Il Piano Industriale della municipalizzata palermitana prevede un incremento del prezzo del biglietto. Perchè è una scelta folle
Che i bilanci AMAT versino in cattive acque non è una novità. Chi scrive ha usufruito dei suoi servizi per mezzo secolo abbondante, e non ha mai sentito parlare di azienda in salute, soprattutto dal punto di vista finanziario.
Difficile, d’altronde, fare quadrare i conti in un’azienda di trasporto pubblico dove, come è noto, il servizio viene venduto ad una frazione minima del suo valore. Se il passeggero dovesse pagare la corsa in bus per quello che è il suo costo reale per l’azienda, il biglietto costerebbe almeno 6-7 volte tanto; molto di più per una corsa in tram. Succede in alcuni paesi anglosassoni, dove il costo di una corsa può arrivare a superare i 10 euro, ma ciò avviene in sistemi in cui la pressione fiscale a carico dei cittadini è molto più bassa, e gli stipendi molto più alti.
In altri contesti, invece, ciò significherebbe azzerare l’utenza del trasporto pubblico, con ripercussioni drammatiche sul traffico urbano: in tal caso, nessuno si sogna di equiparare il prezzo all’utenza con il costo di produzione della corsa, sopperendo con fondi pubblici. Addirittura fino al punto di coprire l’intero costo del biglietto: sono centinaia le città al mondo in cui il biglietto dei trasporti pubblici è gratuito. Così come interi stati nazionali, dove si è raggiunta la gratuità di qualsiasi mezzo pubblico o la possibilità di usufruirne a prezzi pressochè simbolici. E non parliamo di piccoli stati: è emblematico il caso della Germania, dove con 50 € al mese si riesce a viaggiare su qualsiasi mezzo pubblico, dal bus al treno regionale, senza limitazioni di sorta.
Una soluzione che, a fronte di un contenuto aggravio dei costi a carico pubblico, riduce enormemente altre voci di spesa, legate all’inquinamento delle aree urbane: il biglietto gratuito sposta grandi masse di utenti dall’automobile al mezzo pubblico, riducendo la congestione delle aree urbane e , conseguentemene, l’emissione di inquinanti, con grossi risparmi in termini di spesa pubblica sanitaria, fino a 50 volte (!) il maggiore onere sostenuto per rendere completamente gratuito il biglietto di bus, tram e metro.
Chi scrive, sostiene da tempo che tale soluzione andrebbe applicata anche in Italia, ma, come si sa, il Bel Paese è refrattario alle scelte coraggiose, in forza di una burocrazia pubblica troppo impegnata ad inseguire il quotidiano per inventarsi soluzioni che solo dalle nostre parti appaiono proditorie. Anche perché manca, a livello centrale, una qualsiasi norma che incoraggi, rendendo disponibili i fondi necessari, il biglietto gratuito per il TPL. I soldi meglio spenderli per sopperire alle tante patologie polmonari che affollano i nostri pronto soccorso, provocati proprio dalle polveri sottili che non c’è verso di ridurre nelle grandi aree urbane e non solo. Ovvero, visto lo stato del nostro servizio Sanitario Nazionale, neanche per quello.
Tornando alla municipalizzata palermitana, certo non ci aspettiamo tanto coraggio, in presenza di amministratori pubblici più attenti al mantenimento di fragili equilibri politici che a rischiare soluzioni difficili ed impegnative. Ed è così che, di fronte la sofferenza delle casse AMAT, si è ben pensato di adottare la solita, fallimentare soluzione: aumentare il prezzo del biglietto: +20 centesimi, da 1,40 euro a 1,60.
Una soluzione facile facile, un “usato sicuro” che di sicuro ha l’esito finale: nessun beneficio per le casse aziendali, se non per un brevissimo lasso di tempo, ed incremento ulteriore del disavanzo, insieme alla riduzione degli utenti, paganti o meno.
Ciò perché i problemi di bilancio sono dovuti a ben altre cause, ben più complesse da affrontare. Chi, di fronte a decenni di privilegi, rendite di posizione, tolleranza e compromessi tipici della politica di piccolo cabotaggio degli enti locali, se la sentirebbe di metter mano seriamente alla soluzione delle vere cause di sperpero di denaro all’interno di un’azienda pubblica?
Non possiamo pensare che chi governa la città non ne sia consapevole, ma fra tutte è meglio scegliere la soluzione più facile, a scapito, come sempre, dell’anello più debole della catena: il cittadino. Il quale, gravato di un ulteriore balzello e di presenza di un servizio comunque scadente, finirà, suo malgrado, a riprendere ad utilizzare l’auto privata. Con buona pace dei bei discorsi sulla sostenibilità ambientale, etc. In una città che occupa stabilmente, da molti anni, i vertici delle classifiche mondiali delle città più congestionate, si è completamente perso di vista l’obiettivo più importante di un’azienda di trasporto pubblico: incrementare la mobilità sostenibile.
Nel caso di AMAT, in tal senso non si è pensato di mettere minimamente mano a interventi indispensabili, quali l’intermodalità, con Passante ferroviario in primis, ma anche tra gli stessi sistemi gestiti dall’azienda, come bus e tram.
Sistema, quest’ultimo, onerosissimo, con i suoi 11 milioni circa di costi annui che hanno avuto un ruolo primario nel determinare le attuali difficoltà economiche dell’azienda: un sistema che avrebbe dovuto avvicinare i cittadini al trasporto pubblico ma rischia di allontanarli, se costringe i vertici AMAT ad aumentare il prezzo del biglietto. Un ulteriore paradosso per la città più trafficata d’Italia.
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