Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Bonus agricoltura

Finanziamenti e contributi

Modificazione dei soggetti del rapporto obbligatorio


Successione nel debito e nel credito

Durante la vita del rapporto obbligatorio, è possibile che i soggetti originari, ossia creditore e debitore, siano sostituiti o affiancati da altri soggetti. Ad esempio, in caso di morte del debitore o del creditore, l’erede subentra, rispettivamente, nel debito o nel credito.

Queste modificazioni possono verificarsi in due modi:

  • nell’ambito di una successione a titolo universale (eredità; fusione tra società), caso nel quale la modificazione riguarda contemporaneamente tutti i rapporti facenti parte del patrimonio del dante causa, esclusi solo i rapporti intrasmissibili;
  • per effetto di una successione a titolo particolare, qui la modificazione riguarda il singolo rapporto, sia esso di credito o di debito.

 Le singole ipotesi di modificazione nel lato attivo del rapporto obbligatorio

La modificazione del soggetto attivo del rapporto obbligatorio, ossia del creditore, può avvenire per atto inter vivos, a titolo particolare, attraverso le seguenti figure:

  • la cessione del credito, disciplinata dagli articoli 1260-1267 c.c.;
  • la delegazione attiva, una figura non espressamente regolamentata dal Codice civile, ma elaborata da dottrina e giurisprudenza;
  • il pagamento con surrogazione, regolato dagli articoli 1201-1205 c.c.

La cessione del credito

La cessione del credito (art. 1260 c.c.) viene trattata dalla legge in due significati distinti. Il primo si riferisce al contratto con cui il creditore (cedente) pattuisce con un terzo (cessionario) il trasferimento in capo a quest’ultimo del suo diritto verso il debitore (ceduto). Il secondo significato si riferisce all’effetto di tale contratto, ossia il trasferimento del credito al cessionario.

In linea di principio, qualsiasi credito può essere ceduto, secondo il principio della “libera cedibilità dei crediti” (art. 1260, comma 1, c.c.), salvo che il credito abbia carattere strettamente personale (ad es., i crediti alimentari), che il trasferimento sia vietato dalla legge (ad es., è vietata la cessione dei crediti litigiosi a favore dei giudici dell’ufficio giudiziario in cui pende la relativa controversia), o che le parti abbiano convenzionalmente escluso la cessione (art. 1260, comma 2, c.c.). In quest’ultimo caso il patto di non trasferibilità non è opponibile al cessionario, a meno che non si provi che egli ne fosse a conoscenza al momento della cessione.

Anche i crediti futuri possono essere ceduti, purché a titolo oneroso e sempre che il rapporto da cui tali crediti deriveranno esista già al momento della perfezione del contratto di cessione.

Finanziamo agevolati e contributi

per le imprese

Il contratto di cessione si perfeziona con l’accordo tra creditore (cedente) e terzo (cessionario) e non richiede l’accettazione del debitore (ceduto), il quale rimane, in ogni caso, estraneo all’accordo di cessione. Per il debitore, infatti, è indifferente pagare al creditore originario o al terzo cessionario.

Il contratto di cessione del credito può prevedere, a favore del cedente, un corrispettivo in denaro (vendita del credito) o una prestazione diversa (es. fornitura di merci). Può anche avvenire senza corrispettivo (donazione del credito), in funzione di garanzia, o per estinguere un diverso debito del cedente verso il cessionario (cessione solutoria). Data la sua versatilità, il contratto che ha come effetto la cessione del credito è spesso definito contratto “a causa variabile“.

La cessione del credito può derivare da un autonomo contratto, dalla cessione del contratto che è fonte del credito, o dalla cessione dell’azienda.

Effetti della cessione

Per quanto riguarda gli effetti tra le parti, il credito viene trasferito dal cedente al cessionario nel momento stesso del perfezionamento dell’accordo di cessione, in base al principio del consenso traslativo (art. 1376 c.c.). L’eccezione riguarda la cessione di crediti futuri: in questo caso il trasferimento avviene al momento del sorgere del credito.

Per avere efficacia nei confronti del debitore ceduto, la cessione deve essere notificata al debitore o accettata da quest’ultimo (art. 1264, comma 1, c.c.). Fino a quel momento, infatti, il debitore potrebbe ritenere di essere obbligato nei confronti del creditore originario. Di conseguenza, se il debitore paga al creditore originario prima della notifica o accettazione della cessione, non è tenuto a ripetere la prestazione al nuovo creditore, a meno che non si provi che era a conoscenza della cessione (art. 1264, comma 2, c.c.).

L’accettazione o notificazione della cessione servono, inoltre, a renderla opponibile ai terzi. Ad esempio, se il cedente ha ceduto lo stesso credito a due cessionari diversi, prevale la cessione notificata o accettata per prima, con atto di data certa.

La notificazione e l’accettazione della cessione sono atti a forma libera.

Per quanto riguarda gli effetti della cessione, è importante notare che, sebbene venga modificato il soggetto attivo del credito, l’obbligazione rimane, per il resto, inalterata. Pertanto, il credito viene trasferito al cessionario con tutti i privilegi, le garanzie personali e reali, e gli altri accessori.

