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Uso personale dell’auto aziendale durante l’orario di lavoro. Cassazione: legittimo il licenziamento e legittimo il pedinamento. N.d.R.


La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3607/25 , depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2025, ha affermato che l’uso personale dell’auto aziendale durante l’orario di lavoro può costituire una giusta causa di licenziamento. La Cassazione ha quindi confermato la legittimità del licenziamento nei confronti di un dipendente di un’azienda farmaceutica, con mansioni di responsabile collettore (impiegato A3) delle acque reflue degli stabilimenti petroliferi e petrolchimici, sorpreso, in seguito ad un pedinamento da parte di un’agenzia investigativa, a utilizzare l’auto aziendale per scopi personali durante l’orario di servizio.

Il dipendente aveva impugnato il licenziamento prima davanti al Tribunale di Siracusa, poi in Corte d’Appello a Catania, senza ottenere un esito favorevole. Infine, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando fra l’altro l’illegittimità dei controlli investigativi e la sproporzione della sanzione.

La Corte ha ritenuto tale comportamento fraudolento con grave violazione del contratto aziendale (il CCNL dei chimici)

Il lavoratore, dipendente di un’azienda chimico-farmaceutica, pur avendo il veicolo in dotazione per motivi professionali, lo utilizzava sistematicamente per faccende personali durante il servizio. L’azienda ha potuto accertare la condotta illecita avvalendosi di un’agenzia investigativa, che ha documentato più episodi in cui il dipendente sottraeva tempo al lavoro per occuparsi di attività private. L’impiego di un veicolo aziendale per fini non lavorativi, durante l’orario di servizio, rappresenta una violazione grave per diverse ragioni: violazione del contratto di lavoro, falsa presenza in servizio, sottrazione di ore lavorative, danno economico per l’azienda (Brocardi). Il lavoratore, dice l’Ordinanza, era “autorizzato a usare il mezzo solo per motivi attinenti all’attività lavorativa”.

Osserva il Collegio giudicante che il licenziamento è stato irrogato per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., per violazione dei doveri di lealtà e correttezza del lavoratore, per avere creato una situazione definita di “apparenza lavorativa”.

La sentenza – afferma l’Ordinanza – “è conforme alla costante giurisprudenza di questa Corte (richiamata espressamente in motivazione), secondo cui i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 St. lav. (v. Cass. n. 6174/2019, n. 4670/2019, n. 15094/2018, n. 8373/2018); cfr. anche Cass. n. 6468/2024, n. 10636/2017)”.

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Neppure sussiste – prosegue l’Ordinanza – la lamentata violazione della privacy del dipendente, seguito nei suoi spostamenti, in quanto il controllo era effettuato in luoghi pubblici e finalizzato ad accertare le cause dell’allontanamento. L’attività fraudolenta è stata ravvisata nella falsa attestazione della presenza in servizio e nell’utilizzo personale del mezzo aziendale, nonostante il lavoratore fosse autorizzato a usare detto mezzo solo per motivi attinenti all’attività lavorativa“.

Ordinanza 3607/2025 Corte Cassazione Sez. Lavoro


Il ruolo delle indagini aziendali nei casi di licenziamento

CLICCA QUI PER CONSULTARE L’ORDINANZA n. 3607/2025 DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Fonte Axerta

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in modo netto sul tema delle indagini aziendali e della raccolta di prove. Con l’ordinanza n. 3607/2025, siamo di fronte al terzo caso confermato di licenziamento ritenuto legittimo a seguito di un’attenta attività investigativa svolta in totale compliance normativa. Un precedente che, ancora una volta, sottolinea la necessità di raccogliere prove esenti da vizi di forma, rispettando i principi di correttezza e trasparenza.

La sentenza conferma la piena legittimità delle attività investigative aziendali, purché finalizzate a verificare comportamenti fraudolenti che possano danneggiare l’impresa. Infatti, i giudici hanno escluso la violazione della privacy, evidenziando che i controlli sono stati effettuati in luoghi pubblici e con lo scopo di accertare fatti rilevanti per l’organizzazione. Il principio ribadito è chiaro: il licenziamento è legittimo se il dipendente utilizza l’auto aziendale per motivi privati durante l’orario di lavoro.

Questa nuova conferma giurisprudenziale non solo rafforza il ruolo delle indagini aziendali, ma offre un ulteriore punto di riferimento per tutte le realtà imprenditoriali che vogliono tutelarsi in modo corretto e rigoroso.

Fonte Axerta

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N.d.R.:

A regolare l’orario di lavoro degli informatori scientifici è il CCNL dei Chimici, come profilo di livello B. Questo prevede un totale di 40 ore settimanali di lavoro, suddivise in cinque giorni da otto ore lavorative.

L’ISF non ha un orario predeterminato di inizio, di termine o di pausa nella giornata lavorativa e, perciò, li organizza autonomamente (salvo accordi, non peggiorativi, RSU-azienda già in atto).

Tale autonomia gestionale ed organizzativa deriva all’informatore scientifico dal profilo del livello B riconosciuto a questo professionista dal CCNL dei chimici.

Da quanto sopra indicato gli ISF soggiacciono ad un orario settimanale medio di 40 ore divisi in 5 giorni (le famose 8 ore di lavoro giornaliere). Nel caso degli informatori scientifici non si specifica se in queste siano più o meno compresi gli spostamenti con l’auto, la gestione saggi ed il lavoro amministrativo, lasciando perciò vari dubbi interpretativi. L’INAIL però con sue specifiche circolari considera orario di lavoro tutto, anche il tragitto dalla propria abitazione (da più sentenze della Cassazione ritenuta dipendenza aziendale) per raggiungere il primo medico.

Pertanto la peculiarità dell’attività dell’ISF non prevede l’obbligo di uno specifico orario di lavoro o di inizio o di fine orario come per altre categorie, essendo in pratica un lavoro svolto in autonomia ed è perciò impossibile indicare paletti rigidi.

Questo spiega anche il perché le aziende, di norma, tendono a far aumentare il numero dei medici visitati e non parlano mai con l’ISF di orario di lavoro.

Quello che è importante rilevare dall’Ordinanza 3607/25 della Cassazione è la legittimità del pedinamento da parte di un’agenzia investigativa purché avvenga in conformità con gli art. 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori.

In particolare l’Art. 2 recita: «Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.

È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull’attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l’Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi».

“Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa . Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato”. (art. 7 Stat.Lav.).

Con sentenza 20440 del 12 Ottobre 2015, la Suprema Corte (sezione lavoro) ha precisato inoltre che è legittimo l’uso del gps all’interno dell’automobile aziendale, e le sue risultanze possono essere utilizzate poi in giudizio contro il dipendente, per provarne l’infedeltà e procedere, dunque, al suo licenziamento.

Si veda sul pedinamento l’articolo: “Pedinamento

 

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