AGI – “Per sedersi al tavolo della Nato è necessaria una spesa per la Difesa del 2% del Pil. Attualmente l’Italia spende per la Difesa circa 32 miliardi. Servono ulteriori 8 miliardi. Dove li prenderà il Governo Meloni? Aumenterà il debito? Aumenterà le tasse? Taglierà la spesa sociale, incluse sanità e istruzione? È il dilemma del diavolo. Su questi temi c’è una cortina del silenzio di tutti i partiti, che preferiscono non turbare l’opinione pubblica”. Lo afferma Fabrizio Battistelli, Presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, durante l’incontro nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense ‘Facciamo pace. Umanità in cammino verso la fratellanza’, promosso da padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese.
Battistelli snocciola i dati: “Trump indica per i Paesi Nato la cifra del 5% del pil, ma gli Usa per la Difesa spendono il 3,5% del pil. Gli Usa sono però il principale esportatore di grandi sistemi d’arma: nel 2023 hanno esportato armi per 11,3 miliardi di dollari, il 39% delle esportazioni totali. In questa classifica seguono la Germania con l’11%, la Cina con l’8,4%, la Francia con il 6,9%, l’Italia con il 4,9%, la Russia con il 4,4%, il Regno Unito con il 4,1%, Israele con il 4%. Nel 2023 l’Italia ha esportato grandi sistemi d’arma per 1,437 miliardi di dollari”.
Nel 2023 (i dati sono del Stockholm International Peace Research Institute e si riferiscono solo alle transazioni ufficiali) l’Ucraina è diventata il primo importatore di sistemi d’arma nel mondo con 4 miliardi di dollari, pari al 14% del totale. Seguono il Pakistan con il 7%, il Qatar con il 6,2%, l’India con il 4,9%, la Polonia con il 4,7%, l’Arabia Saudita con il 4,5%, l’Egitto con il 3,9%, il Giappone con il 3,8%, la Turchia con il 3,2% e gli Emirati con il 3,1%. Nel 2023 l’Italia ha esportato soprattutto in Kuwait (407 milioni di dollari), Qatar (378 milioni), Francia (145 milioni), Usa (110 milioni), Ucraina (74 milioni), Malta (45 milioni), Turchia (45 milioni), Egitto (42 milioni), Brasile (23 milioni) e Bangladesh (20 milioni).
“La legge 185 del 1990 – sottolinea Battistelli – vieta la vendita di armi a Paesi in guerra o dittature. Ad esempio è vietata l’esportazione di armi italiane all’Arabia Saudita, che le usava nello Yemen. Oggi l’Italia vende anche all’Egitto di Al Sisi. L’attuale Governo vorrebbe cambiare la legge, ritenendola persecutoria. Il tutto senza che ci sia il necessario dibattito nell’opinione pubblica”. Battistelli ritiene che l’attuale ministro italiano della Difesa Crosetto sia “competente, ma è evidente il conflitto d’interessi. Si commenta da sè”. La prima società al mondo per fatturato di grandi sistemi d’arma è l’americana Lockheed che ha raggiunto nel 2023 60,8 miliardi di dollari. Al sesto posto troviamo la britannica BAE Systems con 29,8 miliardi. Al dodicesimo posto l’europea Airbus. Al tredicesimo posto c’è l’italiana Leonardo con 12,39 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 13,98 miliardi del 2022.
Battistelli trova anche singolare l’opinione di chi ritiene che si debba spendere di piu’ per un’eventuale Difesa europea comune. “Riparare il tetto di 27 villette costa molto di piu’ che riparare il tetto di un condominio a 27 piani. Dopo Usa e Russia, i 27 Paesi europei hanno complessivamente la terza spesa militare del mondo, superiore a quella della Cina. è normale che Lussemburgo e Belgio abbiano la propria aviazione? In soli cinque minuti di volo i loro aerei sono già all’estero. Un’ipotesi potrebbe essere quella di affidare la leadership del nucleare e dell’aviazione alla Francia, quella delle forze di terra alla Germania e quella della marina all’Italia”. “L’industria bellica – riflette padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese – è l’unica, in tempo di crisi, a non conoscere alcuna forma di recessione. Occorre, pertanto, alla luce anche delle coraggiose ammonizioni del magistero di Papa Francesco, affrontare il tema della corsa agli armamenti e degli effetti devastanti delle guerre – in primis le disuguaglianze che comportano l’esclusione sociale – giocando la carta della consapevolezza. è il Vangelo a richiederlo ed è il mondo missionario, impegnato nelle periferie geografiche ed esistenziali del mondo, ad invocarlo a squarciagola”.
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