Chiusa la fase di rilancio, adesso toccherà ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in as e Ilva in as valutare le due nuove offerte presentate da Baku Steel e JindalBaku Steel Company CJSC in cordata con Azerbaijan Investment Company OJSC e di Jindal Steel International per poi essere sottoposte all’attenzione del ministro Adolfo Urso che avvierà la fase di contrattazione diretta, è tempo di riprendere il filo del discorso.
Quello che fa Confapi Taranto, la confederazione delle piccole imprese, che attraverso il suo presidente Fabio Greco sottolinea l’esigenza di mettere mano «a un protocollo di garanzia a tutela dell’indotto che consenta alle imprese strategiche la continuità finanziaria e produttiva dopo la vendita dello stabilimento affinché non abbiano più a ripetersi le vicende degli ultimi anni che hanno mandato in crisi irreversibile, nella quasi totalità dei casi, le aziende dell’appalto».
Non solo. In attesa della decisione, attesa per la giornata di domani, del tribunale fallimentare di Milano circa lo stato passivo di AdI in as, Greco ricorda come sia rimasta aperta «la questione dei crediti AdI in as per la parte relativa alla quota pro solvendo Ifis, mentre per la cessione in pro soluto dei crediti correnti è attesa, in queste ore, la delibera da parte di Sace, a seguire è prevista la firma da parte dei commissari e quindi l’invio dei contratti alle imprese per la cessione indispensabile ai fini della continuità produttiva delle imprese. Siamo certi – conclude il presidente di Confapi – che il Governo prenderà atto delle nostre richieste e saremo convocati per trovare il giusto compromesso al fine di traguardare il futuro che il nostro territorio merita».
Ex Ilva, Colautti e Rizzo (Usb): “Occupazione, decarbonizzazione e ambiente punti imprescindibili”
«La corsa, ormai a due, per Acciaierie d’Italia sembra aver già scritto sopra il nome del nuovo gestore dell’acciaieria. Se Baku Steel è in pole position, possiamo solo limitarci a dire che più che il contenitore conta il contenuto, la proposta industriale e come questa sarà in grado di soddisfare tutti gli elementi che noi abbiamo posto come pregiudiziali: il mantenimento dell’occupazione ed un percorso credibile su decarbonizzazione e investimenti ambientali».
A sostenerlo sono Sasha Colautti e Francesco Rizzo dell’esecutivo confederale Usb i quali, a proposito della forza lavoro, ribadiscono che «tutti i lavoratori dovranno essere salvaguardati, i dipendenti diretti, così come quelli dell’appalto e i circa 1700, tra Taranto e Genova, cassintegrati Ilva in amministrazione straordinaria, che era previsto rientrassero nel circuito produttivo entro il 2025 ma dei quali non si parla affatto».
Preoccupazione, invece, i due sindacalisti esprimono per quanto riguarda l’entità delle offerte di acquisto presentate ai commissari. In particolare quella di Baku Steel «che sembra fermarsi sul miliardo, quando il minimo di gara era stato fissato a quasi il doppio, 1,8 miliardi». Al Governo Colautti e Rizzo ribadiscono che «un asset strategico però non può non prevedere lo Stato, come presenza vigile e come garante degli interessi dei lavoratori e del contesto» e che pensi a strumenti ad hoc per i lavoratori «prevedendo l’incentivo all’esodo, il riconoscimento del lavoro usurante/amianto specifico per il siderurgico» mentre per le bonifiche «bisogna rifinanziare le operazioni e proseguire nel lavoro avviato».
PeaceLink punta sulle bonifiche e sulla tutela dei lavoratori
Opporsi all’aumento delle spese militari e chiedere che i fondi siano destinati alla riconversione industriale; sostenere un piano di lavoro per la bonifica e la tutela ambientale, garantendo una transizione giusta per tutti i lavoratori; difendere la pace e i diritti sociali, opponendosi a qualsiasi politica che alimenti il riarmo e una logica di guerra permanente.
Sono le linee guida contenute nell’appello che l’associazione PeaceLink ha rivolto alle organizzazioni sindacali affinché si uniscano in una mobilitazione «forte e determinata». Secondo il presidente di PeaceLink, Alessandro Marescotti, le offerte per l’acquisto dell’Ilva «sono ben al di sotto delle aspettative e del valore fissato dal governo, dimostrando che quello che dovrebbe essere un “asset strategico” non ha attrattiva per i grandi gruppi industriali. La situazione attuale, con una richiesta da parte di un operatore con capacità produttiva limitata, non fa che amplificare l’incertezza per i lavoratori, già colpiti da un passato di promesse non mantenute».
Quello che preoccupa di più Marescotti è l’assenza «di un piano di salvataggio per i lavoratori. La storia recente ci insegna che le garanzie di solidità possono rivelarsi illusorie, come dimostrato dall’esperienza con ArcelorMittal. Non possiamo accettare – sottolinea ancora Marescotti – che le soluzioni alle crisi industriali e occupazionali siano trascurate mentre si finanziano guerre e produzione di armi. È necessaria – conclude – una riconversione delle risorse destinate al riarmo in un piano di salvataggio per i lavoratori, che punti alla bonifica dei territori inquinati e alla tutela dell’ambiente».
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