Le case popolari come strumento di controllo sociale e lotta allo spaccio? Sembra andare in questa direzione la proposta di Giancarlo Tonelli, direttore generale di Confcommercio Ascom, di assegnare case popolari alle famiglie di agenti di polizia, carabinieri o finanziari «nei palazzi che spesso presentano più situazioni di difficoltà di altri».
Una proposta che la stessa associazione di commercianti afferma di aver avanzato a Prefettura, Comune e Acer e che, nell’idea del proponente, dovrebbe partire dalla Bolognina e poi magari estendersi al resto della città.
«Le case popolari servono a chi ne ha bisogno», la residente boccia la proposta di Ascom
Dopo i criteri per le graduatorie sugli alloggi del cohousing Fioravanti 24, che assegnano punteggi a chi ha svolto attività di volontariato, arriva così una nuova proposta che inserisce all’interno del delicato tema delle case pubbliche e della loro assegnazione criteri che non riguardano i redditi e le condizioni materiali delle persone.
Secondo il direttore di Ascom, assegnando le case agli agenti di polizia «si potrebbe risolvere in parte l’emergenza-casa, un problema molto sentito anche da parte delle forze dell’ordine».
In altri termini, però, la proposta inciderebbe su quelle famiglie che non hanno un esponente delle forze dell’ordine all’interno e che da anni sono in attesa di vedersi assegnata una casa popolare. Oltre a ciò, sui social in molti sottolineano che anche i lavoratori delle forze dell’ordine avrebbero il diritto di riposare.
A commentare ai nostri microfoni la proposta di Ascom è Alice Facchini, giornalista che si occupa del tema della casa e che è una residente della Bolognina. Pochi giorni fa Facchini ha portato all’attenzione una situazione di emarginazione che l’ha toccata da vicino. Nel vano caldaia del palazzo in cui risiede aveva trovato riparo un giovane, che nell’angusto spazio aveva allestito un giaciglio. «Era da qualche settimana che era lì – racconta – perché c’erano anche i suoi vestiti, un materasso e gli effetti personali».
Oltre a raccontare la situazione di marginalità che le è «arrivata in casa», Facchini ha fatto anche considerazioni sugli strumenti messi in campo per intervenire su questi fenomeni.
«Oggi mi sembra che gli approcci a Bologna siano due. Uno è quello securitario, legato alla richiesta di aumentare la presenza delle forze dell’ordine in quartiere – spiega la residente della Bolognina – L’altro è quello che tende a riempire l’area di eventi culturali e persone, in modo che chi soffre di disagio non stia lì. Chiaramente il secondo è più umano del primo, ma parallelamente andrebbero potenziati i servizi per queste persone, che pensino anche a sostenerle per farle uscire da questa condizione così difficile che stanno attraversando».
La giornalista ha partecipato anche al Consiglio di Quartiere aperto fatto al Navile sul tema della sicurezza e non si dice stupita della proposta di Ascom viste le posizioni espresse in quel contesto.
Ciononostante boccia la proposta per tre ragioni. La prima è che «le case popolari servono alle persone che ne hanno bisogno», mentre un progetto di natura non abitativa ma securitaria comporterebbe uno scavalcamento nelle liste d’attesa per l’assegnazione di un alloggio.
La seconda ragione è che probabilmente le famiglie delle forze dell’ordine non vorrebbero vivere in quegli alloggi, mentre la terza riguarda l’impossibilità che i poliziotti siano in servizio H24.
Altro ragionamento, secondo Facchini, è quello che cerca di creare un mix sociale nelle case popolari, in modo che non diventino un ghetto delle situazioni più estreme e difficili, ma la coesistenza di persone di tipo diverso, con diverse condizioni economiche e sociali, permetta anche la creazione di comunità che scongiurino la marginalizzazione.
ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALICE FACCHINI:
Poliziotti nelle case popolari, tra pregiudizi e approcci securitari o legati al merito
Ai nostri microfoni è intervenuto anche Mauro Boarelli, che per Napoli Monitor ha firmato un articolo sul tema del cohousing Fioravanti 24. In quel caso non si trattava di case popolari, ma comunque di alloggi pubblici che, per la prima volta, vengono assegnati anche con criteri che riguardano il comportamento delle persone, criteri etici o legati al merito.
Un precedente pericoloso, che snatura il diritto all’abitare assoggettando le persone a valutazioni che non hanno a che fare con la loro condizione economica o famigliare.
Sulla proposta di Ascom di assegnare le case popolari ai poliziotti, invece, Boarelli segnala il grande pregiudizio o lo stigma nei confronti delle persone che vivono in quegli alloggi. Il messaggio che passa è che vivere in una cosa popolare di per sè segnali una tendenza alla microdelinquenza o ad atteggiamenti devianti.
«È preoccupante che non ci sia stata una risposta netta da parte dell’Amministrazione comunale», sottolinea Boarelli, che cita un’intervista alla presidente del Quartiere Navile, Federica Mazzoni, che non chiude completamente la porta alla proposta di Ascom.
«Questo mostra un orizzonte culturale in cui delle proposte che vengono da attori certo non progressisti della città si vanno a saldare con delle tendenze che l’Amministrazione non ostacola o addirittura asseconda», aggiunge Boarelli.
Indipendentemente dalla sua applicazione, la proposta di Ascom e il mancato rigetto da parte dell’Amministrazione costituiscono un elemento di preoccupazione proprio per la cultura politica che vanno ad alimentare. La stessa che, sottolinea Boarelli, ha visto il sindaco Lepore sostenere la linea del questore sulla fotosegnalazione preventiva dei giovani, inclusi i minorenni, che si recavano in centro il sabato sera.
«Ciò che mi preoccupa è la circolazione in città di idee che sono sintomo di un approccio alla questione del vivere nella collettività che va in una direzione autoritaria che dobbiamo respingere».
ASCOLTA L’INTERVISTA A MAURO BOARELLI:
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