Consulenza fiscale

Consulenza del lavoro

Per lo stesso motivo, il debitore ceduto può opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente. Ad esempio, se il contratto da cui deriva il credito è annullabile per violenza, dolo o errore, tale vizio può essere contestato anche al cessionario. Tuttavia, il debitore ceduto non può opporre in compensazione al cessionario un controcredito verso il cedente se ha accettato la cessione, o qualora si tratti di un credito sorto posteriormente alla cessione (art. 1248 c.c.). Inoltre, non può opporre al cessionario negozi estintivi o modificativi del credito ceduto, se successivi alla notifica o all’accettazione della cessione.

La cessione del credito non deve essere confusa con la cessione del contratto. La cessione del contratto implica il trasferimento dell’intera posizione contrattuale del cedente al cessionario, con tutti i diritti e obblighi relativi, e necessita del consenso dell’atro contraente. La cessione del credito, invece, derivante da un contratto precedente, ha un effetto più limitato, poiché riguarda solo il diritto di credito. Di conseguenza, il cessionario del credito acquisisce solo i diritti legati alla realizzazione del credito stesso (ad esempio, garanzie reali e personali, accessori, azioni per l’adempimento della prestazione, ecc.), ma non anche le azioni inerenti al contratto precedente (come l’azione di risoluzione per inadempimento), che rimangono al cedente anche dopo la cessione del credito.

Rapporti tra cedente e cessionario

Per quanto riguarda i rapporti tra cedente e cessionario, è importante notare che:

  • se la cessione è a titolo oneroso, il cedente, salvo patto contrario, garantisce al cessionario l’esistenza del credito al momento della cessione (c.d. veritas nominis)(art. 1266, comma1, c.c.). Se il credito ceduto non esisteva (ad esempio, perché già adempiuto o prescritto) o non era nella titolarità del cedente, quest’ultimo dovrà restituire quanto ricevuto dal cessionario e risarcire l’eventuale danno. Tuttavia, il cedente non garantisce la solvenza del debitore (c.d. bonitas nominis), ossia la realizzabilità del credito;
  • se la cessione è a titolo gratuito, il cedente garantisce la veritas nominis solo se l’ha espressamente promessa o negli altri casi previsti dall’art. 797, nn. 2 e 3, c.c. (art. 1266, comma 2, c.c.). Anche in questo caso, non garantisce la bonitas nominis.

Ciononostante, sia per cessioni gratuite che onerose, il cedente può, con apposito patto, garantire anche la solvenza del debitore (cioè, la bonitas nominis). In tal caso, se il debitore non adempie, il cedente deve restituire quanto eventualmente ricevuto come corrispettivo della cessione, insieme agli interessi, alle spese della cessione e a quelle sostenute dal cessionario per escutere il debitore, oltre all’eventuale risarcimento del danno, ove ne ricorrano i presupposti (art. 1276, comma 1, c.c.).

Quando la cessione avviene per estinguere un debito del cedente verso il cessionario (c.d. cessione solutoria: art. 1198 c.c.), si presume che la cessione avvenga pro solvendo, ossia la liberazione del cedente si verifica solo quando il cessionario ottiene il pagamento dal debitore ceduto. Se invece le parti concordano che il cessionario liberi subito il cedente dall’obbligo che quest’ultimo aveva nei suoi confronti, accollandosi il rischio della solvenza del debitore ceduto, si parla di cessione pro soluto.

La cessione dei crediti di impresa ed il factoring

Il factoring è un contratto, di origine anglosassone ma oggi molto diffuso anche in Italia, in cui un imprenditore specializzato (factor) fornisce all’impresa cliente una  vasta gamma di servizi relativi alla gestione dei crediti dell’impresa nei confronti della sua clientela e derivanti dalla sua attività imprenditoriale, in cambio di una commissione variabile a seconda dell’entità degli obblighi assunti.

I servizi includono la contabilizzazione, l’amministrazione, il sollecito, l’incasso e il recupero dei crediti. Inoltre, il factor normalmente offre all’impresa cliente un’anticipazione finanziaria rispetto alla scadenza dei crediti ceduti, pari a una parte del loro valore nominale (c.d. funzione di finanziamento) e, più raramente, si assume il rischio dell’insolvenza di uno o più dei debitori dell’impresa stessa (c.d. funzione assicurativa).

Per realizzare questa operazione complessa, la prassi contrattuale si basa, di regola, sull’istituto della cessione del credito. L’impresa cliente cede al factor, in massa, i crediti che vanta o vanterà in futuro nei confronti di uno o più o tutti i propri clienti. Il factor, diventando formalmente titolare di questi crediti, li gestisce e può erogare l’anticipazione finanziaria richiesta dall’impresa cliente. L’anticipazione viene poi recuperata attraverso l’incasso dei crediti ceduti, con il trasferimento all’impresa cliente degli importi eccedenti l’anticipazione effettuata.

