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MEDICI DI FAMIGLIA: ALBANO, “RIFORMA DANNOSA E COSTOSA, NO A TRASFORMAZIONE IN DIPENDENTI ASL” | Notizie di cronaca


L’AQUILA – “La trasformazione dei medici di famiglia in medici dipendenti in servizio nelle case di comunità, è un grave errore, snaturerebbe il rapporto tra medico e paziente e porterebbe anche un aumento di spesa”

Lo afferma Vito Albano, segretario provinciale della Fimmg, (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, entrando nel merito dell’ipotesi allo studio del governo del passaggio alla dipendenza dei medici di famiglia, che comporterebbe un orario di 38 ore la settimana, e l’espletamento del servizio presso le future Case di Comunità. I medici di famiglia, ed in particolare il sindacato più rappresentativo,  si stanno opponendo strenuamente a tale riforma, dichiarandola non in linea con gli interessi di salute del cittadino.

“Non è un problema di orario, anzi – esordisce Albano -. Oggi il medico di famiglia lavora circa 10 ore al giorno, per circa 50 ore la settimana, quindi verremmo a ridurre l’orario; contrariamente a ciò che dice la Gabanelli, che quantifica il nostro orario in 15 ore la settimana. Le 15 ore sono soltanto l’orario minimo, che non vieta di farne di più; chiariamo invece che il lavoro del medico di famiglia non si esaurisce nelle ore di ambulatorio, ma consiste nell’effettuazioni di visite domiciliari su richiesta, di visite domiciliari programmate ai pazienti in Assistenza Domiciliare , della gestione burocratica dei pazienti, e dell’evasione delle numerose richieste di ricette e/o impegnative inviate tramite telefono, messagistica, e posta elettronica, che assorbono un discreto numero di ore. Per quanto riguarda il trattamento economico, verremmo sicuramente a migliorare la posizione. Come convenzionati paghiamo tutta la gestione del nostro lavoro (personale, utenze, affitto, obblighi di legge), senza avere ferie, malattia, tredicesima e TFR; come dipendenti avremmo tutti questi presidi, nessun problema di oneri e spese di gestione, ed anche un orario ridotto rispetto all’attuale. Non sono questi i motivi della nostra opposizione”.

Prosegue Albano: “si perderebbe definitivamente la figura del medico di famiglia così come oggi concepita, e non verrebbe sostituita dal medico dipendente. Mi spiego: le peculiarità della medicina di famiglia sono: la fiduciarietà (il cittadino sceglie il suo medico, che lo segue per anni, alcune volte per tutta la vita, che conosce la sua storia clinica e quella della sua famiglia, con cui si instaura un rapporto di reciproca fiducia) la continuità assistenziale (il cittadino trova sempre il suo medico che segue nel tempo la sua patologia)la domiciliarità (unica figura sanitaria che la soddisfa), e la diffusione capillare di studi sul territorio. La dipendenza comporterebbe il trovare il medico solo nella Casa di Comunità e non più nel proprio immediato territorio, il trovare ogni volta un medico diverso, secondo la turnazione decisa dal Direttore della casa di comunità, la scomparsa delle visite domiciliari e della capillarità di presenza che abbiamo oggi. Per il cittadino significherebbe lunghe file nella Casa di comunità e la perdita del proprio medico di riferimento, contattabile in ogni momento, durante tutto l’arco della giornata”.

Inoltre, “soprattutto nelle zone rurali o disagiate, in cui abbiamo piccoli agglomerati urbani, a scarsa densità abitativa, è necessario che il medico possa organizzare autonomamente il proprio lavoro, in modo flessibile, adattandolo alle esigenze della popolazione ed alla realtà geografica del territorio”.

Tiene a precisare Albano: “non c’è nessuna opposizione alla Case di Comunità. Lo dimostra il fatto che il nostro nuovo Accordo Collettivo Nazionale ossia l’equivalente dei contratti del personale dipendente, entrato in vigore ad aprile 2024, già prevede un sistema per cui i medici di famiglia devono lavorare un certo numero di ore settimanali secondo indicazioni dell’ASL (presso CdC, Ospedali di Comunità, vaccinazioni a domicilio per i non ambulabili, ed altre attività, secondo le esigente territoriali); ovviamente il numero di ore a disposizione è proporzionale al numero di scelte del medico: dalle 6 ore settimanali del MMG massimalista, alle 38 ore per il medico con meno di 400 iscritti. Ciò dimostra non solo la volontà a collaborare nelle CdC o nell’Ospedale di Comunità, ma anche che ci siamo posti il problema e abbiamo dato una soluzione normativa all’interno del nostro ACN: la dipendenza non è necessaria”.

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Infine il nodo dei costi: “la dipendenza costa di più. Oggi noi prendiamo una cifra di circa 75/85 € ad assistito per anno; la variabilità è dovuta ai vari assetti regionali. Con questa cifra la ASL si assicura tutta la nostra attività, compresi i costi di strutture, utenze, strumentazione e personale, e l’intero onere gestionale. Inoltre, poiché il nostro non è un lavoro dipendente, non ci vengono riconosciute ferie o malattia, e non viene accantonato un TFR. Con la dipendenza tutte queste indennità dovranno essere contemplate, e in più ci sarà l’onere di metterci a disposizione strutture e personale, assumendone gli oneri organizzativi. La spesa lieviterà notevolmente”.

 

 

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