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Ai piedi dell’Aga Khan | il manifesto


Sua Altezza avrà una statua. Ce l’avrà sul Lungomare, probabilmente. Avete mai visto il Lungomare di Olbia? Andate a vederlo se non l’avete mai visto, è la prima cosa sulla quale i turisti sbattono il muso appena scesi dai traghetti e dalle navi da crociera. Avete bisogno di una motivazione? Cliccate on line su Tripadvisor e scoprirete che questo luogo delle meraviglie «offre svago e sport all’aria aperta». «Provate le installazioni ginniche JungleTree – vi sarà amichevolmente suggerito – e godetevi una bibita rinfrescante ai tavolini dei bar all’aperto, ammirate il panorama della città affacciata sul Golfo». Un perfetto angolo per vacanzieri, progettato per poter stare ovunque sulla faccia della Terra, allo stesso modo di un centro commerciale Walmart. Quale luogo sarebbe migliore per erigerci la statua di sua altezza Karim Aga Khan IV, principe dei musulmani ismaeliti e padre della Costa Smeralda, morto lo scorso 4 febbraio?

L’IDEA DEL MONUMENTO l’ha avuta il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi. È da quando Berlusconi accoglieva in bandana Tony e Cherie Blair in Costa Smeralda che Nizzi milita in Forza Italia. Di Silvio è stato intimo, vicino al Capo come pochi altri. Ma non ci sono soltanto i forzisti tra i protagonisti di questa storia; la proposta della statua dedicata a Sua Altezza ha raccolto, senza la più piccola resistenza, l’assenso di tutti i partiti che siedono nel consiglio comunale di Olbia, dal centrodestra al centrosinistra. Consenso unanime. E mica bastava la statua. Troppo poco. L’amore e la riconoscenza per il grande uomo sono a Olbia così forti e così senza confini che, sempre all’unanimità, il consiglio comunale ha deliberato di dedicare al Principe l’aeroporto cittadino, come per Malpensa s’è fatto, in eterna memoria, con Berlusconi.

LE MOTIVAZIONI di tanto trasporto Nizzi le ha affidate a una solenne dichiarazione riportata dalle agenzie di stampa: «La scomparsa di Sua Altezza l’Aga Khan IV lascia in tutti noi un profondo senso di sgomento e di tristezza, difficile da esprimere a parole. Se oggi Olbia è ciò che è, lo dobbiamo in gran parte a lui. Il suo sogno, il suo impegno e la sua visione hanno trasformato il nostro territorio, lasciando un’eredità incancellabile. Le parole, col tempo, si affievoliscono, ma i gesti restano. Per questo, oltre a intitolare a Sua Altezza l’aeroporto Olbia-Costa Smeralda, realizzeremo un monumento in suo onore. Sono segni forse piccoli rispetto alla grandezza della sua opera, ma è il nostro modo per custodirne la memoria e trasmetterne il ricordo alle future generazioni. Nei nostri cuori resterà per sempre la dolcezza del suo sguardo, così benevolo e gentile verso chiunque abbia avuto la fortuna di incontrarlo».

«SE OGGI OLBIA è ciò che è, lo dobbiamo in gran parte a lui». Sì, è così. Nizzi, dice una verità che nessuno può smentire. Se Olbia e tutta la Gallura costiera oggi sono come sono, lo si deve in gran parte all’Aga Khan. Lo si deve all’imprenditore che il 14 marzo del 1962, a Olbia nello studio del notaio Mario Altea, firmò l’atto costitutivo del Consorzio Costa Smeralda. Il Principe degli Ismaeliti proponeva in Sardegna un modello di turismo che ha avuto da subito tratti distintivi molto precisi. È come se in quel tardo inverno di sessantadue anni fa sulla terra dei nuraghi fosse sbarcata un’astronave proveniente da un universo alieno. Sua Altezza applicava alla Gallura le regole economiche e finanziarie, di marketing e di promozione, che il turismo internazionale di fascia alta seguiva, negli stessi anni, in tante altre parti del pianeta, da Acapulco alla Costa Azzurra a Capri. Luoghi artefatti dove temporaneamente, per due tre settimane, clienti ad alto reddito possono vivere esperienze di sospensione apparente del reale attraverso l’artificiale, il falso. È questo che il turismo modello Costa Smeralda vende. Avete mai provato a passeggiare nella piazzetta di Porto Cervo adesso, a febbraio, quando ville, appartamenti super lusso, alberghi a cinque stelle e boutique esclusive sono chiusi?

È COME ENTRARE in un luna park a notte fonda quando le luci sono spente. A Porto Cervo lo si può fare. Lo può fare chiunque, non ci sono i cancelli sbarrati che trovi a Disneyland Paris. Entri, passeggi nelle stradine e sotto i portici disegnati dai grandi architetti chiamati all’impresa da Sua Altezza e capisci che tutto ciò che lì è stato pensato e costruito è una struttura produttiva concepita in maniera perfettamente coerente ai propri fini. Una fabbrica che produce e vende irrealtà. È questo che l’Aga Khan ha fatto di Olbia e di tutta la Gallura costiera. La sua grande astronave è sbarcata sugli scogli di Monti di Mola sovrapponendo a quei luoghi – densi di storia e di linguaggi propri – un modello, economico e culturale, che ha imposto su tutto i meccanismi astratti della produzione industriale.

NIZZI E SODALI definiscono il modello Aga Khan un caso di equilibrio virtuoso tra profitto e ambiente, un esempio da proporre alle generazioni future. Vorremmo invitare i seguaci di Sua Altezza a volgere lo sguardo, nelle notti terse d’estate, alle luci sulle alture che chiudono a occidente il borgo di Porto Cervo, ai lumi che, dai villaggi turistici, si alzano al cielo a oscurare le stelle. Una barriera iridescente, stesa uniformemente sul profilo scuro delle colline. Sembrano le luci di una raffineria. Come Marghera vista da Dorsoduro. E se all’Aga Khan si fosse lasciato completare il lavoro, con il master plan gigantesco che avrebbe voluto realizzare tra fine anni Novanta e i primi anni Duemila e che i movimenti ambientalisti hanno bloccato, sarebbe andata anche peggio.

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VA ALLORA NOMINATO, il disegno dell’Aga Khan, per ciò che effettivamente è stato: un progetto di valorizzazione, attraverso l’industria turistica, di ingenti capitali privati raccolti sulle piazze finanziarie internazionali. Ben altra cosa dal dono munifico di un principe buono dallo «sguardo benevolo e gentile». La statua all’Aga Khan sarà eretta a celebrare un ordine di valori, un ordine di civiltà, il cui centro è la City londinese più che il municipio di Olbia. Che tutti, proprio tutti – destre e sinistre – benedicano plaudenti, è un brutto segnale.



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