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Il primo caso di suicidio assistito in Lombardia ha diviso la destra


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Da alcuni giorni in Lombardia i membri di Fratelli d’Italia sono in polemica contro l’assessore al Welfare Guido Bertolaso: lo accusano, in maniera in realtà strumentale, di aver consentito illegittimamente il primo caso di suicidio assistito nella regione con un farmaco fornito dal Servizio sanitario nazionale. Secondo le informazioni raccolte dai giornali locali, dopo le polemiche Bertolaso avrebbe detto alla giunta di essere disposto a dimettersi: il presidente della regione Attilio Fontana, della Lega, ha escluso questa possibilità in modo molto netto e ha difeso Bertolaso.

Il suicidio assistito è la pratica per cui a certe condizioni ci si può autosomministrare un farmaco per morire: in Italia è legale dal 2019 grazie a una sentenza della Corte costituzionale, che dichiarò illegittimo il divieto in vigore fino a quel momento. Da allora la Corte ha più volte invitato il parlamento nazionale a fare una legge per regolare l’accesso al suicidio assistito, ma senza successo. In assenza di una legge nazionale, ogni volta che una persona chiede legittimamente di poter accedere al suicidio assistito sono le aziende sanitarie locali – gestite dalle regioni – a dover stabilire se quella persona abbia i requisiti fissati dalla Corte e a seguire le procedure burocratiche per accogliere o respingere la richiesta.

È quello che è successo di recente in Lombardia, con il caso di una paziente milanese 50enne e da più di 30 anni malata di sclerosi multipla progressiva, a cui è stato accordato di somministrarsi un farmaco letale. Alla fine delle procedure burocratiche, che per questa paziente sono durate 9 mesi, è l’azienda sanitaria locale a fornire il farmaco. Era la prima volta che in Lombardia veniva approvato un suicidio assistito e la sesta in Italia dalla sentenza del 2019. Il caso risale a metà gennaio ma è emerso pubblicamente solo negli ultimi giorni: da lì in poi è iniziata anche la polemica di Fratelli d’Italia in regione, secondo cui Bertolaso (che ha la competenza sulla sanità) non avrebbe dovuto consentire questo suicidio assistito.

Anzi, Fratelli d’Italia accusa Bertolaso di avere in questo modo aggirato la volontà del governo regionale, dato che lo scorso novembre in Lombardia era stato deciso di non discutere una proposta di legge per regolare l’accesso al suicidio assistito, sostenendo che la materia fosse di competenza dello Stato. L’argomento non regge: quella di novembre fu una decisione politica legittima del consiglio regionale, approvata con una mozione, ma non ha alcun effetto sul fatto che le questioni sanitarie, compreso il suicidio assistito, siano di competenza sia statale che regionale, così come stabilito dalla Costituzione.

La legge regionale proposta in Lombardia in ogni caso non sarebbe servita a rendere legale il suicidio assistito, dato che lo è già a livello nazionale, ma solo a regolamentarlo: stabilire cioè esattamente chi debba occuparsi di valutare le richieste ed entro quali tempi e limiti, così come ha fatto di recente la Toscana con la prima legge regionale approvata in Italia sul tema.

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Bertolaso insomma non si sarebbe potuto opporre alla valutazione fatta dall’azienda sanitaria locale, che ha accertato la sussistenza dei requisiti per la paziente milanese, e in definitiva non avrebbe potuto impedire che la paziente si somministrasse il farmaco, a meno di non violare la norma stabilita dalla sentenza del 2019. Anche il presidente lombardo Fontana ha detto che Bertolaso «non poteva sottrarsi a questo obbligo, anche per non mettere in difficoltà le nostre aziende sanitarie che hanno ricevuto la richiesta». Ha poi auspicato una legge nazionale che faccia ordine sulla confusione creata dal frazionamento delle valutazioni su questi casi a livello regionale.

Lo stesso Bertolaso ha ricordato che la sentenza «ha a tutti gli effetti il valore di legge» e ha poi spiegato che il caso è rimasto a lungo riservato perché lo aveva chiesto la famiglia della paziente.

Bertolaso ha 74 anni e fa parte della giunta lombarda dal 2022, quando venne scelto da Fontana durante il suo primo mandato per sostituire Letizia Moratti all’assessorato al Welfare. Venne poi confermato in giunta dopo le elezioni del 2023, vinte sempre da Fontana. Il suo è un profilo da “tecnico”, cioè non è legato specificamente a partiti politici: Bertolaso è un medico e divenne noto quando fu direttore della Protezione civile tra il 1996 e il 1997 e poi dal 2001 al 2010. Nel 2021 venne scelto da Fontana come consulente per la gestione delle vaccinazioni in Lombardia durante la pandemia, e solo dopo come assessore.



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