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La transizione green creerà 78 milioni nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030: cosa sono i «green jobs» e quali sono i profili più richiesti


Secondo il World Economic Forum, la lotta ai cambiamenti climatici è uno dei fenomeni che più incide sul mercato del lavoro. Per cogliere fino in fondo le opportunità, però, servono corsi di formazione e aggiornamento

Se gestita nel modo corretto, la transizione energetica e la lotta ai cambiamenti climatici creeranno 78 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030. La stima è contenuta nel rapporto Future of Green Jobs 2025, pubblicato nelle scorse settimane dal World Economic Forum, che ha intervistato oltre mille datori di lavoro di 22 diversi cluster industriali e provenienti da 55 Paesi diversi. Secondo gli analisti del Wef, le profonde trasformazioni digitali ed energetiche in corso creeranno entro fine decennio 170 milioni di nuovi contratti di lavoro e ne faranno stracciare circa 92 milioni. Il saldo netto, dunque, è più che positivo: 78 milioni di nuovi lavoratori entro il 2030, molti dei quali impiegati nei cosiddetti «green jobs».

Cosa sono i «lavori verdi»

Con l’espressione «green jobs» ci si riferisce a tutte quelle professioni legate in qualche modo alla sostenibilità o alla tutela del pianeta. Secondo la definizione fornita da Unioncamere, si tratta di impieghi «che mirano a salvaguardare la Terra e il suo benessere, cercando di sostenere lo sviluppo umano senza però impattare in modo negativo sull’ambiente circostante». In termini pratici, svolge un «green job» chiunque lavori nel settore delle energie rinnovabili o dell’economia circolare. Ma l’etichetta si applica anche a una serie di nuove figure professionali che stanno diventando via via più diffuse. Tra queste ci sono l’energy manager, che si occupa di analizzare e ottimizzare l’impiego di energia in azienda o negli enti pubblici, il manager della sostenibilità, che si occupa di modificare i processi aziendali per renderli meno impattanti sull’ambiente, oppure lo specialista in contabilità verde, che aiuta cittadini e imprese a cogliere al volo le opportunità offerte da incentivi fiscali o finanziamenti legati alla sostenibilità, per esempio per ristrutturare casa.

Quali sono i lavori verdi più richiesti

L’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione delle emissioni di gas serra sono rispettivamente al terzo e al sesto posto dei fenomeni globali che più influiscono sull’evoluzione del mercato dal lavoro, superate solo dallo sviluppo impetuoso dell’intelligenza artificiale e altri trend del mondo digitale. Il report del World Economic Forum contiene anche un elenco dei quindici profili professionali più in forte crescita. La lista comprende proprio alcuni dei principali green jobs: ingegneri ambientali, ingegneri delle energie rinnovabili, specialisti della sostenibilità, specialisti di veicoli elettrici e a guida autonoma, operai per la transizione energetica. Questi sono solo alcuni dei lavori a basso impatto ambientale destinati a essere sempre più richiesti negli anni a venire. Il problema, semmai, riguarda il mismatch tra domanda e offerta. Per riempire tutti i posti di lavoro che offrirà la transizione energetica nei prossimi anni, ci sarà bisogno di politiche di formazione adeguate e programmi di retraining per chi lavora nei settori a rischio chiusura. «Se la forza lavoro mondiale fosse composta da 100 persone», si legge nel report del Wef, «59 di queste avrebbero bisogno di corsi di aggiornamento o riqualificazione professionale».

I «green jobs» in Italia

Secondo il rapporto GreenItaly 2024 – redatto da Fondazione Symbola, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne – sono quasi 3,2 milioni i «green jobs» in Italia, pari a circa il 13,4% del totale degli occupati. Un dato positivo, ma soprattutto in continua crescita: più di un contratto su tre attivato nel corso del 2023 (il 34%) riguarda proprio un lavoro legato alla green economy, seppur con differenze molto significative tra un territorio e l’altro. La regina indiscussa è la Lombardia, che da sola ha coperto più di un quinto (il 21,4%) dei «lavori verdi» attivati in tutta Italia. A livello provinciale è la città metropolitana di Milano a segnare il record, con 203.550 «green jobs» attivati nel 2023, pari al 10,6% del totale nazionale. In generale, un quarto dei nuovi posti di lavoro legati alla sostenibilità riguarda quattro province: Milano, Roma, Napoli e Torino. Se si guarda, infine, all’incidenza dei green jobs sul totale degli occupati, sono Lombardia ed Emilia-Romagna a guidare la classifica con il 15%, mentre la Sardegna – con il 10% – è la regione che fa registrare i dati più bassi.

Il mismatch che frena i lavori verdi

Per far sì che la lotta ai cambiamenti climatici si trasformi davvero in un volano per l’economia e per il mercato del lavoro, sottolinea il report del Wef, è fondamentale colmare il mismatch tra le competenze richieste dalle aziende e quelle disponibili sul mercato del lavoro. Un aiuto arriva sicuramente da alcuni strumenti Ue, a partire dal Fondo sociale europeo, che ha introdotto la possibilità di finanziare iniziative e corsi di formazione per chi cerca un lavoro nei settori della transizione verde. Allo stesso tempo, il «Meccanismo per la transizione giusta» prevede programmi di riqualificazione professionale per chi lavora in industrie destinate a scomparire, per esempio la filiera del carbone. Dove i governi e le istituzioni non arrivano, sono le stesse aziende ad attivarsi per formare i lavoratori di cui avranno sempre più bisogno in futuro. Proprio in questi giorni, per esempio, Federazione Filiera Legno ha siglato un accordo con Banco Bpm per offrire dottorati industriali, rivolti agli studenti di tutte le università. L’idea è di formare sempre più lavoratori specializzati nei comparti della bioedilizia o della logistica sostenibile, così da soddisfare l’offerta di green jobs.

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Foto copertina: Dreamstime/Brian T. Young



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