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Da casa, da cocktail e da viaggio la moda intima non ha mai sconfinato così tanto – Moda


(di Alessandra Magliaro) Marchi storici centenari e più, nuove realtà per pubblici nuovi. Il mondo dell’intimo è in piena evoluzione e sempre più ibrido. La corsetteria anticamente intesa come reggiseno e mutande è diventata anche accessorio dell’outfit sbucando da giacche e abiti o da pantaloni traforati, la pigiameria è nei fatti una estensione dell’abbigliamento calcolando che oltre alle ore della notte si sta in pigiama due ore al mattino magari anche per praticare yoga e quattro ore di sera tra rientro dal lavoro, cena e relax, senza contare le ore eventuali in smart working da casa.
L’intimo è parte anche del cocktail wear  con sottogiacca leggeri come piume e i completi morbidi in maglia più o meno pregiata pantalone e blusa anche con aggiunta di cardigan lungo/vestaglia, la super moda dell’anno,  sono ormai il simbolo di un abbigliamento ibrido che ha sconfinato la porta di casa per diventare adatto a tutto dalla spesa al supermercato al cambio da viaggio in backpack.  
Homewear, cocktailwear, atleisure, travel e leisure sono tutti nomi ricorrenti per un settore sempre  più strabordante. E non sarà un caso che dati specifici del comparto sono rari perché tutto rientra sotto l’ombrello moda, come osserva il presidente di Underbeach Alessandro Legnaioli che realizza Immagine Italia, la più importante fiera di settore che si è conclusa a Firenze il 17 febbraio, sottolineando che dagli studi emerge un bel secondo piazzamento in Europa per l’intimo/pigiameria italiana. Escludendo i numeri e i volumi incredibili di Intimissimi del gruppo Calzedonia presieduto da Sandro Veronesi, i brand italiani cercano di stare nel mercato coltivando la nicchia di alta qualità e prezzo relativo puntando su materiali e lavorazioni di eccellenza e su una clientela affezionata. 
Ci sono storie familiari pazzesche, di terza e quarta generazione e archivi preziosi da custodire nel mondo dell’intimo. Matteo racconta di aver puntato su un disegno di pizzo svizzero che la nonna Flora Lastraioli, fondatrice nel 1932 del marchio di lingerie couture a Firenze (sete e mussole ricamate ancora oggi in un laboratorio tutto interno alla maison che esporta per il 95%), usava negli anni ’50 e di averlo rilanciato pur sapendo di essere in un ambito di preziosa e costosa rarità e che però si è fatto notare.  Ma si guarda anche al contemporaneo in tandem con la couture luxury di Femynal, creata da Aiza Villanueva a Borgo San Frediano , un tributo alla femminilità di corsetti, bustini e completi belli da mostrare sotto giacche da smoking maschili e in tessuti comfort.
Piemonte e Toscana tra Firenze e Arezzo sono i distretti di produzione che resistono all’assalto del fast fashion anche in questo campo dove la perdita, forse solo provvisoria, di un marchio storico di eccellenza conosciuto e amato come La Perla, si fa sentire mentre oltre alla Francia guadagnano spazi Spagna e Polonia. È di Alba in Piemonte,  Ambra, fuoriserie del mercato dal 1960, corsetteria pura con eleganza e fattura d’altri tempi, spiega Giuseppe Toppino , mentre tocca l’ultima creazione gioiello un completo nero e oro con 120 Swarovski che solo per il reggiseno costa 300 euro, qui è tutto 100 per cento italiano, non c’è vendita online o svendite che tengano, l’eleganza da queste parti ha un costo considerando che i ricami provengono dai telai lombardi che secoli fa impreziosivano i vestiti dei nobili della casata dei Visconti e i dentelle di Calais sono prodotti su telai che non possono venire sostituiti. Linclalor, piemontese anche questo brand, si adegua alle nuove modalità di utilizzo dell’intimo diversificando le linee. Parola d’ordine nella pigiameria è meno orsetti più versatilità con completi che non sfigurano al parco con il cane, in collegamento zoom con l’ufficio, per colori, disegni e filati belli da indossare sempre. Si punta al comfort dei materiali in fibre botaniche da Sofiaman (dal bamboo traspirante all’eucalipto antibatterico) e nella texture soffice, oltre ai pizzi da mettere in mostra c’è tutto il mondo shaping che traina il settore con tagli al vivo, elasticità e coprenza. Un marchio olandese punta sulle soluzioni adesive per reggiseni a schiena nuda o a slip dalla scollatura abissale o pantaloncini imbottiti per forme piene, silicone adesivo, tapes : soluzioni segrete sono definite e la vestibilità e compressione arriva a togliere fino a due taglie sul punto vita (un grande successo anche per il bridal, biancheria intima sotto l’abito del matrimonio), per lo sculpting. Le calze made in Italy come in Emilia, Julipet è uno storico marchio di Bologna 1954 molto famoso e che punta sulla qualità: il più venduto da sempre è il pigiama serafino e pantalone in tinta unita blu notte, modello Lambiate, una semplicità solo apparente perchè dettaglio, tessuto in cotone modal e peso del completo fanno la differenza. E poi ancora Confezioni Daniela 1957 laboratorio artigiano, Pierre Mantoux Milano 1932, il celebre Ragno addirittura 1879 ( i sottogiacca lupetto, proprio come negli anni ’60, sono ancora la cosa più venduta) sono altrettanti marchi del patrimonio storico italiano del settore. Ma l’antichità non basta, ecco allora l’esempio di Oscalito, data di fondazione 1936, Maglificio Po di Torino: il ceo Dario Casalini terza generazione dell’azienda che è ancora in piena città racconta come il controllo totale della filiera, dal filo al prodotto finito in house, inclusa tessitura e confezione è una loro caratteristica, “combattiamo l’ultra fashion, i nostri capi, mutande incluse durano 10-15 anni, perchè la qualità qui vince sulla quantità e il futuro in generale è la riduzione dei volumi e l’eco-sostenibilità”, sottolinea l’imprenditore tessile autore di “Vestire Buono, pulito e giusto e non a caso fondatore della rete Slow Fiber che offre un’alternativa al modello economico insostenibile che ha proliferato pratiche ecologicamente distruttive nella filiera e alimentato modelli di consumo dannosi.

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