Se, poi, l’impresa cliente desidera essere anche sollevata dal rischio di insolvenza dei debitori ceduti, la cessione al factor deve avvenire “pro soluto“: in questo caso, anche se il credito ceduto fosse irrecuperabile, il factor non potrà richiedere la restituzione degli anticipi già versati. Diversamente, se la cessione è “pro solvendo”, l’impresa cliente dovrà restituire al factor le anticipazioni relative ai crediti non riscossi.

Per facilitare le operazioni di factoring, la Legge 21 febbraio 1991, n. 52, ha introdotto alcune deroghe alla disciplina generale della cessione del credito, applicabili solo se:

  • il cedente è un imprenditore;
  • i crediti ceduti sono pecuniari e derivano da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa;
  • il cessionario è una banca o un intermediario finanziario.

Le principali deroghe includono la possibilità di cedere crediti futuri anche prima della stipulazione dei contratti da cui sorgeranno, la cessione in massa dei crediti esistenti e futuri, la garanzia, salvo patto contrario, della solvenza del debitore ceduto, e l’opponibilità della cessione ai terzi anche quando il factor abbia pagato all’impresa cedente il corrispettivo della cessione con atto di data certa.

La cartolarizzazione dei crediti

La cartolarizzazione dei crediti, disciplinata dalla L. 30 aprile 1999, n. 130, è un’operazione finanziaria di derivazione anglosassone che utilizza la cessione del credito per smobilizzare i crediti, offrendo immediata liquidità al creditore, e creare un nuovo bene (uno strumento finanziario) da collocare sul mercato.

L’operazione di cartolarizzazione si articola in diverse fasi essenziali:

Un soggetto (originator), spesso una banca o un intermediario finanziario, cede, a titolo oneroso, uno o più crediti pecuniari, esistenti o futuri, a una società di capitali con l’esclusivo oggetto di realizzare operazioni di cartolarizzazione, detta società veicolo.

La società veicolo per procurarsi la provvista necessaria all’acquisto dei crediti, direttamente o tramite altra società, emette titoli che vengono collocati presso investitori, sia professionali che non.

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

La riscossione dei crediti ceduti e le attività ad essa finalizzate vengono gestite direttamente dalla società veicolo o tramite un’altra società, chiamata servicer.

Le somme incassate dai debitori ceduti sono destinate esclusivamente, salvo il pagamento dei costi dell’operazione,  ai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei relativi crediti.

Per garantire tale ultimo obiettivo, l’art. 3, comma 2, L. 190/1990 statuisce che  i crediti ceduti alla società veicolo, pur divenendo formalmente di proprietà di quest’ultima, costituiscono un patrimonio separato, distinto dal residuo patrimonio della società veicolo e da quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione che la stessa abbia in atto. Da ciò consegue che i detentori dei titoli emessi per una specifica cartolarizzazione hanno un diritto esclusivo sui crediti acquistati dalla società veicolo in attuazione di detta operazione e sui flussi di denaro generati dal loro incasso. Tuttavia, i detentori dei titoli possono far valere le loro pretese solo su questi beni specifici, e non sul resto del patrimonio della società veicolo o sui restanti patrimoni separati ad essa intestati e destinati ad altre operazioni di cartolarizzazione.

L’ambito applicativo della L. n. 190/1999 è stato ampliato anche alle operazioni indicate negli articoli 7 e seguenti della stessa legge.

Dal 1° gennaio 2019, si applica il Regolamento (C.E.) 12 dicembre 2017, n. 2017/2402/UE, volto a gestire i rischi delle cartolarizzazioni complesse e a rilanciare i mercati delle cartolarizzazioni di qualità.

La delegazione attiva

Il Codice civile si occupa solo della delegazione passiva (art. 1268 c.c.), ma è generalmente accettato che si possa creare anche una delegazione attiva attraverso l’autonomia negoziale delle parti.

La delegazione attiva è un accordo trilaterale tra creditore, debitore e un terzo, in cui il creditore (delegante) delega il debitore (delegato) a effettuare la prestazione al terzo (delegatario). Ad esempio, Tizio, creditore di Caio per 100, può decidere di far pagare questa somma direttamente al figlio Sempronio, accordandosi con Caio e Sempronio.

Nella delegazione attiva, il delegato diventa debitore sia del delegante che del delegatario. Questo significa che in caso di inadempimento, sia il delegante che il delegatario possono agire contro il delegato (c.d. delegazione cumulativa). Tuttavia, le parti possono anche concordare che il delegato sia liberato dall’obbligo verso il delegante (c.d. delegazione liberatoria).

A differenza della cessione del credito, dove l’accordo è tra il creditore originario (cedente) e il cessionario, e il debitore ceduto ne è estraneo, nella delegazione attiva anche il debitore è parte dell’accordo. Inoltre, mentre la cessione del credito sostituisce il creditore originario con un nuovo creditore, nella delegazione attiva l’effetto è, di regola, cumulativo: al creditore originario (delegante) si aggiunge un nuovo creditore (delegatario), senza sostituzione.

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Gestione Bed & Breakfasts

Finanziamenti Bed & Breakfasts

Gestione Bed & Breakfasts

Finanziamenti Bed & Breakfasts