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Italia, playoff di Champions League disastrosi. Il futuro dei tecnici ora è un vero rebus


Superficiali nel pensare che contro olandesi e belgi la qualificazione fosse una formalità. Eliminazioni meritate: peseranno nelle scelte




Vicedirettore

l flop nei playoff della Champions è completo. Italiane tutte eliminate. Altro che quinto posto per l’anno prossimo… Resta a rappresentarci solo l’Inter. Dopo la delusione di Milan e Atalanta a completare il disastro ci ha pensato la Juve, dominata nel secondo tempo e scavalcata nei supplementari. Una partita quasi sempre vissuta in apnea. Non avevamo fatto in tempo a registrare i miglioramenti della Juve, una ritrovata solidità e identità, che in Olanda ha preso tre gol ed è stata eliminata meritatamente. E inevitabilmente il bicchiere di Motta torna ad essere mezzo vuoto. Potrà bastare il quarto posto attualmente occupato, dopo i quasi 250 milioni di euro spesi sul mercato (con più di 100 incassati dalle cessioni), per tenersi stretta la panchina il prossimo anno?

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quanta leggerezza

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Sicuramente il nostro movimento calcistico, stampa e comunicazione inclusa, pecca di leggerezza quando definisce facili i passaggi di turno solo perché si affronta una squadra olandese o belga il cui monte ingaggi è enormemente inferiore a quello dei nostri club di vertice. Come se a vincere fossero solo i soldi spesi o la storia passata. Poi ti ritrovi a giocare contro avversari che corrono più di te, che giocano meglio, schierano giovani bravi a noi poco noti o qualche vecchissima conoscenza (Perisic) e mettono a nudo la tua presunzione, i tuoi limiti, i tuoi difetti. È quello accaduto prima della Juve a Milan e Atalanta, eliminate dopo il ritorno in casa. Nel doppio confronto ci sono stati dei colpevoli individuali: il rigore inesistente che ha concesso al Bruges di vincere all’andata contro la Dea, l’imperdonabile doppio giallo di Theo che ha zavorrato il Milan al ritorno. Ma sarebbe sbagliato e fuorviante addebitare solo a questi episodi l’eliminazione. La realtà è che il Milan di Conceiçao nonostante i corposi investimenti di gennaio è ancora un magma confuso, senza gioco né identità. Come non erano tutte colpe di Fonseca prima, non lo sono dell’altro portoghese adesso, ma a parte una muscolarità esibita a favor di telecamere e nelle conferenze, il cambio tecnico (Supercoppa in bacheca esclusa) non pare aver portato particolari benefici. Appare molto improbabile una conferma di Conceiçao a fine stagione se non dovesse centrare la zona Champions. Il mancato raggiungimento degli ottavi segna anche il “game over” per parecchi giocatori, a partire dal già citato Theo, per proseguire con Leao e altri interpreti magari meno prestigiosi ma altrettanto deludenti.

dopo il sole, il diluvio

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Se l’eliminazione della Juve e del Milan fa rumore per il blasone, quella dell’Atalanta lo fa per le aspettative. Celebrata come la più europea delle nostre squadre per il gioco espresso e per l’Europa League vinta lo scorso anno, si sta sciogliendo come un cioccolatino al sole di ferragosto. A un certo punto dopo la striscia di undici vittorie consecutive, impreziosite dal 3-0 al Maradona contro il Napoli, erano aumentate anche le chance scudetto. E lo stesso Gasperini, forte anche del prolifico momento di Retegui, non si nascondeva ammiccando alla possibilità. Dopo il sole, invece, il diluvio e si fa fatica a vedere l’arcobaleno. Dopo la Supercoppa, a cui Gasp pareva aver rinunciato in partenza con la formazione schierata contro l’Inter, sono arrivati nelle successive dodici partite tra campionato e Coppe: 3 vittorie, 5 pareggi, 4 sconfitte, con l’eliminazione da Champions e Coppa Italia. Il terzo posto in campionato al momento garantisce almeno la qualificazione alla prossima Champions (obiettivo principale quest’anno), ma stavolta non ci sentiamo di giurare che il matrimonio tra Gasp e l’Atalanta proseguirà anche il prossimo anno, soprattutto se lui e il club capissero insieme che lo straordinario ciclo si è esaurito.


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