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Pochi soldi spesi nel Pnrr Sanità, ma i manager non sono più lottizzati


A leggere le analisi di dettaglio del consigliere regionale del Pd, Giovanni Muraca, la Regione Calabria sarebbe in grave ritardo sui soldi da spendere nel Pnrr per ammodernare la tecnologia e l’edilizia della sanità calabrese. Sarebbero stati spesi solo 18 milioni di euro dei disponibili 317. Forse sarebbe meglio chiarire sul punto da chi ne ha le competenze. Un dato certo invece ci arriva dall’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tar in cui il presidente ha informato che è molto aumentato il contenzioso della sanità a fronte di organico ridotto. La Giustizia tartaruga si dà la mano con la sanità litigiosa.
Per fortuna non mancano le notizie positive come ha ben analizzato il nostro Antonio Cantisani, il quale su queste colonne ha osservato come le nomine sanitarie in Calabria non sono più spartite con il manuale Cencelli per quote dei partiti ma attraverso lo scrupoloso consulto dei curriculum che hanno fatto arrivare nella nostra regione due manager come Tiziana Frittelli e Monica Calamai, scelte in passato da giunte rosse e al di sopra di ogni sospetta lottizzazione. La sanità calabrese avrebbe bisogno di professionisti anche in corsia di alto livello. Un new deal per le decine di luminari che esercitano in tutto il mondo come spesso raccontiamo. 

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Una riflessione che nasce nel dover purtroppo registrare la scomparsa del professore Giovanni Scambia a Roma diventato celebre fuori dalla letteratura scientifica per aver di recente curato con successo la Principessa del Galles, Kate Middleton. Catanzarese, 66 anni, nato il giorno di Natale, era figlio di un radiologo molto stimato nel capoluogo. Carriera molto brillante in un’epoca senza facoltà̀ di Medicina in Calabria, Giovanni Scambia si laurea a soli 24 anni all’Università̀ del Sacro Cuore con una specializzazione in Ginecologia e ostetricia. Protagonista di un’ascesa infinita nel Policlinico Gemelli che lo ha visto impegnato nei ruoli di professore ordinario, direttore della Uoc di Ginecologia, presidente della Fondazione del Policlinico, direttore del dipartimento della Salute della donna e del bambino. Sono tantissime le donne letteralmente in lacrime in queste ore affrante e dolorate per la morte di un grande medico che nell’affrontare la patologia oncologica sapeva indicare non solo la migliore terapia ma soprattutto restituiva un’incredibile umanità mostrando sempre capacità di ascolto e di vicinanza consegnando serenità alle proprie pazienti. Un grande medico ma anche un ricercatore di chiara fama (1100 le pubblicazioni) e un maestro per le nuove generazioni di camici bianchi. Possiamo affermare che è nata una scuola Scambia che ha formato diverse generazioni di ginecologhe e ginecologi che oggi hanno raggiunto importanti posizioni nella professione. Alla capacità innovativa del luminare calabrese si deve se la Ginecologia del Gemelli si trova oggi al quarto posto del ranking 2025 del World’s best specialized Hospital.  Il quarto reparto del mondo. Per onorare la sua memoria di oncologo e medico di fama mondiale sarebbe giusto chiamare i suoi molti discepoli per creare un reparto di Oncologia ginecologica da intitolare al calabrese Scambia. 

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lorenzo pataro

Voleva essere un Brunori della poesia e della letteratura, Lorenzo Patàro, morto a soli 27 anni nella notte di mercoledì nella sua casa di Laino Borgo. Per dirla alla Cesare Pavese non faremo pettegolezzi sulla sua ferale scomparsa cercando di decifrare i suoi testi e contesti. Mi commuove che il giovane Patàro si chiamasse con lo stesso nome del poeta Lorenzo Calogero morto da solo nella sua casa di Meliccucà nel 1960 e vissuto “in un terribile soliloquio dal muro della vita al muro alla tomba” come scrisse Leonida Repaci. Lorenzo Patàro voleva essere un Brunori del giornalismo culturale. E bene aveva iniziato scrivendo recensioni di libri con cura maniacale (pensate che attitudine antica leggere volumi per farli conoscere) per la rubrica settimanale del Foglio di Cerasa che i collaboratori li sceglie con selezione certosina. Mi commuove la scomparsa di Pàtaro, a vederlo nelle foto dei social con un berretto di fustagno o con il cappello a falde larghe, oppure sdraiato di spalle a guardare Laino Borgo a 22 anni e scrivere in didascalia “terramadre, terramara, terracarne, terracielo”.
Mi commuove anche aver letto sui giornali di Brescia che era andato in Val Camonica a ritirare il Premio Pontedilegno insieme al padre. E me li immagino in questo lungo viaggio da Laino Borgo papà e figlio calabresi che parlano forse di poesia e letteratura, più possibilmente delle affinità e divergenze tra le Alpi e il Pollino. Era stato candidato al premio Strega poesia, Lorenzo, con il suo libro e aveva salutato la notizia pubblicando la copertina con una mignonette del liquore di Benevento, quello che coloro che scrivono sognano di poter bere al Ninfeo di Valle Giulia. Non era arrivato in cinquina e noi che un po’ conosciamo l’industria culturale sappiamo che certe sconfitte possono dannare lo spirito dei puri. Io non so quantificare il talento di Lorenzo, lo riconosco tra i poeti della sua generazione che non hanno più Giubbe rosse da frequentare ma che nella solitudine del computer cercano il riconoscimento continui del loro valore contattando autori, editor, semplici lettori. Forse sarebbe passato al romanzo Lorenzo come scrive il suo caposervizio Riccardo Bravi che lo ricorda come “bravo ragazzo, tipologia di persone in via di estinzione”. Io non so se fosse un bravo ragazzo, posso dire con certezza che è morto un giovane poeta calabrese. E si spera che coloro che lo hanno frequentato e conosciuto capiscano come si possa diventare poeta a Laino Borgo che non contiene una parola al lemma cultura su Wikipedia, paese sperduto sul confine dove quando arrivavano i giornali giungevano quelli locali della Basilicata e dove Mimmo Cersosimo, cittadino illustre di quel paese, mi ha raccontato che al mattino si viveva tra le nuvole che si sollevavano verso mezzogiorno.
Ha lasciato scritto Lorenzo Patàro: “Penso ai morti del paese cui non pensa più nessuno”. Quando passo da Laino Borgo porterò un fiore sulla sua tomba.

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Apprendo dal nostro Corriere che Forbes Italia nel suo volume sullo speciale 100 eccellenze 2025 ne ha citato tre calabresi: l’amaro Jefferson di Montalto Uffugo, l’olio da tempo sulla breccia di San Giorgio Morgeto e l’azienda agricola Campisi di Caulonia che coltiva l’arancia “biondo” dalla buccia tendente al giallo e che le mie magre competenze agrarie ritenevano estinta. Bene per le arance autoctone, per lo spirito forte narrato e per l’olio buono. C’è Brunori in Calabria e tante altre cose buone. (redazione@corrierecal.it)

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