratrici invalide civili in misura pari o superiore al 74% possono usufruire di questa pensione anticipata con 61 anni di età e almeno 35 anni di contributi.
Per le donne con figli è prevista una riduzione del requisito anagrafico di un anno (se hanno avuto un solo figlio) o di due anni (se hanno avuto due o più figli).
Ai fini del conseguimento della pensione è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è invece richiesta la cessazione dell’attività svolta in qualità di lavoratrice autonoma.
È possibile conseguire la pensione Opzione donna decorsi:
- 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;
- 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.
Il requisito contributivo non può essere ottenuto in regime di cumulo, ossia sommando, ai fini del diritto a pensione, i versamenti accreditati presso gestioni previdenziali differenti. È consentito unicamente il cosiddetto cumulo interno all’Assicurazione generale obbligatoria Inps.
Il trattamento pensionistico Opzione donna è integralmente ricalcolato col sistema contributivo.
Quota 41 per lavoratori precoci
Con un’invalidità superiore o uguale al 74% si può andare in pensione con almeno 41 anni di contribuiti di cui 1 prima dei 19 anni, a prescindere dall’età anagrafica.
La pensione anticipata con requisito ridotto per i lavoratori precoci, a far data dalla sua decorrenza, non è cumulabile con redditi da lavoro subordinato o autonomo prodotti in Italia o all’estero per il periodo di anticipo rispetto ai requisiti vigenti per la generalità dei lavoratori.
Pensione anticipata con invalidità non inferiore all’80%
Con una percentuale di invalidità pari o superiore all’80% lo Stato riconosce ai lavoratori un’altra prestazione: la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità.
Se posseggono questo requisito, gli uomini possono andare in pensione a 61 anni (compresa la finestra mobile di 12 mesi), le donne a 56 anni (compresa la finestra mobile di 12 mesi), sempreché abbiano versato almeno 20 anni di contributi da quando è sopraggiunta la condizione di invalidità (o 15 anni, nel caso in cui si rientri nelle cosiddette “deroghe Amato”).
In caso di cecità totale, il requisito anagrafico è ridotto a 51 anni di età per le donne e a 56 anni di età per gli uomini.
La misura, però, è rivolta soltanto ai dipendenti del settore privato: sono esclusi i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi.
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